Il 24 maggio finisce una delle più grandi e significative mostre che si sono tenute in Europa negli ultimi decenni: Elles@Centre Pompidou. Artistes femmes dans les collections du Centre Pompidou. La direttrice del centro nazionale d’arte e cultura Pompidou, Agnes Saal, ha fatto sì che a Parigi si iscrivesse un avvenimento culturale tale da segnare il cambiamento nella rappresentazione della storia dell’arte. Per decenni le artiste nonostante l’esplodere del femminismo negli anni Settanta sono rimaste sotto traccia, invisibili e quindi, per i più, inesistenti. La volontà di costruire {{un progetto in controtendenza}} ha portato il Centro ad acquistare, negli ultimi anni, opere di artiste di tutto il mondo, per lo più sconosciute ad un largo pubblico.

Così, quasi {{il quaranta per cento delle opere esposte in questa mostra sono state comprate a partire dal 2004}}. Una operazione, non improvvisata ma costruita con determinazione nel tempo. Più del cinquanta per cento delle autrici presenti alla mostra fanno ormai parte della collezione del Centro.

Migliaia e migliaia di visitatrici e visitatori hanno potuto seguire un percorso che si snoda attraverso {{sette sezioni tematiche}} dal titolo accattivante: {Pioniere}, dedicata alla donne “moderne”; {Fuoco a volontà}, con le artiste contemporanee; {Corpi slogan}, sulle rappresentazioni del corpo e gli stereotipi di genere; {Eccentrica astrazione}, con l’opera di donne come Louise Bourgeois e Vera Molnar, che hanno indagato il rapporto tra l’astrazione e la figurazione con soluzioni originali, tra il concettuale e il sensuale; {Una stanza tutta per sé}, che presenta il rapporto tra donne e lo spazio privato; {La parola all’opera}, arte narrativa e concettuale;{ Immateriali}, che riguarda la smaterializzazione dell’opera d’arte. Sono ben cinquecento i lavori esposti su ventimila metri quadri. Un accadimento che può veramente modificare i comportamenti culturali di chi dirige, in Europa e non solo, spazi pubblici o privati legati al mondo dell’arte.

{{Camille Morineau}} nell’introduzione al catalogo scrive che come l’esplosione della presenza di donne in letteratura –fenomeno ormai riconosciuto da chiunque, non è rappresentata correttamente all’interno dei premi letterari così è successo e succede anche per l’arte. Un comportamento non più sostenibile! Storiche e filosofe, sociologhe e antropologhe, universitarie e giornaliste sono ormai assai numerose e il loro numero non può più essere preso a pretesto per rifiutarne il pensiero e le argomentazioni.

Il discorso ormai si fa generale e non può essere ridotto alla singola opera o ad una particolare autrice. {{Un pensiero, dunque, che si fa Storia}}. Non è un caso che il catalogo si chiuda con un saggio della filosofa {{Rosi Braidotti}} su {Teorie femministe post-umane}. Dopo il declino storico del post-modernismo femminista, dice Braidotti, a causa dello scetticismo radicale e del relativismo cognitivo e morale, il passaggio a una teoria e una pratica femminista post-umana diventa più ricco di significati.

Come dice {{Federica Faretti }}il concetto di post-umano ha come perno l’assenza di differenza o demarcazioni tra uomini e macchine e in generale tra organismo cibernetico e organismo biologico E’ quindi pensabile una trasformazione dell’umanità tramite lo sviluppo delle biotecnologie e delle nanotecnologie. Nell’articolazione di questo pensiero Faretti ricorda che {{Hayles}} che difende la corporeità dell’umano e propone un ripensamento dell’articolazione di questo con le macchine intelligenti che tengano conto della corporeità. Bisogna a questo punto ricordare che {{Rosi Braidotti}} in {Metamorfosi} ha proposto un collegamento tra l’orizzonte post-umano e le soggettività nomadiche pensando ad un’etica postumanista della sostenibilità. Sull’argomento Braidotti ha tenuto recentemente delle lezioni a Bologna: [www.women.it->http://www.women.it]

Con questa mostra si è voluto declinare una Storia dell’arte che si inserisca a pieno titolo in quella Storia più generale che vede finalmente le donne non solo protagoniste, ma {{avanguardie di movimenti culturali }}capaci di includere anche ciò che non è stato pre-visto, né pre-vedibile da una consolidata cultura maschile che non riesce a mettersi in discussione. Sono, invece, le poliedriche intelligenze femminili ad essere più sensibili al nuovo e pienamente capaci di decodificarlo per scegliere.

Una Storia, dice {{Camille Morineau}}, che ha permesso di fare un gesto paradossale, quello per cui la differenza di genere diviene la via per arrivare ad un altro concetto d’universalità che spiazza l’unicità del maschile occidentale come unico referente. Si valorizza il meticciato per giungere all’eccellenza.

Così, nella {{mostra allestita al Centro Pompidou}}, pittrici, scultrici, architette, designer, grafiche e fotografe che hanno operato dal XX secolo ai nostri tempi narrano la loro, la nostra storia di cittadine di un mondo che oggi non può non riconoscerci come persone. Percorrendo corridoi e sale si incontrano {{Gisèle Freund}}, e il suo celebre ritratto di Virginia Woolf scattato nel 1939, {{Dorothea Tanning}}, moglie di Marx Ernst, {{Frida Kahlo}}, {{Louise Bourgeois}}, pioniere dell’architettura {{come la francese {{Charlotte Perriand}} (1903) e l’olandese Margaret Kropholler}} (1891) e celebrate archistar contemporanee come {{Zaha Hadid}}.

Chissa se al {{Maxxi di Roma}}, progettato proprio da questa grande architetta irakena, quante e quali opere di donne saranno previste? {{L’inaugurazione avverà il 27 maggio}} per la stampa, mentre il 29 maggio è previsto l’ingresso libero con prenotazione obbligatoria: [www.fondazionemaxxi.it->http://www.women.it]

Tornando al {{Pompidou}} ricordiamo che ci sono anche sette artiste italiane: {{Gae Aulenti, Carla Accardi, Cini Boeri, Anna Castelli-Ferrieri, Carlotta De Bevilacqua, Milvia Maglione e Lella Vignelli}}.
A Parigi c’è stato qualcosa di più di una semplice mostra, c’è stata una sorta di sfida culturale.