L’associazione Archivia-archivi, biblioteche e centri di documentazione delle donne ha prodotto Herstory – i luoghi delle donne a Roma e nel Lazio dagli anni ’70 offrendo “un primo censimento localizzato di gruppi, collettivi, Centri e Associazioni”, nelle ultime tre decadi del Novecento e fino all’oggi.
Centinaia di luoghi, corredati di schede informative e immagini, visualizzati su mappe interattive, suddivise in livelli cronologici.
Il progetto, sostenuto dalla Regione Lazio e da Bic Lazio, è rientrato tra i quindici, su seicento, vincitori del bando regionale “Innovazione sostantivo femminile” (2014).
In proposito, Alida Castelli, Consigliera di parità della regione Lazio, intervenuta alla presentazione di Herstory (23 settembre, Casa internazionale delle donne), ha ricordato come “il progetto faccia parte di una linea di finanziamento destinata alle donne nel campo dell’innovazione di cui la Regione Lazio si è dotata nell’ultimo periodo, dimostrando di aver ben capito che il soggetto donna pur non considerato fragile, abbia comunque bisogno anche di interventi mirati e ad esse dedicati in via esclusiva.” Castelli, ha inoltre espresso (e non è stata la sola), “un grande apprezzamento per la cura della memoria delle donne che, oltre a questo progetto connota l’azione ammirevole dell’associazione Archivia” e si è unita alle lodi rivolte a Giovanna Olivieri (Pompili) per l‘ideazione, la progettazione e la realizzazione app e a Valeria Santini (‘capoprogetto tecnico’ cui si deve l’idea dell’app).
Non minori ringraziamenti sono stati rivolti dalle relatrici a a Stefania de Biase e Gabriella Gianfelici per la ricerca e selezione materiali per mappa e sito; Donatella Artese e Gabriella Guidetti per le traduzioni eseguite con Irene Sara Paolone che ha anche curato la ‘Descrizione documenti nel database e digitalizzazione’; a Carmela Mignozzi, Ignazio Zanotti e Davide Vignali per la progettazione e realizzazione app; alle molte altre che hanno contribuito a ricomporre, in soli sei mesi, un mosaico di presenze, voci e attività.
Herstory è un titolo accattivante e internazionale, un neologismo indicante una storia scritta da una prospettiva non tradizionale, da autrici spesso femministe, valorizzante il ruolo e l’apporto delle donne e con una sostanziale critica alla storiografia tradizionale, dando voce al punto di vista femminile/femminista.
Tra i vari prodotti intitolati ‘herstory’ (cartacei, video, videogame, app), nel mondo, quello di Archivia è il primo, in Italia, a raccontare il femminismo (ieri al singolare oggi al plurale), nella nostra Regione nei decenni a ponte del Millennio; un periodo in cui il paese è cambiato profondamente e in cui le donne hanno dato spunto, voce e protagonismo al cambiamento.
La presidente di Archivia, Gabriella Nisticò ha sottolineato la versatilità di un prodotto (app) “aperto e interagibile, capace di rivolgersi anche alle nuove generazioni, specie nell’approssimarsi del Giubileo”. Ha ricordato la preziosità dei Fondi di Archivia, in gran parte dichiarati ‘Patrimonio Storico’, e riassunto il percorso di un’associazione (formale dal 2003), espressione di una comune volontà di rintracciare, conservare, valorizzare e diffondere ciò che le politiche delle donne hanno prodotto e producono.
Marina Del Vecchio (vice presidente del consiglio direttivo dell’a.p.s. Casa internazionale delle donne), ha definito Archivia “cuore centrale della Casa”, luogo insopprimibile dell’oggi e del domani ed Herstory un prodotto storico-femminista che coglie l’obiettivo di “far conoscere e trasmettere un’eredità culturale e politica troppo spesso dimenticata o misconosciuta”.
“Per dare un’idea di come si è sviluppato il femminismo” ha spiegato Oliveri, “da ognuno dei sei livelli dell’app si accede a dei sottolivelli che approfondiscono l’argomento”.
Al proposito, ha ricordato come il “primo apporto alla discussione femminista sia stato dato da quella ‘soggetto e oggetto’ portata avanti da Carla Lonzi” e sottolineato “la forte presenza e il ruolo delle artiste” nelle fasi iniziali del femminismo romano anche se la storia del femminismo romano è molto più larga di quella locale.”
Rispetto alle difficoltà incontrate, Olivieri ha ricordato che “il complesso lavoro di riscontri per la datazione e la localizzazione – data la mancanza di data e luogo, nella maggior parte dei materiali visionati – ha consentito la creazione di una struttura comunque attendibile, suscettibile di arricchimento e revisioni, sulla quale svolgere ulteriori approfondimenti.”
Valeria Santini ha esemplificato l’uso di Herstory dal cui Menu si raggiungono: Gruppi con schede e materiali digitalizzati; Documenti dall’Archivio con elaborazioni e critiche originali; Manifestazioni con galleria di foto e manifesti provenienti da vari Fondi (Centro Documentazione Alma Sabatini, Centro Documentazione e Studi sul Femminismo, Cli e Archivi Lesbici Italiani, Fondo Daniela Colombo, Il Paese delle donne e Archivia) e, principalmente, da quello della Cooperativa Libera Stampa (Editrice di “Noi Donne” testata storica dell’Udi di cui si è appena celebrato il settantenario).
Nel trattare l’argomento, il pensiero non può non andare alla dolorosa perdita dell’archivio fotografico di “Quotidiano Donna”, testata femminista storica, con redazione a Governo Vecchio, prima sede del femminismo romano.
L’app ha più di 300 schede e 500 segnaposti di diverso colore con indicazioni di percorso (chilometraggio e mezzo di trasporto), su mappe Google e “la ricerca può essere fatta anche con parole per singole parole chiave grazie alla barra di ricerca nel sito” (Santini).
Dei sei livelli, solo quello delle Manifestazioni è a strisciata unica; gli altri cinque riguardano i gruppi anni ’70, anni ’80, anni ’90 e successivi fino al 2015; radio e Tv private; imprese attuali gestite da donne.
Premettendo che tutto è interessante ma che non se ne può dare conto in poche righe, alcuni esempi ‘vetero’ del livello Manifestazioni riguardano le donne dell’MLD che l’8 maggio 1971 sono scese in piazza ‘contro il mammismo’ (foto di Daniela Colombo); quelle della Prima manifestazione contro la violenza sessuale a Centocelle, 1974 (foto di Tano D’Amico) e quelle dell’8 marzo 1976 (foto di Rosanna Cattaneo), quando cartelli proclamavano la data non un felice anniversario ma un giorno di lotta rivoluzionario. Immagini dello stesso anno riprendono il Picchetto di protesta delle donne parenti di detenuti di Regina Coeli (foto di Paola Agosti). Nella mappa ci sono le donne del 16 marzo 1978, in piazza contro il rapimento di Moro (foto di Luisa di Gaetano); le lavoratrici dell’Alta Moda Maison Balestra, 1979 (foto di Gabriella Mercadini). C’è anche il primo Primo Gay Pride, 1994 (foto di Tano D’Amico) e “La prima parola e l’ultima” del 3 giugno 1995 a Villa Borghese (foto di Loredana Monaco) e così via attraverso tutti gli sguardi di quelle e molto altre fotografe che hanno colto con lo sguardo acuto dell’arte, ciò che negli spazi pubblici e privati le donne producevano, di teoria e prassi, occupandosi dell’esistente e partendo da sè.
Rispetto ai Gruppi, alla fitta presenza romana negli anni ’70 e ad una notevole regionale (Civitavecchia, Viterbo, Ostia, Frosinone, Latina, Cassino, ecc.), corrisponde un crollo nel Lazio anni ’80. La decade romana è segnata dall’occupazione del Governo Vecchio, dall’insediamento del Cfs nella parte assegnata dell’ex Buon Pastore e dall’inizio dell’occupazione che porterà alla nascita dell’Affi e al progetto condiviso di Casa internazionale delle donne.
I Gruppi rimasti o nuovi nella capitale tendono a formalizzarsi in associazioni, coordinamenti e altro specializzati su argomenti già prima particolarmente esplorati.
Il segnaposto indica tre documenti regionali: articolo “Chi ha paura del Circolo Udi?” per la nascita del circolo nella Sigma Tau (Pomezia, 1981); fotografia dello striscione del Centro Donna Lilith (Latina, 1986) “nato per sostenere le donne e gestire centri antiviolenza (foto da www.radioluna.it)”; volantino dell’incontro con “Pinar e Seyda Selek” organizzato dal collettivo femminista e lesbico di (Spinaceto, 1989).
Nella mappa successiva, anni ’90, compaiono altre sporadiche presenze: tre volantini del collettivo femminista Le Rosse e Basta, “gruppo dei Castelli romani, nato nel 1992, che lavora per la riapertura dei consultori”(Marino); il frontespizio del libro Al centro le donne dell’associazione onlus Erinna, “nata nel 1988 per contrastare la violenza” (Viterbo).
Nel livello “imprese attuali gestite da donne” si nota, nelle ultime due decadi del Novecento, un aumento esponenziale di attività femminili che si occupano veramente di tutto: allevamento di farfalle e lombrichi (az. Agricola Serpens), allevamento e trasformazione dei maiali (macelleria Tiziana Sella), formaggi di pecora (az. Agricola Desideri Miriam), olio extravergine d’oliva (az. Agricola Cerrosughero), biscotti e dolci (biscotteria Fiasco) e così via. La maggioranza dell’imprenditorialità femminile riguarda il settore alimentare e agricolo, segue a distanza l’artigianato locale ed etnico (legno, ceramica) e qualche bed&breakfast (es. Villa Primavera).
Come si nota facilmente, Herstory è un prisma, un contenitore, da incrementare, di ciò che è stato e che è oggi in quanto a presenza e attività e partecipazione politica delle donne nella nostra Regione e come tutti gli strumenti sta a chi lo usa a trarne il meglio e sicuramente Archivia ha fornito buone ‘storie di lei’ da raccontare.
A Herstory s’accede tramite il navigatore dello smartphone, l’omonima app e il sito www.herstory.it.
Sull’iter di Archivia e i suoi Fondi rimandiamo al sito specifico (www.archiviaabcd.it), a quello della Casa (www.casainternazionaledelledonne.org), e allo Speciale ‘Il Foglio de il Paese delle donne’ (n. 1, 6.3. 2011).