Aborto e Covid 19, Laiga: “Bene la raccomandazione del Consiglio d’Europa ma l’Italia ne tenga conto”

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“Come Laiga accogliamo con entusiasmo la raccomandazione che la Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha emesso il 7 maggio 2020 sull’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) anche durante l’emergenza Coronavirus. Esprimiamo invece rammarico perché la notizia è passata in sordina e nessuna delle istituzioni italiane interessate ha dato peso a questa importante impostazione a livello europeo per la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne”.

Così commenta la presidente di Laiga, Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione Legge 194, Silvana Agatone, il documento “Garantire l’accesso delle donne alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi durante il Covid 19” pubblicato dalla Commissione nel quale di stabilisce che:

Nella loro risposta alla pandemia di Covid 19, gli stati membri del Consiglio d’Europa devono:

garantire il pieno accesso alle informazioni, ai servizi e ai beni relativi all’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva per tutte le donne senza discriminazioni e con un’attenzione specifica per le donne a rischio o le vittime di violenza di genere e altri gruppi vulnerabili di donne;

considerare l’accesso alle cure per l’aborto, la contraccezione, compresa la contraccezione d’emergenza e l’assistenza sanitaria materna prima, durante e dopo il parto, come servizi sanitari essenziali da mantenere durante la crisi e adottare tutte le misure di accompagnamento necessarie;

in particolare: rimuovere urgentemente tutte le barriere residue che impediscono l’accesso a cure per l’aborto sicure come periodi di attesa obbligatori sotto il profilo medico ingiustificati;

autorizzare le consultazioni di telemedicina ove opportuno e fornire contraccezione d’emergenza da banco senza prescrizione medica;

affrontare la disinformazione, lo stigma di genere e le norme che incidono sull’accesso delle donne a informazioni affidabili e basate su prove dei loro diritti sessuali e riproduttivi;

garantire che i rifiuti di cura per motivi di coscienza non compromettano l’accesso delle donne alla loro salute e diritti sessuali e riproduttivi;

seguire le linee guida dell’OMS sull’accesso all’assistenza sanitaria per le donne in gravidanza e in allattamento durante la pandemia e garantire il consenso informato e il processo decisionale delle donne nel contesto del parto in ogni momento;

impedire qualsiasi regresso legislativo o politico nel campo dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne;

sostenere i difensori dei diritti delle donne, i fornitori di servizi come il personale sanitario, i rifugi per le donne vittime di violenza, le organizzazioni di pianificazione familiare e gli operatori di assistenza umanitaria consentendo loro di continuare a svolgere il loro ruolo essenziale nell’assistenza alle donne durante la pandemia

Nella dichiarazione della Commissione viene citata anche l’Italia, facendo riferimento al documento Chiarimenti: Linee di indirizzo per la rimodulazione dell’attività programmata differibile in corso di emergenza da COVID-19 presentato dal Ministero della Salute il 30 marzo. In quel documento si stabiliva che l’aborto doveva essere incluso nei servizi indifferibili e che quindi gli ospedali e i presidi medici dovevano garantire la continuità del servizio. Molti ospedali infatti avevano sospeso il servizio di Ivg motivando tale scelta con l’emergenza Covid 19.

“Peccato che continuiamo a ricevere richieste di aiuto da donne in tutta Italia, disperate perché non riescono a trovare un ospedale che le assista nel percorso verso l’Ivg” prosegue Agatone, “Abbiamo chiesto quasi due mesi fa in questa petizione che fosse garantito il servizio anche attraverso la somministrazione della pillola abortiva RU486 oltre le sette settimane, fino a nove settimane, e con un solo accesso o in telemedicina, come accade in Francia, nel Regno Unito e persino in Irlanda, a differenza di come avviene in Italia, per cui sono invece necessari tre giorni di ricovero. Chiediamo solo di permettere alle donne, in una situazione di tanto disagio, di poter effettuare una legittima scelta”.

La raccomandazione della Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa fa specifico riferimento anche all’obiezione di coscienza che non deve in alcun modo compromettere “l’accesso delle donne alla loro salute e diritti sessuali e riproduttivi”.

L’obiezione di coscienza di ginecologi, ostetrici, anestesisti e personale sanitario in Italia. Secondo la relazione del ministero della Salute del 2013, la media nazionale dei medici obiettori di coscienza, che quindi rifiutavano di praticare l’Ivg, è del 70 per cento, con picchi fino al 90 per cento in alcune Regioni, come Molise e Basilicata. A questo si aggiunge l’obiezione di struttura: in alcuni ospedali il personale obiettore di coscienza rappresenta il 100 per cento, costringendo le donne alla ricerca di altre strutture, a volte in altre Regioni, a volte addirittura all’estero.

Già sei anni fa, l’8 marzo del 2014, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa aveva ufficialmente riconosciuto che l’Italia violava i diritti delle donne a causa dell’elevato e crescente numero di medici che rifiutavano di praticare l’IVG. Il ricorso in quel caso era stato presentato contro l’Italia da Laiga e dall’associazione non governativa International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF EN) al fine di accertare lo stato di disapplicazione della legge 194/1978 e il Comitato Europeo aveva accolto tutti i profili di violazione prospettati.

Un secondo pronunciamento è avvenuto il 16 aprile 2016, quando il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa (CEDS), a seguito dell’esposto presentato dalla Cgil, ha nuovamente stabilito che in Italia viene negato il diritto delle donne alla salute per le difficoltà che incontrano nell’accedere all’aborto. Il CEDS ha riscontrato il motivo nell’elevato numero di medici obiettori di coscienza e ha stabilito che i medici non obiettori vengono discriminati sul lavoro. Nonostante tutto questo, l’obiezione di coscienza in Italia continua a rappresentare un problema serio, con punte di obiettori anche oltre l’80% in alcune Regioni.

(Per la cartina si ringrazia https://favacarpendiem.wordpress.com)

Laiga, chi siamo

L’associazione LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi non obiettori per l’Applicazione della 194) nasce dall’impegno di due ginecologhe non obiettrici, la dott.ssa Silvana Agatone e la dott.ssa Concetta Grande, colleghe all’interno del servizio Applicazione legge 194/78 dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma.

A partire dall’idea che è importante il confronto e il sostegno reciproco in un sistema culturale e sanitario che spesso non tutela l’applicazione della legge sull’aborto, il 10 giugno 2008 è stata fondata L.A.I.G.A., con l’intento di fare rete tra personale sanitario addetto al servizio IVG e all’aborto terapeutico.

Da anni infatti l’Associazione organizza congressi, conferenze stampa e altre occasioni di incontro per riunirsi, contarsi, conoscersi e cercare di migliorare e salvaguardare l’applicazione della legge 194. Conoscersi e contarsi è un obiettivo itinerante che sta molto a cuore a Laiga, poiché al momento non vi è alcuna lista o mappatura, né a livello regionale né presso il Ministero della Salute, da cui risultino gli effettivi centri e operatrici/operatori che applicano la Legge 194.

Come potete approfondire nella sezione FINALITA’-CONTESTO POLITICO-CULTURALE, abbiamo registrato un grande numero di attacchi e di minacce al diritto all’aborto e in particolare a questa legge: le dichiarazioni rilasciate sui giornali da vari politici, le campagne dei movimenti contro i diritti civili, i vari casi di contenziosi legali avvenuti nel 2008, tra quello eclatante di una donna che, in un ospedale di Napoli, mentre si stava sottoponendo ad aborto terapeutico per problematiche fetali, è stata messa sotto inchiesta, insieme al ginecologo non obiettore.

Laiga dunque è nata grazie all’esigenza da un lato di stare dalla parte delle donne facendo advocacy affinchè il DIRITTO ALL’ABORTO sia garantito e applicato, e dall’altro di tutelare e promuovere il lavoro e la collaborazione dei medici e delle mediche non obiettrici che salvaguardano lo stesso diritto e la salute della donna.

FIRMA LA PETIZIONE  per l’aborto farmacologico durante l’emergenza COVID-19 di Pro-choice Rete italiana contraccezione e aborto (Pro-choice RICA), Libera Associazione Italiana  Ginecologi per l’Applicazione legge 194 (LAIGA), l’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), l’Associazione Vita Di Donna ONLUS.