Chissà quando accadrà che le grandi potenze, quelle che decidono della vita e della morte di interi popoli – e, adesso, dell’intero mondo, vista la minaccia atomica- smetteranno di considerare la guerra come normale strategia delle relazioni internazionali …

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Ciò che accade, anche alle porte di casa nostra, è sconvolgente. Stiamo vivendo un orrore che la civiltà europea pensava di avere liquidato con la seconda guerra mondiale.

In aggiunta a ciò, anche come effetto dell’altra “guerra” non ancora conclusasi, quella del Covid 19, assistiamo al riproporsi di linguaggi e comportamenti -concreti e simbolici – carichi di conseguenze negative:

nella dicotomia del conflitto amico/conflitto nemico si codificano, infatti, non soltanto gli “schieramenti” (più o meno informati, più o meno disinformati, più o meno manipolati) riferiti allo scenario dei conflitti armati, ma si acuisce, fino alla barbarie intellettuale e comportamentale, una mentalità del tipo “se non la pensi come noi, sei contro di noi”.

L’Europa, nel mondo, potrebbe fare scuola di alta diplomazia, vista la sua storia epocale. Invece, sembra ricoprire un altro ruolo.

In Occidente, dagli Usa all’Ue è il bellicismo a fare la parte del leone.

Si sa, la guerra intesa come “inevitabile” riguarda i nodi del potere. E della sudditanza.

E le donne ?

Le donne sono, per natura, contrarie ad ogni forma di violenza. Sono per la pace, sono per la vita: perché danno la vita.

E le donne in politica, quelle potenti, cosa fanno, cosa dicono ? Dimostrano consapevolezza e autonomia? Sono allineate al diffuso bellicismo? Sono silenziate ?

E la Risoluzione ONU 1325 dell’ottobre 2000, che sancisce il riconoscimento della funzione specifica delle donne nei processi di promozione della pace e di eliminazione di ogni forma di violenza ? Chi l’ha vista ? (parafrasando…). Era stata recepita dal Parlamento europeo, ma oggi, di quella “ricezione” sembra essersi persa ogni traccia.

Dov’è, l’integrazione della prospettiva di genere nelle politiche estere dei governi ?

Le riflessioni sulla necessità della pace sono rare. Purtroppo, la citata dicotomia incombe come spada di Damocle. E questo, fa pensare che nelle istituzioni il “come esserci” delle politiche di genere abbia ceduto il passo all’ ”esserci”, tout court.

Che sia più che mai urgente una politica che punti sulla diplomazia, non manca di ricordarlo, continuamente, anche il Capo della Cristianità.

I frutti delle realpolitik maschili sono sotto i nostri occhi.

Così com’è sotto gli occhi di tutti il fatto che, nel mondo della politica, le ragioni delle donne, anche di quelle “potenti”, spesso sono le ragioni degli uomini, che parlano per bocca delle donne.

Che fine ha fatto l’empowerment ?