9788889632413-259x400“Odissea. Cronache d’incoscienza e di vita estrema”, il secondo romanzo di Cristina Zanetti, uscito a maggio dalle stanze della casa editrice Cicero, prosegue il suo viaggio con la prima presentazione pubblica a Bologna (oggi 19 settembre, alle ore 18, Libreria Ambasciatori).

Nell’invito alla presentazione, Cristina Zanetti dice: “Ho scritto questo libro, ma l’esperienza è stata collettiva. L’ho vissuta insieme a un gruppo di donne e spero che saranno tutte presenti per ricordare e trasmettere agli altri una storia e una figura indimenticabile”. Così, se il libro è dedicato “a tre donne molto diverse e diversamente rocce”, la lista dei ringraziamenti alle “personagge”, le donne amiche quasi coautrici del libro, è però lunga.

Non tanto, dunque, un romanzo autobiografico ma anche questa volta, come il primo romanzo Stop movie. L’ingrato compito di vivere al passato, un romanzo “liberamente ispirato ad una storia vera” che, pur autonoma nella sua possibilità di lettura, è però lo sviluppo imprevisto di quella. Allora, i luoghi della storia erano Bologna e la mitica Stromboli (rievocata con malinconica ma non retorica nostalgia) che campeggiava nell’autoritratto di copertina; ora sono soprattutto le “case” (quelle di Bologna e non solo) a costituire i luoghi della storia, meglio dire dell’intreccio di storie.

Bella nella sua semplicità la casa in prima di copertina; in quarta, il silenzio di una panchina vuota in un giardino. Una copertina a due facce che  mi sembra ricollegarsi bene al senso della citazione introduttiva al testo, da Jeanette Winterson, Perché essere felice quando puoi essere normale, che si conclude così “Quando scriviamo offriamo una storia e un silenzio. Le parole sono la parte del silenzio che può essere espressa.”

Leggendo dovremo dunque assumere il silenzio come elemento imprescindibile anche di questa storia, andare “oltre il margine del testo” che ha al centro le relazioni fra l’io-narrante, Marina (“un vulcano d’intraprendenza, un inferno di passioni e di pressioni”, l’ex presidente di Immaginaria, festival del cinema delle donne) e una “sfamiglia”, quel gruppo di personagge che si ricoagula ancora una volta attorno alla sfida posta dal tumore che colpisce Marina: una “squadra” che “voleva che Marina vivesse quanto lo voleva lei e si addensò in un unico organismo molecolare attorno alla materia cerebrale del suo principio attivo: Marina stessa”. “Sarebbe stato necessario entrare in una dimensione diversa da quella sperimentata nella normalità. Nella vita non c’erano finali ma solo confini…Era venuto il tempo della magia. Il nostro compito non era di fare pronostici, non era di stare lì a far girare la clessidra o a fare il conto alla rovescia. Era di vivere il presente, di amplificarne la profondità e la durata.”

Per l’io-narrante significa anche rielaborare ancora una volta la rottura del rapporto con la compagna di una vita affettiva, riscoprire l’importanza di questa figura nella sua vita pur in presenza di un altro legame affettivo con una donna molto diversa dalla prima. “La testa mi diceva che avevo bisogno di entrambe, essendo diametralmente opposte”: un’affermazione sintetica per esprimere la necessità di una pluralità di rapporti, diversi ma importanti. Nel finale del romanzo, che ha una costruzione drammaturgica doe parole e silenzi interrogano, le ultime parole in bocca a Marina stessa “… non esiste un luogo dove non possa raggiungerti” non sono retoriche però esprimono anche questa volta in modo sintetico la forza di un legame.

Lungo le pagine del testo possiamo anche leggere l’autobiografia del romanzo. Citando Louise Bourgeois, “se non si riesce ad abbandonare il passato bisogna ricrearlo. Lo voglio fare anch’io. Lo posso scrivere”, che si precisa con quel “cercherò di scrivere delle cose serie senza rinunciare alla vena comica”.

I due intenti producono dunque un romanzo poliedrico che restituisce anche la storia del gruppo di donne che negli anni novanta avevano dato vita a “Immaginaria”, e delle tensioni personal-politiche che ne hanno determinato la chiusura e poi una quotidianità letta con piacevole ironia o con vena poetica. Un romanzo che sa unire alla profondità di pensiero, sostenuta da spessore culturale dell’autrice, una leggerezza di stile fatta anche di piccoli piaceri del vivere: il gelsomino su una terrazza, i sapori del cibo, l’aroma di un vino, l’ascolto di una canzone, la visione di un film …

Cristina Zanetti, Odissea. Cronache d’incoscienza e di vita estrema. Ed. Cicero, pagg. 286, euro 16