Nella prima (21 maggio) delle tre giornate che l’associazione Le Tre Ghinee/Nemesiache ha organizzato al Palazzo delle Arti di Napoli per rendere omaggio a Lina Mangiacapre, è stato presentato il sito dedicato a “{Nemesi, colei che ha rimesso al mondo il mito}”.Nella stessa occasione, abbiamo potuto vedere il cortometraggio di Caroline Abitbol, presente all’incontro, dal titolo “{Lina/Màlina}”.
In programma per le altre due giornate, il 22 maggio, presentato da Valerio Caprara, il film “{Didone non è morta}” – con la presenza di Adele Cambria, Mauro Cruciano, Teresa De Blasio e, il 23 maggio, la Performance della ballerina russa Tanya Khabarova ispirata ad un brano tratto dal romanzo “{Faust/Faust}a”, letto da Marco Di Stefano e da Niobe, e, con la presentazione di Matilde Tortora, “{Il cinema di Nemesi}” con la proiezione del film {“[Faust/Fausta->http://www.linamangiacapre.it/cinema_film_faust_fausta.php]}”.

Il titolo della tre giorni è “Dimensione Nemesi”, l’obiettivo, come ha detto Teresa/Niobe, quello di raggiungere quante più donne possibile, soprattutto giovani, perché possano conoscere una realtà che in nessun libro troveranno trascritta nella sua completezza, e avvicinarsi a quella mente fervida e rivoluzionaria, di filosofa e artista totale, quale è stata Nemesi/Lina, e a ciò che lei ha saputo creare insieme alle altre donne che l’hanno affiancata.

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Colei che ha rimesso al mondo il mito}}

Il [sito dedicato a Nemesi->http://www.linamangiacapre.it/home_nemesiache.php] è molto ricco. Nel corso della presentazione al Pan, ne sono state scorse le sezioni: Cinema, Màlina, Pubblicazioni, Teatro e Performances, Le Nemesiache – Le Tre Ghinee, Biografia.
In ognuna delle sezioni, sono riportati documenti (come, ad esempio, la mozione della prima rassegna del Cinema Femminista di Sorrento del 1976), fotografie (moltissime, nelle quali, oltre a Nemesi e le Nemesiache, ognuna può ritrovare persone, luoghi, situazioni), rassegne stampa (che documentano l’attenzione che, comunque, sempre, i giornali, grazie alle giornaliste che vi lavoravano, e non solo, hanno dedicato alle iniziative di Nemesi/Lina).

Ci sono poi, nella sezione Màlina, le foto, le tele e le grafiche di Lina, Màlina quando era pittrice. Nella sezione Video, schede, foto di scena e fuori set, testi e rassegna stampa dei film e dei video di Lina, la cronistoria del Premio Elvira Notari, che dal 2003 è diventato Premio Lina Mangiacapre, e poi la documentazione per l’omaggio a Isa Miranda che si tenne a Castel dell’Ovo e a Sorrento nel 1981. La Biografia di Lina, a cura di Francesco Ruotolo, è quasi la pagina di chiusura del sito, ma non va trascurata perché riesce a restituire la complessità degli interessi e delle opere di Nemesi.

Attraverso il sito, insomma, si scopre (?), si ricorda (?), si conosce (?), meglio di tutto, si celebra Lina. E’ vero, “celebra” non è parola che le Nemesiache di oggi accettano, e neanche Lina l’accettava. E’ così, infatti, che hanno aperto la serata di ieri Teresa Mangiacapra e Silavana Campese, leggendo lo scritto in cui Lina dice, anzi, intima: non celebratemi.

Ma io non saprei quale altra parola usare, e contravvengo al divieto. In fondo, non mi discosto dal senso della serata di ieri, segnata tra l’altro da una discussione sul tempo, avvenuta a ridosso della visione del bellissimo cortometraggio di Caroline Abitbol, dal titolo “{Lina/Màlina}” (presentato l’anno scorso al Museo di Montparnasse a Parigi). Infatti, celebrare non significa solo glorificare, ma, nella sua etimologia, c’è anche il senso di frequentare: chi non ha potuto frequentare Lina – si è rammaricata,
Simona Marino, consigliera con delega alla parità del Comune, nonché femminista, di “essersi persa un pezzo” importante della vita di Lina, quello degli Anni Settanta, perché ancora non la conosceva – può ora farlo grazie al sito.

Mi viene in mente, in proposito, ciò che disse Adele Cambria alla presentazione di “{Amazzoni e Minotauri}” nel 2008: si può provare a fare “un ritratto quotidiano” di Lina, ma bisogna avvertire chi non l’ha conosciuta che “il suo quotidiano fu sempre straordinario, nella passione nella gioia nella danza, nel dramma.” Frequentare Lina/Nemesi, insomma, è una straordinaria operazione di annullamento del tempo. Secondo la tesi di Teresa: il tempo non esiste. Era anche la tesi di Lina, e proprio questa affermazione, il tempo non esiste, apre il primo capitolo del cortometraggio “{Lina/Màlina}”.

Caroline Abitbol ha spiegato il proprio metodo: ha prima montato immagini, poi ha aggiunto le musiche, e, infine, ha cercato e scelto testi di Lina, con frasi in alcuni casi ripetute come un mantra nei quattro capitoli di cui l’opera si compone. Questo metodo lo si potrebbe dire induttivo: così come il metodo induttivo in filosofia procede dal particolare sensibile all’universale della conoscenza, nel video di Caroline Abitbol il discorso parte dal sensibile delle foto e della musica, dalle emozioni, per arrivare al testo, che, in questo modo, perde la sua astrattezza e diventa tutt’uno con l’opera (la scrittura, anche quella poetica, e forse soprattutto quella poetica, è quanto di più astratto ci possa essere, contrariamente a quanto si crede comunemente).
In fondo, il sito stesso è costruito come un’opera.

Di certo non è un sito documentario, anche se può certamente fornire gli elementi per una documentazione di un pezzo importante della storia dell’arte, del femminismo, della città che, tra tutte quelle che Lina, nomadicamente, ha eletto a sua residenza, certamente è stata la prima. Del resto, anche il mito, questa dimensione preconcettuale o anticoncettuale su cui Lina ha fondato gran parte della propria opera, è residente a Napoli, Lina lo aveva capito e lo si vede scorrendo le pagine del sito.

Quel “{rimettere al mondo il mito}” che il sito riporta in epigrafe, sopra le bellissime immagini di “[Didone non è morta->http://www.linamangiacapre.it/cinema_film_didone.php]” dell’Intro, è forse il fulcro della vita e delle opere di un’artista che mai si è lasciata rinchiudere in una categoria, fosse il genere sessuale o un movimento artistico o politico.
Lina aveva conservato, dal ’68, la tensione di rompere gli schemi. Quella tensione, che Lina considerava il tesoro del ’68, probabilmente non avrebbe lasciato traccia, come non hanno quasi lasciato traccia altre importanti esperienze del femminismo napoletano, se non si fosse coniugata con un’altra parola, anche questa probabilmente invisa a Lina, ed amata, al contrario, da Lucia Mastrodomenico: rigore.

Ne costituisce una dimostrazione la costanza con cui Teresa/Niobe e le Nemesiache continuano a portare avanti l’opera di Lina, ad esempio il Premio che ogni anno continua ad essere assegnato a Venezia.
C’è molto rigore in ciò che fanno, e certamente ce ne vuole quando vuoi sfidare il tempo.