Non c’è un posto giusto per morire, come non c’è un posto giusto per nascere: Miriam Makeba aveva chiaro dove vivere e portare il suo corpo e la voce. Domenica 9 novembre non è capitata per caso in Italia , a Castel Volturno, come non era stato un caso avere organizzato con lei un concerto a più voci, nazionali e internazionali anche con chi è nera. La città e la grande famiglia che l’hanno ospitata, per cantare l’ultima volta e questo nessuno lo poteva sapere, l’hanno fatto per respingere con tutta la forza l’odio razziale e il pregiudizio.

Vicino a lei, {{Maria Nazionale}}, una Maria come tante, il volto di una donna nel film “Gomorra”, che come il libro non è fiction ma atroce realtà e l’amica {{Sonia Aimy}} protagonista del film denso d’ immagini e suoni “{Mama Africa}”, girato tra la Nigeria e l’Italia.

Nel 1956 Miriam scrisse Pata Pata, un ritmo che ha fatto il giro del mondo, cantata anche dalle{{ donne che la pelle nera non l’hanno ma avevano e hanno la voglia di prendere forza da quel ritmo}}, gioiosamente: solo dopo molti anni, quella canzone, sarebbe diventata magica e famosa.

{{In America, Miriam non ebbe vita facile}}, era considerata una radicale, un’estremista pericolosa, come il compagno che sposò: Stokely Carmichael, uno dei leader dei movimenti radicali neri. Tornò in Africa, in Guinea. Cominciarono poi i premi, i riconoscimenti avuti dai più grandi del mondo. Si disse che {{viveva senza un attimo di respiro}}, combatteva sempre: lo fece anche con un cancro.

{{Miriam ha trovato il posto giusto}}, ancora una volta, per scatenare la pata pata, danza sudafricana da lei innumerevoli volte cantata e ha scatenato un temporale improvviso, un’acquazzone rigeneratore come dicono i napoletani, incredibilmente nella stessa maniera : s’è scatenato “o pata-pata “.

Niente giudizi, niente pre-giudizi, da imitare come tutte le donne africane: indossano a qualunque età i colori della vita e danzano, tra terra e cielo, per sempre.