Le prime volte che ho ascoltato pronunciare la parola “Pacco”, ero rimasta sorpresa per i significati, a prima vista insoliti per me, che le venivano attribuiti. Poi, finalmente, dopo alcune ovvie associazioni, un po’ vergognandomi della mia lentezza e scarsa elasticità mentale, mi sono resa conto di che si trattava. Era proprio quello! Già. Entrato nell’uso comune, sono in molti, ormai, alla radio e alla televisione, a dire ‘pacco’ per indicare l’organo sessuale maschile.
_ Pronunciano la parola e poi ridacchiano.

Si sentono al tempo stesso educati e moderni; maliziosi senza essere volgari, disinvolti, e in po’ compiaciuti per la rapidità con cui si sono affrettati a rinnovare il proprio vocabolario, rilanciando velocemente significati nuovi per imporne la rapida diffusione. E’ chiaro che chi parla si comporta in maniera spontanea, senza pensarci su tanto, né rendersi conto di stare imboccando una strada nuova, sconosciuta e forse insicura. In che senso?

Riflettiamo un momento. Perché ‘pacco’? quali oscuri significati si attribuiscono rispettivamente all’oggetto e all’organo?

A prima vista sembra di poter ragionevolmente accomunare l’uno e l’altro nell’immagine di prodotti che sono incartati, legati, chiusi dentro a un involucro o scatola; avvolti dalla carta o da stoffe. Per entrambi si tratta, quindi, di beni da proteggere, conservare, regalare e/o nascondere alla vista.

L’idea che viene suggerita è quella di cose segrete, misteriose, non rivelate; e quindi bisognose di un’azione che ne liberi il lato occulto, ne riveli la natura fino a quel momento inaccessibile.
_ Occorre un gesto che consenta di portare alla luce quanto era rimasto oscuramente coperto. Fasciato in confezioni che male consentono di indovinare natura e dimensioni di quel che viene con tanta cura tenuto al riparo da luci, suoni e odori, l’articolo in questione suscita interesse proprio perché si sottrae allo sguardo diretto.

Rimanere dissimulato nel proprio rivestimento è garanzia sicura di riuscire ad attirare l’attenzione. Chi non vorrebbe sapere cosa si cela dietro o dentro? Tralascio di commentare un altro significato, che da ciò discende, relativo all’essere ingannati (“m’ha fatto il pacco”).

Importa soprattutto l’uso scambievole e disinvolto tra oggetto e organo, sottolineato dall’uso disinvolto dell’uno per indicare l’altro.
_ Bisogna infatti rendersi conto che non sono affatto sinonimi.
_ Sebbene sia destino di entrambi invecchiare e deteriorarsi col tempo, il comportamento dei due differisce per molti aspetti, in particolare nel modo diverso con cui affrontano la scena pubblica.

Se un pacco-oggetto può essere appoggiato sul bancone del bar, dimenticato in metropolitana, chiuso dentro all’armadio, riparato in caso di rotture, sostituito se non gradito o mal funzionante – tutto questo non vale per il suo più recente equivalente.
_ Attaccato inevitabilmente e per sempre al corpo, con l’organo occorre fare molta attenzione, sapendo che non è facile aggiustarlo e tanto meno cambiarlo. Inoltre, mentre l’oggetto fa mostra di sé con disinvoltura e in ogni luogo, non così si comporta l’organo.
_ Di solito, quest’ultimo fuoriesce dal rifugio abituale al riparo da sguardi indiscreti o nell’intimità; solo occasionalmente si esibisce in pubblico. Se l’immobilità materiale è parte integrante dell’identità del primo, la condizione di quiete permanente costituisce una fonte di ansia per il proprietario del secondo. Infatti, costui vorrebbe poter garantire al proprio accessorio uno stato di durevole e appagante euforia; ma non sempre la fortuna lo assiste.

Perciò, tra il pacco-oggetto e il pacco-organo non si stabilisce affatto una equivalenza riservata a eguali, bensì la vicinanza sospetta che deriva da una sovrapposizione impropria: quella tra la solida realtà dell’unico, e l’ambiguo statuto di chi vive immerso nelle alterne vicende della duplicità.

L’oggetto non muta mai aspetto; i materiali che lo compongono hanno tratti definiti e inalterabili.
_ L’altro ha invece una costituzione doppia, morbida e/o rigida a seconda dei casi; da qui deriva il suo fascino.
_ Che venga prontamente oggettivato dal linguaggio corrente, facilmente ridotto in stato di ferma e inalterabile staticità è indizio di temibile mutazione; segno di un veloce processo degenerativo della condizione umana.