Dopo l’appartenenza, l’abbandono e i comizi d’amore, i muri erranti, l’Attacco Poetico di San Michele Salentino quest’anno ha virato Verso la Bellezza, con il metodo lungo lento e profondo messo a punto, muovendosi su più livelli, in quattro anni.

Si parte da un angolo, lo si ripulisce, si dipinge con latte di calce il muro. Poi si raccolgono le storie di quel luogo, si entra nelle case, si ascoltano le persone che raccontano e così via via, fino alla passeggiata poetica, l’azione collettiva che dà appuntamento all’anno che verrà.

Con il respiro che si allarga per avvicinare la poesia a chiunque voglia farne un legame comunitario dove si riconosce un paese interno. A quelli di Attacco Poetico, impertinenti ribelli affascinati dal fare, piace la parola paese

Articolo di Rosaria Gasparro

A noi di Attacco Poetico piace la parola paese. La sentiamo piena di possibilità sul piano umano, per quel conoscersi tutti, o quasi, che fa del prossimo tuo una realtà concreta con cui modellare l’io e il noi. Un paese a portata di mano, da cui tirare fuori le semplici storie che a conoscerle sono letteratura allo stato grezzo come capita coi diamanti.

A noi di Attacco Poetico piace la poesia e il suo essere nel suono simile alla parola paese, una paronomasia. Sentiamo il fascino di quel fare, poiesis dicevano gli antichi greci, per i quali il vero significato della parola ‘fare’ era poesia. Significato che vogliamo continuare, noi che coltiviamo l’idea che un paese possa farsi, progettarsi, costruirsi poeticamente.

Con la quarta edizione di Attacco Poetico – dopo l’appartenenza, l’abbandono e i comizi d’amore, i muri erranti- abbiamo scelto di andare Verso la Bellezza, verso una promessa di cose buone, senza far rumore, con un metodo lungo lento e profondo, quello messo a punto in questi anni, che si muove a più livelli. Si individua l’angolo da cui partire, ritenendo ogni luogo degno anche nel suo abbandono e degrado, lo si ripulisce, si tolgono le erbacce e i rifiuti, si dipinge con latte di calce il muro.

Il decoro urbano come prima operazione, per diffonderne la sindrome. Si raccolgono le storie di quel luogo, si entra nelle case, si ascoltano le persone che raccontano, si sfoglia l’album dei ricordi. Si attinge alla poesia d’autore per narrare la poesia ignara di cui sono portatori inconsapevoli. Il passato popolare da difendere come opera d’arte, direbbe Pasolini, il profilo di un luogo da niente, umile, il profilo di un popolo in una concezione aperta e dinamica. La storia di un luogo, l’antropologia di un paese, quindi, come seconda operazione. Il valore dell’incontro, la valorizzazione delle persone come terza dimensione annessa. La poesia nascosta da portare fuori, la ricerca poetica e la sceneggiatura come quarta estensione. La scrittura sui muri, l’operazione visibile numero cinque.

I laboratori artistici per realizzare installazioni urbane e abiti di luce, operazione numero sei. Il coinvolgimento delle persone che abitano quel luogo nel durante e nell’evento finale, nell’allestimento coreografico, in un protagonismo sano, da comparse silenziose a suonatori attori danzatori, in un teatro diffuso, d’aria (balconi e terrazzi) e di strada, in cui l’intero paese diventa, di volta in volta, scena aperta per una narrazione autentica del suo sé profondo. Operazione numero sette. Azioni urbane di invasione poetica nel centro del paese e colazione d’autore, intervento numero otto.

La passeggiata poetica come risultato finale in cui il lavoro di mesi confluisce, azione collettiva numero nove, con passo felpato senza alzare il volume. 277 le persone che hanno permesso e animato questa edizione tra abitanti delle strade, artigiani e commercianti coinvolti, artisti, aiutanti, attivisti del nostro movimento, fotografi- scrittori per la guida sentimentale del paese, sostenitori, poeti.

Un’operazione culturale dal basso, a cui proviamo ad allargare il respiro, rendendo la poesia accessibile a tutti, cercando di farne un legame comunitario, il bene identitario di questo paese interno, lontano dalle rotte che contano, che corre il felice rischio di essere unico se sceglierà di definirsi poetico. Di muri come pagine bianche che aspettano i loro versi ce ne sono circa duecento, non riusciamo a stare dietro alle richieste di questa specie di biblioteca aperta su tufi e intonaci.

Attacco Poetico con la sua presenza vuol fare da spola tra le storie di chi resta e le storie della partenza, tra abbandono, lontananza, nostalgia, restanza e ritorni. Vuole andare con i versi avanti e indietro da questo luogo a tutti gli altrovi di chi è andato via, sapendo che qui qualcosa di suo lo aspetta. Vuole tessere con la poesia il filo tra chi va e chi rimane, puntando sul ritorno, credendo nell’Italia dei paesi, in quel che resta, come scritto da Vito Teti, antropologo che sa come accostarsi ai luoghi come il nostro:

“Ricordiamo, custodiamo memorie, recuperiamo e riscattiamo un passato rimosso, ma non restiamo prigionieri del passato mai esistito. Se un ritorno ai paesi è possibile – operazione difficile complessa, civile, politica, che richiede progetto ed etica del fare – non potrà essere al paese di un tempo, finito, scomparso, perso, anche a ragione, ma sarà, se mai, un ritorno che significa creazione di nuove comunità vitali, con economie, culture, relazioni profondamente diverse da quelle del passato.

Non serve un atteggiamento edulcorato, elegiaco, neoromantico del paese perduto, serve un paese (o una città) da vivere qui ed ora, in forme nuove. Non serve la nostalgia e la commozione: non bastano. C’è bisogno di progetti, relazioni reti, iniziative economiche e politiche. Magari di politiche nuove. Di nuove convivialità, socialità, rapporto con la terra, i fiumi, i boschi, la bellezza, il paesaggio. Questo richiede poesia e scienza, passione e progetto”.

Attacco Poetico è un’opportunità conviviale per un rapporto autentico e consapevole con sé stessi, con gli altri, col nostro paesaggio fisico ed interiore. Un’attrazione culturale e umana.