La legge 40 sulla fecondazione assistita una violenza di stato contro le
donne e vero vulnus alla laicità, da rimuovere al più presto, a lungo
interrogandosi, tutte e tutti, su come sia stato possibile arrivare a tantoNel dibattito attualmente in corso, dopo la recente sentenza della Corte
europea che boccia, come contraria ai diritti umani, la legge 40,
ritroviamo gli argomenti che in questi anni hanno accompagnato prima
l’approvazione della legge, poi il fallito referendum abrogativo, e ancora
le battaglie legali intraprese da coppie e dai loro avvocati, le proteste
dei medici, e, instancabile, la richiesta delle donne di avere giustizia e
vedere cancellata una macchia sulla coscienza civile e legale di questo
paese, paragonabile al “delitto d’onore”.
_ Una violenza di stato contro le
donne e vero vulnus alla laicità, da rimuovere al più presto, a lungo
interrogandosi, tutte e tutti, su come sia stato possibile arrivare a tanto.

Dunque sul divieto di indagine preimpianto, di accesso alla fecondazione
medicalmente assistita da parte di coppie che non siano sterili, ma
portatrici di malattie, sul divieto di congelare embrioni e l’obbligo di
impiantarne tre, su questo o quell’aspetto, la Corte costituzionale e per
ben 16 volte i Tribunali Amministrativi del nostro paese e ora la Corte
Europea, si sono espressi, dando ragione a chi ha ricorso contro questa
legge stupida e crudele. E pensare che il cardinale Bagnasco lamenta che
i giudici italiani siano stati scavalcati dalla sentenza della Corte
europea.

Inapplicabile e inapplicata, aggirata, quanto al divieto di fecondazione
eterologa, dal turismo procreativo, elusa e in parte disinnescata dal buon
senso della maggioranza dei medici, condannata dai tribunali…il mostro
trova ancora i suoi sostenitori. I soliti noti verrebbe da dire: ex
sottosegretarie che hanno trovato e trovano la propria ragion d’essere
politica nel partito dell’embrione, cardinali, politici genuflessi.

L’UDI, che molto su questo tema ha lottato e argomentato e riflettuto in
questi anni, al di là delle pur importanti disamine di questo o
quell’aspetto della legge, ripropone alcuni problemi di fondo dai
quali dibattiti
e riflessioni non possono, secondo noi, prescindere.

Se è vero che il cuore malvagio di questa legge è il consapevole danno
inflitto alla salute delle donne, manifestato in alcuni nodi eclatanti sui
quali Tribunali e Corti si sono già pronunciati, ciò discende però
dall’affermazione, posta in capo alla legge, che riconosce all’embrione
diritti di persona.

Da questa tutela discendono i vari “{non possumus}”, come direbbero (e come
dicono) alcune eminenze, ma anche non pochi politici, senza neppure
scomodare il latino. E’ per questa tutela che non si congelano gli
embrioni, dunque bisogna impiantarli tutti, ed è per non scartare gli
embrioni “malati” che non si consente l’indagine preimpianto.

Le dichiarazioni dell’ex ministro Fioroni, riportate su La Repubblica del
30 agosto, secondo il quale è evidente il rischio di deriva eugenetica (ma
anche nel governo, ministri continuano a paventare tale deriva, chiedendo
equilibri fra i diritti in campo), se vere, sono gravissime, perché si
basano sul raffronto fra nati e concepiti. Nessuna legge italiana, dicono,
consente di eliminare un figlio ammalato, e continuano nella loro menzogna
attribuendo anche alla legge 194 il divieto di indagine prenatale
finalizzata all’individuazione di patologie. Secondo l’ex ministro Fioroni,
infatti, l’aborto terapeutico previsto nella 194 è legato solo al rischio
di vita e salute psichica della madre, mentre la legge parla chiaramente
anche di gravi malformazioni del feto.

Allora va detto che il “*monstrum*”sta lì , che questa legge non è un
pasticcio di incompetenti, e che l’assoluta inapplicabilità della maggior
parte delle norme in essa contenute, pena gravi rischi per la salute delle
donne, gravi rischi per la laicità dello stato, per la ricerca scientifica e
per la libertà di scelta delle cittadine e dei cittadini, non deriva da
ignoranza, ma da fredda determinazione.

Noi donne, che gli embrioni li portiamo in grembo, abbiamo sempre detto che
“ci vuole il nostro consenso” e che solo se accettato dal corpo materno
l’embrione diventerà persona. Chi tutela diritti di persona paritariamente
contenuti in un’altra persona? Chi limita, chi controlla? Chi, infine,
decide?

La dichiarazione dei diritti umani mette il diritto alla vita,
all’educazione, alla salute ecc. fra i diritti di chi nasce e non a caso
l’indimenticabile difensore dell’embrione, Giuliano Ferrara, chiedeva di
cambiare proprio questo primo articolo, attribuendo tali diritti al
concepito.

Sono questioni di principio che vanno costantemente ricordate, perché,
insieme con l’insopportabile misoginia ed arretratezza culturale della
nostra classe politica, è la ferita alla laicità dello stato che la zelante
e devota legge 40 porta avanti. E’ in contraddizione con la legge 194, sì
è vero, ma la più grande contraddizione è con i diritti inviolabili della
persona. Dunque guardiamo bene gli articoli, le ricadute sulla salute
delle donne, commi e pratiche, ma attenzione a che in premessa non vi sia
nientemeno che una dichiarazione che il corpo delle donne è a disposizione
e che esse sono persone la cui libertà ed integrità personale è di tanto
in tanto sospesa.

E, a proposito di legge 194, è da imputare anche al braccio armato costituito
dalla legge 40 il continuo scivolamento delle normative regionali verso la
dichiarazione di diritti di persona all’embrione e la mutazione genetica
dei Consultori da luoghi di salute e prevenzione, sostanzialmente
femminile, a luoghi la cui efficienza è da misurarsi sul tasso di
rinunce all’interruzione
di gravidanza. Lazio, Veneto, ma anche altre Regioni conoscono bene tale
problema e solo difficili battaglie, fatte e da fare, potranno difendere
Consultori e autodeterminazione delle donne.

A Ministri e Governo chiediamo di non provare neppure a fare ricorso
contro la sentenza della Corte europea, non ci interessano i cavilli
giuridici: qui la questione è grossa, anzi grossolana. Molto alta è la
nostra indignazione perché alla vergogna di averla promulgata, una tale
legge, ora si aggiunga quella di difenderla; sulla legge 40 non c’è nulla
da fare, va abrogata, cestinata eventualmente ricordata, a futura memoria,
con orrore per l’insipienza, ignoranza e ferocia di cui è infarcita.

Sui temi eticamente sensibili, come vengono chiamati, è difficile poter
imbastire leggi complesse ed esaustive. Molto meglio, e lo abbiamo sempre
detto, una regolamentazione leggera, minimale, che lasci molto alla scelta
informata delle cittadine e dei cittadini, alla loro coscienza, alla loro
morale civile e religiosa.

Non meno, ma più Consultori, più prevenzione, più informazione rendono
reale e fruibile, almeno su questioni quali quelle regolate dalla legge 40
o dalla legge 194, il governo del progresso scientifico, della tecnologia
e consentono di muoversi sul terreno certamente complesso delle libertà e dei
limiti.

Quanto alla legge 40 il vero grande problema, è che non avrebbe mai dovuto
esserci, è un’offesa e una violenza alle donne del nostro paese, a quelle
coppie che tentano, fra medioevali orpelli, la realizzazione di un sogno.

Anche sul sogno abbiamo ragionato, ci siamo interrogate sul progresso
tecnologico, sul desiderio di maternità e sulla maternità stessa, quella che
a volte sfugge quando la cerchi o ti si para davanti quando non la
vuoi. Infine
quella che comunque non verrà perché non hai lavoro e sei precaria a
quarant’anni.

Non nascondiamo la difficoltà di trattare temi quale quello che la legge
40 pretenderebbe di regolare. Sulla fecondazione medicalmente assistita si
aprono orizzonti anche per noi complessi e talvolta inquietanti. Utero in
affitto, donazione di ovuli, dove finisce il mio diritto a volere, e dove
incomincia eventualmente il mio sfruttamento di un altro corpo femminile.

Ma la legge 40 non ha niente a che fare con un serio tentativo di
regolamentare questioni delicate e difficili, la legge 40 è una rozza
creatura, impresentabile, inutile per ciò a cui dovrebbe servire,
utilissima per altro: è stata infatti pensata per mantenere il controllo
sulle scelte delle persone e sul corpo delle donne.

L’UDI, difendendo la sentenza della Corte europea, intende rimettere in
campo tutta la battaglia per la difesa dell’integrità del corpo delle
donne, per il diritto alla salute. Sappiamo che su questo terreno,
sull’attacco strisciante e mai sopito alla legge 194, non passa solo
l’asservimento della politica ai poteri forti che, sacrificando le donne,
mantengono il loro potere sulle coscienze, e dunque il loro potere in
assoluto, ma passa tutta una concezione della vita, delle persone, del
rapporto uomo donna e della società.

Per noi donne, dunque, è ancora una volta una questione di esercizio reale
del diritto di cittadinanza e come tale, con questa forza e questa
ampiezza, lo abbiamo sempre affrontato e continueremo a farlo.