8marzoNell’assemblea del 27 novembre a Roma le donne presenti hanno lanciato per l’8 di marzo una giornata di lotta e mobilitazione proponendo lo sciopero generale.

L’iniziativa è stata definita “sciopero” come segno di condivisione dell’invito delle donne argentine di Niunamenos a mobilitarsi verso uno sciopero globale delle donne in 22 paesi nella giornata internazionale delle donne. Pur convinte di una mobilitazione che fosse nazionale e internazionale abbiamo avanzato dubbi e perplessità sulla proposta non per ragioni di principio ma consapevoli delle difficoltà e della necessità di avere soggetti sindacali che devono promuovere lo sciopero nei posti di lavoro mentre appare difficile e invisibile lo sciopero dai lavori riproduttivi e di cura. Siamo a pochi giorni da Bologna e a un mese dall’8 marzo. Le mobilitazioni e le assemblee continuano e la manifestazione delle donne in Usa ha creato nuovo entusiasmo, ma non possiamo non rilevare che, nonostante la lettera-appello ai sindacati, non vediamo risposte positive. La Cgil ne sta discutendo e la Cisl e la Uil hanno già espresso la loro contrarietà. Si parla di risposte positive dei sindacati autonomi ma non conosciamo i particolari. Il tema è stato ripreso nelle assemblee che stanno preparando Bologna.

Tuttavia, nel corso di queste assemblee è stato chiarito che lo sciopero dell’8 marzo in Italia si potrebbe concretizzare non solo in uno sciopero dal lavoro ma in una vera e propria mobilitazione che sarà declinata in vari modi.

Lo stesso slogan “se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo” è stato modificato rispetto all’originale “se le nostre vite non valgono, non produciamo” sia per discostarsi dal possibile accostamento della donna al mero ruolo produttivo e/o riproduttivo, sia per sottolineare l’ampiezza e la varietà della mobilitazione, dando così anche modo a chi non può astenersi dal lavoro di aderire alla mobilitazione.

La proposta dello sciopero ha prodotto, negli organismi nazionali e nelle singole UDI, delle riflessioni specifiche.

Un anno fa abbiamo ricordato come le donne dell’UDI dal 1946 abbiano rilanciato la ricorrenza della Giornata internazionale della donna, come momento in cui si mobilitavano per conquistare diritti o per difendere quelli conquistati dopo lunghe battaglie o per nuove lotte, come quella contro la violenza maschile, che ci stavano a cuore.

Da allora per noi dell’UDI l’8 marzo è sempre stata una giornata di impegno politico, e non di festa. I media da anni hanno modificato in modo evidente il senso comune, il contenuto e i principi di questa giornata, ma nella nostra associazione, tra le nostre militanti restano fermi i contenuti che hanno dato origine all’8 marzo.

Per questo metteremo in atto azioni simboliche di astensione dal “nostro ruolo di donne” di cui la società fa comodamente uso e abuso.

È importante che anche a Catania le donne che condividono le nostre modalità di relazione (soggetti sovrani che non convocano e che non possono essere convocati, che si rispettano nella condivisione e nella non condivisione), facciano rete per cercare assieme forme e modi per affermare lo slogan “Se le nostre vite non valgono ci fermiamo”.

Dobbiamo considerare con fantasia tutte le possibilità, i momenti simbolici dove le nostre braccia si incrociano o le tante mani si toccano o le nostre bocche si imbavagliano o su di noi compare lo slogan dello sciopero o si predispongano brevi letture collettive o altro…, in uno spazio di tempo stabilito assieme.

Sono proposte aperte che più appartengono alla nostra storia, al nostro modo di vivere questa giornata di lotta che con piacere finalmente vediamo ripresa anche da tante altre donne e giovani dopo la marea del 26 novembre.

Quindi nel mentre che continuiamo a partecipare a questa mobilitazione di Nonunadimeno, le iniziative che penseremo saranno insieme espressione dell’azione politica dell’UDI, ma anche iniziative da discutere e organizzare con tutte le donne che possono condividerci e con le quali possiamo costruire un percorso condiviso.