Il colore delle relazioni tessute da Mariuccia mi è sempre piaciuto, perché lei sapeva mettere insieme le differenti sfumature delle essenze dell’anima, e a dare loro valore. Teorizzava e praticava l’inclusione come forma e pratica politica, nutrendo se stessa e le altre dei sé differenti. Il risultato: una potente e fertile microstruttura organizzativa, la relazione, appunto, capace di tradurre in pratica il valore di un pensiero condivisoUn giorno, a casa, mia sorella mi venne vicino e mi disse: “uno squarcio nella nebbia della quotidianita’”. Al tempo eravamo adolescenti, e io gia’ soffrivo di Mariuccite*. Gia’ in politica, avevamo aperto un circolo della FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana) a Quarto Oggiaro, il circolo Martiri di Spagna.

Lei aveva quattordici anni, mio fratello tredici e io appena dodici. Quel verso era “vero”, era poesia! e lei se n’era uscita così: in una frase la sua vita. All’epoca, qualcuno se lo ricordera’, la TV ci ipnotizzava con l’introduzione di Ungaretti alle puntate dell’Odissea…… l’ermetismo di Mariuccia mi colpì. Le dissi: “scrivilo subito”, ma lei non lo fece. “Bene, allora lo faccio io”. Ma non ce ne fu bisogno, lo stupore di quella frase/vita mi entrò dentro come uno squarcio di luce, e la collegai all’impresa politica che stavamo compiendo insieme. Come {{compagni fratelli}}, noi tre seduti in sezione ogni martedì sera alle nove, che oggi mi scompiscio dal ridere e mi sciolgo di tenerezza al solo ricordo.

A dieci anni dalla scomparsa di Mariuccia, arriva una mail da Patrizia e subito il mio respiro si espande come uno squarcio di luce nella notte dei ricordi.

Mariuccia, curiosa amante della rete da subito, ci ha connesso, ideale sorella di Napoli con naturale sorella di Milano. {{clik}}: ritrovate con un {{clik}}.

La magia del pensiero condiviso, il ricordo, consapevole comunanza rinnovata, testimonianza del suo passaggio, del suo buon cammino.

Il respiro si apre nel calore della consapevolezza di aver condiviso con Mariuccia un percorso arricchente, quindi capace di generare un ricordo che le riconosce il suo significato, il suo valore.

Mariuccia diceva spesso: “il darsi valore produce riconoscimento, legittimita’”.

Io sono grata alla redazione del Paese delle Donne, e sono sicura che questa modalita’ di ricordare attraverso i suoi scritti, e ciò che di lei è stato scritto, la facciano sorridere.

Un sorriso di gratitudine, di autentico amore, quello che provava per ciascuna di noi; ma anche un sorriso d’intesa, perché le sue fatiche, appassionate fatiche, sono le stesse altrui fatiche che oggi nella continuita’ e nell’intenzionalita’ politica hanno prodotto questo gesto fuori da ogni retorica, e dentro la cultura prodotta da grandi pensieri di grandi donne.

Pensare a Mariuccia insieme alle sue carissime, stimolanti, confortanti relazioni mi fa star bene. E’ una forma consolatoria per un vuoto di sorellanza che ancora oggi avverto in pieno. E’ questo saper tessere relazioni che mi affascina di mia sorella, perché eleva nell’adultita’ consapevole ciò che io quotidianamente provo ad insegnare alle bambine e ai bambini della mia classe: l’arte dello stare insieme, la gioia della condivisione, la scoperta della solidarieta’ come gioco spontaneo e perciò di valore aggiunto, il calore che da’ colore.

Il {{colore}} delle relazioni tessute da Mariuccia mi è sempre piaciuto, perché lei sapeva mettere insieme le differenti sfumature delle essenze dell’anima, e a dare loro valore. Teorizzava e praticava l’inclusione come forma e pratica politica, nutrendo se stessa e le altre dei sé differenti. Il risultato: una potente e fertile microstruttura organizzativa, {{la relazione}}, appunto, capace di tradurre in pratica il valore di un pensiero condiviso. Un pensiero condiviso nato dalla condizione “ribaltata” di genere: non gia’ da sottomesse, subalterne al sistema, ma da soggetti capaci di promuovere la nascita di azioni politiche in grado di ribaltarlo, quel sistema. Protagonismo condiviso dell’appartenenza di genere, per portare alla luce la verita’ sulle donne. E’ nella coerenza con tali presupposti politici che nascono tanti e diversi gruppi di appartenenza attorno a Mariuccia, per sua o altrui volonta’. Tantissimi intrecci napoletani, con diversi progetti da condividere con Patrizia Melluso, Sandra Macci, Monica Tavernini, Lucia Mastrodomenico e con tante altre che non ho conosciuto.

La relazione romana con Marina Pivetta, che favorì la nascita della redazione milanese del Paese delle Donne nella quale Mariuccia stabilì una relazione importantissima con Rita Pavan e tante altre donne impegnate a mettere in pratica {{gesti}} politicamente significativi, {{simbolici}}. E poi la straordinaria relazione col gruppo delle donne milanesi che diede vita all’inedito e originalissimo gesto che allora scompagino’ lo Statuto del Partito e non solo: la sezione di sole donne del PCI “Teresa Noce”, e il libro testimonianza “Signora Sezione” scritto da Mariuccia, nel quale diede conto della capacita’ politica di promuovere futuro partendo dal proprio vissuto di donne impegnate in politica, contribuendo all’approfondimento dei temi legati al concetto filosofico della differenza che ribalta il piano, aprendo scenari sempre esistiti ma mai rivelati, e proprio per questo portatori di verita’.

Le nove madri fondatrici della sezione “Teresa Noce”, Giovanna Cappelli, Silvia Lipschitz, Daniela Lorandi, Cristina Pecchioli, Anna Maria Rodari, Elda Serati, Wanda Zurlo e le sorelle Masala, ebbero il merito di agire nella {{coerenza}}, perché praticarono e sostennero con coraggio ciò che sino ad allora si era soltanto enunciato: il riscatto da un’ingiusta subalternita’ anche dentro il {{padre/partito}}, e il desiderio profondo di {{fare inciampo}}, di disvelare, ancora una volta, ciò che era nascosto. Il tema della rappresentanza si fece sempre più contraddittorio, le commissioni femminili all’epoca cominciarono ad accusare i segni del tempo, mettere le donne in “riserva” era un modo per mettere a tacere la falsa coscienza progressista, lasciando tutto però esattamente come agli albori. Ormai sentir enunciare buoni propositi sulle politiche femminili nei congressi, per poi vederli sconfessare subito dopo nei fatti, era diventato insopportabile, ci dava l’orticaria.

Mariuccia, come tutte noi, visse quell’impresa per certi aspetti anche dolorosa con impegno appassionato, caratterizzato anche da una trasparente curiosita’ intenzionale che a volte all’apparenza poteva trasmettere una sorta di severo rigore. Il suo lavoro però era quello di produrre gesti simbolicamente significativi a partire dal sé, e tale pratica necessitava di alcuni fattori fondamentali: la lealta’ verso se stessa e le altre, la lucidita’ nell’analisi politica del contesto storico e l’individuazione, tra emozione/ragione/desiderio, di obiettivi liberati nell’autolegittimazione riconosciuta e condivisa

Ecco, mia sorella era così, e mi piaceva perché sapeva decifrare le diverse psicologie, e conseguentemente direzionare il suo comportamento, i suoi gesti, la sua comunicazione, completamente libera da opportunismi.

Non sopportava, come tutti del resto, di essere fraintesa, e quando accadeva se ne dispiaceva moltissimo; ricordo con tenerezza le serate trascorse insieme sui suoi “drammoni”, ma anche sulle nostre “menate interminabili”, che poi finivano quasi tutte nell’emozione risolta di una sana risata. La mariuccite non mi è ancora passata, anzi ormai me la tengo cara perché mi ricorda di essere stata sorella, e penso di poter esprimere il fiero orgoglio di tutta la mia famiglia – di ciò che ne rimane – per averla avuta nel nostro nido.

Per tutto ciò che è stata e per tutto ciò che ancora mi rappresenta, voglio rendere omaggio a mia sorella e al suo ricordo, regalandole il pensiero e l’opera di una grande artista recentemente scomparsa: Maria Lai, una saggia vecchia bambina che ha creato dalle relazioni, opere d’arte straordinarie e simbolicamente colossali, purtroppo ancora poco conosciute. Dall’opera collettiva della montagna legata, al suo sottostante paese Ulassai, dai libri cuciti, al telaio, testimone di trame tra la donna e la storia del mondo. Una donna che ha dovuto lottare per entrare in un mondo accademico dell’arte che l’ha ostacolata in tutti i modi, ma che alla fine ha conquistato col suo pensiero {{differente}}.

Maria Lai era sarda come mia sorella, era femminista come mia sorella; entrambe indagarono e praticarono l’Arte della Relazione. Maria Lai era saggia e si chiamava Maria come mia sorella.

Mariuccia, una volta, in una delle belle serate napoletane a casa sua mi disse: il senso della vecchiaia sta nella saggezza, e io di lei non ho paura.

La vita non gli ha concesso la vecchiaia, ma lei la saggezza l’ha conosciuta!

A me piace pensare che forse è stata la vecchiaia ad avere paura di lei, o forse si sono accordate in uno scambio dettato da pressanti inquietudini.

Ciao Mariù …a proposito, sai cosa dice Maria Lai sulla morte? dice: ‘In Arte l’assenza dell’autore produce più potenza e più presenza, favorendo la lettura delle sue opere’.

Condivido in pieno, sento che ha proprio ragione, perché più passa il tempo e più ti riveli.

Ti abbraccio forte

Angela

nota a margine

*Mariuccite: normale sintomo emozionale di odio/amore tra sorelle, la mia si chiamava Mariuccia