Napoli – Sarà il prossimo 23 gennaio (alle ore 18, presso la sede della Fondazione Premio Napoli, Palazzo Reale) la seconda tappa della presentazione del libro “Solo l’amore salva” che raccoglie alcuni degli scritti di Lucia Mastrodomenico. La pubblicazione (editore Liguori) è stata curata dall’associazione “Madrigale per Lucia” (nata nel 2007, poco dopo la morte di Lucia, avvenuta il 1° gennaio 2007). E’ disponibile anche l’e book.Presentare un libro senza ritualità

E’ la seconda presentazione del libro che si tiene a Napoli. L’associazione ha infatti scelto una formula originale, affidando a Stefania Tarantino il compito di organizzare le presentazioni intorno a parole-chiave: non un evento puntuale, ma più incontri e più discussioni. In un evento, poi, di che cosa si sarebbe parlato? di Lucia? del lavoro che l’associazione, in suo nome, porta avanti? della postfazione, la conferenza sulla condivisione dell’amore di Luce Irigaray? Troppi argomenti, forse, per una discussione che inevitabilmente sarebbe diventata un rituale confronto tra due o più relatori, di un’ora o poco più.
Non sarebbe stato nello stile di Lucia che, invece, ha sempre rifuggito dalle ritualità prive di significato ed amato l’approfondimento.

{{Il primo incontro di presentazione}}, lo scorso 10 dicembre, è stato un dialogo tra due persone di un’altra generazione (un’altra rispetto a quella di Lucia e delle donne e degli uomini che hanno condiviso con lei gran parte della sua vita e della sua politica): {{Stefania Tarantino e Filippo Silvestri}}, due giovani filosofi, hanno ragionato sul “{{ {Nutrimento} }}”, titolo di uno degli scritti inediti contenuti nel libro. Il luogo, la Mensa dei Bambini Proletari, era un luogo “storico” di Lucia (e di Cinzia Mastrodomenico, che ha introdotto la discussione), un luogo nel quale, questa volta, sono risuonati pensieri e parole non solo di ricordo, ma di chi, più giovane, si interroga – Stefania e Filippo sono riusciti a farlo a partire da sé – sulle cose che Lucia ha scritto.

Per questa {{seconda tappa}}, alla Fondazione Premio Napoli, il tema sarà “{ {{Il senso della mediazione femminile nella pratica politica delle donne}} }”, ed ancora una volta, introdotta da Anna Nappo (curatrice con Cinzia Mastrodomenico e Patrizia Melluso della pubblicazione), la conversazione sarà tra le due giovani filosofe, {{Stefania Tarantino e Tristana Dini}}, che con Lucia ed Angela Putino (insieme a Nadia Nappo e Maria Vittoria Montemurro) hanno condiviso il loro ultimo progetto, il collettivo che dà vita alla rivista on line [Adatoriafemminista->http://www.adateoriafemminista.it/].

{{Perché si può dire il libro “di” Lucia}}

“Solo l’amore salva” raccoglie 14 scritti di Lucia Mastrodomenico, alcuni inediti, altri pubblicati – su riviste, quotidiani o libri – e interventi a convegni ai quali era stata invitata o che aveva lei stessa organizzato.
Tutti gli scritti coprono un arco temporale di 20 anni. Il primo è “Intimo” (scritto per la rivista NDR nel 1987), l’ultimo è “{Solo l’amore salva}”, il testo scritto per “Adateoriafemminista” e pubblicato a gennaio del 2007.
Il tema dell’amore è il filo che lega il suo ultimo scritto alla conferenza che Luce Irigaray le ha dedicato – alla presentazione del suo “{Oltre i propri confini}”, nell’autunno del 2007 – e che fa da postfazione al libro: “La condivisione dell’amore”.

La selezione dei testi da pubblicare, lo si vede scorrendo i titoli ({Intimo, Conflitti, Passione, L’osservanza, Gli anni ‘70 e Napoli, Il progetto, Care amiche, La libertà nell’emancipazione, Ricette di solidarietà, Pedagogia e differenza sessuale, Etica e salute, Solo l’amore salva, Nutrimento, Dogville}), è stata fatta cercando di toccare tutti i principali argomenti su cui Lucia ha riflettuto e lavorato in 20 anni.
Anche i suoi progetti e le donne con le quali li ha condivisi, e le relazioni che lei ha curato in luoghi politici e istituzionali, sono nominati, quelle antecedenti agli Anni Novanta e quelle che sono seguite, dalle “Nemesiache” a “Lo specchio di Alice”, da “Madrigale” a “Adateoriafemminista”.

A questa attenzione si è limitato l’intervento di chi ha curato il volume che, pertanto, non vuole essere un libro “su” Lucia, ma “di” Lucia. Questa è certo una forzatura, più grande, forse, della raccolta di riflessioni e ricordi di chi ha conosciuto una persona che non c’è più e con la quale è diventata impossibile una vera interlocuzione.

Questi sono problemi “formali”, la sostanza è che le cose che Lucia Mastrodomenico ha scritto e detto, e che ora sono offerte alla lettura in sua memoria, sono capaci, oggi, di dirci qualcosa, e, fatto più importante, sono capaci di dire qualcosa a chi, più giovane, non l’ha conosciuta, né ha con-vissuto con lei, né ha condiviso le esperienze politiche di quegli anni.

Un esempio può forse chiarire. I 20 anni, l’arco temporale a cui si riferiscono i testi pubblicati, quei 20 anni, sono stati cruciali per il femminismo italiano. Tra i molti temi che in questo libro si possono rintracciare, ce n’è uno che a Lucia è stato sempre molto caro, su cui ha continuato a riflettere anche quando, nel dibattito e nella politica delle donne, era caduto in ombra: il corpo.
Dalla protesta contro la violenza sul corpo delle donne alla mobilitazione di “Se non ora quando”, le donne hanno ora ricominciato a parlarne, ma spesso con qualche ambiguità (è la mia opinione).
Lucia, al corpo non aveva mai smesso di pensare, spesso isolata, perché nel contesto della politica della differenza sessuale, al quale lei faceva riferimento, era considerato argomento non centrale, scivoloso, regressivo. Al corpo, Lucia affiancava un altro concetto, anche questo “scomodo” per le donne, quello di bellezza.

Lucia aveva ragione a tenerli insieme, il corpo e la bellezza: l’estetica è la conoscenza filosofica del bello, ma nella sua etimologia greca è la conoscenza sensibile, quella che avviene attraverso i sensi, attraverso il corpo. Perché Lucia riusciva a maneggiare questi concetti senza cedimenti, come faceva a parlare di corpo e bellezza senza la paura di essere ricacciata in una dimensione di insignificanza?
Proprio in “Intimo” c’è un passaggio illuminante: senza sospiri e sussurri, dice Lucia, il corpo è “prigioniero come l’aria che respiro di uno spirito progressivo, emancipatorio, metropolitano, maschile”.
E’ il desiderio, anzi l’eros, che risveglia il corpo alla bellezza, che non è vuota forma, ma segno: “{Un segno femminile è la bellezza, oggi non diviso dalla capace intelligenza, non bisogna rinunciarci, va messa anzi al riparo dall’aggressione di un desiderio non nostro}.”

Oggi, queste parole, come tante altre che si ritrovano nel libro, forse non spiegano (Lucia non era propriamente una filosofa), non raccontano (non era propriamente una letterata), non indicano (non era propriamente una politica), ma interrogano ognuna/o di noi, ci stimolano a non cadere nell’errore di usare in modo ripetitivo le parole.
E’ l’errore di cui parla in un altro suo scritto, “{L’osservanza}”, del 1990: “{usiamo quasi sempre lo stesso linguaggio, senza darne conto}.”