Su un quotidiano nazionale a grande diffusione si definisce Mariella Gramaglia una “studiosa” del movimento delle donne. Ma per chi l’ha conosciuta non ci sono dubbi. Mariella il movimento delle donne non l’ha studiato, l’ha fatto, l’ha vissuto, l’ha raccontato, da giornalista, da femminista.

E su questo filo conduttore rievoco le immagini di Mariella come l’ho conosciuta.

Mariella deputata, dal 1987 al 1992, eletta come indipendente nelle liste del Pci, attiva nel gruppo interparlamentare donne, che raccoglieva senatrici e deputate dei gruppi di sinistra. Si deve a lei un emendamento alla legge contro la violenza sessuale allora in discussione, emendamento che rappresentò una mediazione alta nello scontro che divideva il movimento delle donne fra procedura d’ufficio e querela di parte.

La legge fu approvata in un’altra legislatura, quando Mariella non era più in parlamento e di quella mediazione alta nel testo definitivo non c’è traccia, ma il dibattito su quell’emendamento lo ricordiamo in tante, come esempio di un buon modo di gestire un conflitto, conflitto che resta ancora aperto, ma non dichiarato, su questi temi (come ha dimostrato il recente dibattito sulla legge definita “sul femminicidio”).

Mariella deputata era anche la persona da chiamare ogni volta che sembrava in pericolo l’occupazione del Buon Pastore, l’attuale Casa internazionale delle donne. Allora chi era in parlamento considerava parte non secondaria delle sue funzioni la difesa dei movimenti nei momenti di conflitto con le istituzioni. Mariella arrivava di prima mattina e, in attesa di una polizia che non arrivò mai, parlavamo a lungo sulla scalinata esterna del palazzo.

Mariella femminista era una fine intellettuale, attenta alla precisione dei concetti e del linguaggio: quante volte, in qualcuna delle ricorrenti fasi di conflitto sulla 194, le abbiamo sentito contrapporre, a chi parlava di difesa “della vita”, la difesa “del vivente”, quindi in primo luogo della donna. Conflitti di tale complessità vanno gestiti, ieri come oggi, non soltanto contando sulla capacità delle donne di mobilitarsi, ma mantenendo chiari i termini del problema, come per esempio non è accaduto in quel pasticcio che è stata la legge 40 (sulla procreazione medicalmente assistita).

Mariella ha avuto poi una lunga esperienza come amministratrice al Comune di Roma, nelle due giunte Rutelli (con compiti manageriali) e nella giunta Veltroni (come assessora). Di quel periodo parlava anni dopo, attribuendo una sua crescita, sul piano politico e personale, al fatto di aver misurato i suoi ideali di femminista nella quotidianità dell’amministrazione di una grande città. Ricordo di quegli anni un convegno sui tempi della città in cui scoprii la formula del car sharing che ho visto realizzata quasi vent’anni dopo. A me sembra ci sia molto femminismo nel proporre una formula d’uso di un bene, superando il dettaglio formale del possesso di questo bene, che molto spesso in mano agli uomini diventa un feticcio, uno status symbol.

E a un certo punto Mariella interrompe quest’esperienza e parte per l’India, senza grandi annunci, con lucidità e umiltà, cioè con il senso del limite, che per molte di noi è scoperta legata proprio al femminismo. Parte per lavorare con un sindacato che conta migliaia di iscritte, e ci riporta la testimonianza di quel viaggio in un piccolo libro, denso e stimolante, che si intitola Indiana. Se lo si legge con attenzione si scopre che è all’interno di quel sindacato che è nata la pratica del microcredito, prima che la lanciasse Yunus, che per questo ha avuto anche il Premio Nobel. Forse il premio sarebbe spettato alle donne del sindacato Sewa: a Mariella il merito di averne svelato la maternità.

L’ultimo impegno politico di Mariella, in una fase della sua vita pesantemente segnata dalla malattia è stato in SeNonOraQuando: al primo incontro nazionale, a Siena, presentò un’ipotesi di organizzazione, che non vide mai la luce. La ricordo negli ultimi anni, sofferente per la scissione, anzi le successive scissioni, di SNOQ: vedeva tramontare quello che lei pensava fosse un tentativo possibile di ripresa del movimento delle donne come soggetto politico.

E’ degli stessi ultimi anni il carteggio con Maddalena Vianello, sua figlia, carteggio che con coraggio, senza narcisismo, diventa un libro, un altro bel libro, il racconto di un incontro/scontro fra generazioni, una testimonianza sofferta e vitale.

Credo che tutte le donne e gli uomini la cui vita ha incrociato quella di Mariella, possano raccontare di lei altre cose, o le stesse da un diverso punto di vista. Io ho voluto raccontare la femminista, che ci ha lasciato in un momento di grande confusione sul senso e sul significato della presenza delle donne in politica. E’ da ieri che mi frulla in mente un pensiero: Mariella, che grande ministra saresti stata, peccato che questo governo alla discriminazione sessuale abbia sostituito quella anagrafica.
Che la terra ti sia lieve…