Il 19 febbraio, a New York, si avvierà un negoziato intergovernativo sulla riforma dell’Onu, di cui si parla ormai da molti anni, e anche l’Italia dirà la sua. Sono trascorsi cinquanta anni dalla fondazione di questa istituzione internazionale, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, e il mondo da allora è radicalmente cambiato. Non c’è da meravigliarsi quindi se il tema della riforma sia da tempo scritto sull’agenda dei Paesi membri come il tema dei temi.
_ Per questo il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, all’inizio di febbraio, ha incontrato, in una riunione informale, i rappresentanti di 77 Paesi per metterli a corrente dei criteri che il governo Berlusconi vorrebbe mettere alla base della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

{{Ma si tratta di criteri assolutamente generici}}, su cui sarà difficile avviare un dibattito effettivo, che metta a fuoco divergenze, critiche, preoccupazioni reali e avvii percorsi per una efficace risoluzione delle varie questioni apertesi negli ultimi quindici anni.

{{E infatti parlare di riforma delle Nazioni Unite è quanto mai difficile}}.
_ Per esempio: si può affrontare il tema della riforma restando soltanto sul terreno del Consiglio di Sicurezza, senza affrontare la crisi profonda delle Nazioni Unite nel loro complesso, e il declino delle agenzie dell’Onu espropriate delle loro funzioni?

E ancora: che cosa significa, {{dopo le guerre preventive}}, le teorizzazioni sugli “ Stati canaglia” e tutto il resto, “restituire alle Nazioni Unite – così recitava la nota della Farnesina dopo l’incontro del 5 febbraio – il ruolo di centro di impulso politico”, così come le compete stando alla Carta societaria?

E che {{cosa significano concretamente i criteri di migliore rappresentatività, efficacia, trasparenza e responsabilità}} di cui ha parlato Frattini?
_ Formule rituali ormai decotte, nate dalla consapevolezza che nei fatti non c’è spazio per una discussione reale sulle scelte.

Basti pensare alla {{difficilissima partita che si gioca intorno alla presenza nel Consiglio di sicurezza di Paesi come la Germania, il Giappone e l’Italia}} stessa, esclusi cinquanta anni fa da questo organismo in quanto Paesi sconfitti e responsabili della guerra e ormai da anni in lizza per entrarvi in quanto “grandi potenze economiche”.

Ma intanto ne sono cresciuti altri di Paesi dotati di ruolo economico di primo piano, come il Brasile, la Nigeria e l’India, che si sono messi in competizione per lo stesso ruolo mentre {{rimane sul tappeto la domanda più generale di una conduzione delle Nazioni Unite più democratica e orizzontale}}, con nuove formule per quanto riguarda le procedure di voto.
_ In particolare {{il diritto di veto che rimane assegnato alle grandi potenze vincitrici della guerra}}.

{{Il problema vero è che le Nazioni Unite non godono ormai da tempo di buona salute}}. Ci sarebbe veramente bisogno di una energica e coraggiosa riforma che ridesse slancio e vigore al ruolo supra partes dell’Onu e ne legittimasse di nuovo il ruolo di presidio internazionale della pace e della convivenza tra i popoli. Secondo diritto, diritti e giustizia.

Pensiamo alla {{salute, alla sovranità territoriale, alla sovranità alimentare, ai beni comuni, come l’acqua, su cui si giocano partite inimmaginabili.}} Ma le vicende degli ultimi anni, in particolare quelle legate alla Presidenza di George Bush, hanno recato un colpo mortale alla funzione e alla credibilità dell’Onu.

{{La guerra che gli Stati Uniti mossero all’Iraq}}, nella primavera del 2003, tanto per restare soltanto alle ultime vicende, segnò il punto più basso del prestigio del Palazzo di Vetro, con la Presidenza statunitense ossessivamente impegnata a sostenere l’inutilità delle Nazioni Unite e il loro essere soltanto un ingombro sulla via della governance globale.
_ E bisogna ricordare che, {{oltre a violare in più occasioni il diritto internazionale}} e ad aver messo nell’angolo le Nazioni Unite, {{gli Usa sono colpevoli di grave morosità}}, non pagando da tempo le quote che dovrebbero versare in proporzione al ruolo preminente che svolgono nel Consiglio di Sicurezza e in tutte le organizzazione delle Nazioni Unite.

{{Nel corso degli anni Novanta è andato avanti un processo di svuotamento dell’Onu}} causato in particolare da tre elementi.
_ In primo luogo c’è stata la {{trasformazione della Nato da alleanza difensiva in alleanza militare}}, con funzione preventiva e con ruolo globale, con la possibilità cioè di operare “fuori area”, fuori dall’ambito territoriale – il Nord Atlantico – per cui la Nato era stata istituita nel 1949.
_ Nel corso degli anni la trasformazione della Nato, {{l’idea di “intervento umanitario”}}, il dilagare di indistinte missioni di “peace keeping” o “peace enforcing” e la {{forte accentuazione del peso e del ruolo del Pentagono nel comando della Nato}} hanno favorito nei Paesi occidentali l’idea che fosse strategicamente utile lavorare per collegare la Nato all’Onu o per caricare sulla Nato compiti che invece soltanto un organismo internazionale supra partes potrebbe assolvere senza scatenare giuste reazioni negative da Paesi che vengono da altre storie.
_ Tutto ciò ha favorito la perdita di profilo oltre che di ruolo delle Nazioni Unite.

In secondo luogo va ricordata la {{progressiva trasformazione del G8 da forum economico tra i paesi più industrializzati in direttorio abilitato a prendere decisioni}}, poi ratificate in forma ormai solo notarile dal Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite. Il fatto che il G8 abbia nel frattempo perso di efficacia non ha di contro restituito nuova forza e nuova credibilità alle Nazioni Unite.

Infine ha avuto un peso significativo la {{crescita smisurata del peso dell’Organizzazione mondiale del commercio}} anche, è uno dei tanti possibili esempi, in relazione all’aspetto delicatissimo della salute.
_ L’organizzazione mondiale del commercio infatti con le proprie scelte decide, attraverso la politica dei brevetti e la commercializzazione dei medicinali, molta parte di ciò che prima era competenza delle Nazioni Unite.
_ {{Con ricadute disastrose sul diritto alla salute di intere popolazioni}}.

L’ Organizzazione mondiale del commercio, le grandi istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, da una parte, dall’altra gli organismi dell’Onu: qual è il rapporto? Soprattutto nell’epoca della gigantesca crisi economica finanziaria che si è aperta?

Insomma i grandi problemi della nostra complicata e difficile epoca fanno parte del capitolo “riforma dell’Onu” ma gli attori in campo difficilmente sono oggi in grado di fare il passo nella direzione giusta.
_ Anche {{sul ruolo dell’Onu si potrà misurare quanto effettivamente il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barak Obama,}} abbia intenzione o sia in grado di operare una svolta rispetto alla precedente presidenza avviando un nuovo corso che faccia perno sulle potenzialità che un organismo come l’Onu, al di là di tutto, mantiene per essere appunto “supra partes” e “erga omnes”.
_ Anche l’Europa, in ritardo su tutto, potrebbe battere un colpo in questa direzione.