Il Forum dei popoli sulla sovranità alimentare, parallelo al Vertice Mondiale sulla sicurezza alimentare promosso dalla FAO (Roma 13-17 novembre 2009), ha rappresentato un evento di estremo interesse, sia per la straordinaria partecipazione che per la chiarezza e determinazione con cui è stata affrontata la “violazione del diritto all’alimentazione” da coloro che ne sono le vittime dirette.Il Forum ha avuto luogo contestualmente al Vertice FAO presso la Città dell’Altra Economia (CAE) di Roma, che nell’occasione era tutto un brulicare di uomini e donne negli abiti fantasiosi delle varie tradizioni; si intrecciavano comunicazioni, appuntamenti, informazioni..la lingua meno diffusa era l’italiano, assente anche dalle traduzioni in cuffia riservate esclusivamente alle lingue inglese, francese, spagnola, testimonianza eloquente di colonizzazioni secolari.

Riportiamo in allegato unaa ricca documentazione (tradotta dall’originale inglese/francese a cura della WILPF- Italia) relativa agli obiettivi e principi del Forum e alle dichiarazioni finali emerse dopo 3 giorni di workshops e plenarie per essere presentate ai Governi del Vertice FAO ( sono in preparazione le versioni italiane delle dichiarazioni finali delle assemblee dei Giovani e delle Donne).

Invitiamo inoltre a consultare il sito www.foodsovereignty.org per una più completa informazione, in particolare per l’elenco dei promotori del Forum (di cui anche la WILPF- Italia è parte)

{{Chi sono i promotori del Forum? A quali principi si richiamano? Quali obiettivi si propongono?}} Le rappresentanze coinvolte riguardano oltre alle organizzazioni della società civile (ONG), tutti i gruppi sociali del sud e sudest del mondo direttamente colpiti dalla fame e dall’insicurezza alimentare: piccoli produttori e contadini, popoli indigeni, pescatori artigianali, pastori, lavoratori rurali e lavoratori addetti alla conservazione degli alimenti, oltre alle donne, ai giovani, ai poveri dei centri urbani.

Tutti devono avere diritto a illustrare la propria condizione in nome del principio del pluralismo, tuttavia la priorità è riconosciuta alle donne, ai giovani, ai popoli indigeni, e alle tematiche relative all’accesso alle risorse e ai modelli di produzione. Quanto agli obiettivi, oltre a incrementare la partecipazione diretta dei gruppi sociali nel rispetto, al loro interno, di un equilibrio tra i generi e tra le regioni territoriali, vi è quello di riuscire ad ottenere l’ascolto dei Governi, delle agenzie dell’ONU, a partire da questo Vertice Mondiale sulla sicurezza alimentare.

{{La vera novità del Forum}} è il filo rosso che attraversa workshops e plenarie: la netta affermazione del {{concetto di “sovranità alimentare”}} in opposizione alla “sicurezza alimentare”ritenuta dai Governi il massimo obiettivo perseguibile.

“ La sovranità alimentare- spiegano nella {{dichiarazione finale}} le 642 persone provenienti da 93 paesi, rappresentanti di 450 organizzazioni (appartenenti ai gruppi sociali sopra menzionati)- comporta la trasformazione dell’attuale sistema alimentare per assicurare che coloro che producono cibo abbiano il controllo e l’equo accesso alla terra, all’acqua, alle sementi, alle zone di pesca e alla biodiversità agricola. Tutti hanno il diritto e la responsabilità di partecipare alle decisioni che riguardano il cibo, come viene prodotto e distribuito…” “…in un mondo in cui gli affamati superano il miliardo di persone… i Governi hanno l’obbligo di fornire aiuti di emergenza, ma ciò non deve ostacolare la sovranità alimentare e i diritti umani…”
{{Il cibo non deve mai essere usato come arma politica.}}

Altro dato degno di essere evidenziato è la {{dichiarazione dell’Assemblea di sostegno al rinnovato Comitato per la Sicurezza Alimentare}} (CFS),( nei confronti del quale alcuni Capi di Stato presenti al Vertice FAO hanno manifestato il proprio impegno), ma anche la raccomandazione che esso “venga messo in pratica”, soprattutto con risorse finanziarie adeguate, ciò che non pare confermato dalla proposta di una Banca Mondiale Globale per l’Agricoltura e la Sicurezza Alimentare “ la cui governance appare non democratica, non trasparente, e destinata a replicare errori del passato. Finchè istituzioni come l’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) continuano a privilegiare gli interessi commerciali invece di coloro che sono marginalizzati e malnutriti, la fame continuerà ad avanzare nel mondo”.

Questa {{visione di un’autentica democrazia sostanziale}} la ritroviamo coerentemente rispecchiata nel documento dei Giovani in cui si rivendica una concezione della ricerca sottratta al controllo delle multinazionali, al punto da dichiarare la propria “non partecipazione” ai forum da queste dominati.
Riguardo al” modello di produzione” i promotori del Forum ribadiscono il proprio convincimento nei confronti di un “modello ecologico di produzione alimentare nel quadro della sovranità alimentare”, il che comporta “ la minimizzazione dello spreco e delle perdite di cibo e non crea i danni causati dai sistemi di produzione industriale”, senza contare che può adattarsi a mitigare i cambiamenti climatici…
Due i presupposti fondamentali:
_ Il controllo delle risorse per produrre l’alimentazione, con priorità riconosciuta al diritto all’acqua
_ Il riconoscimento dei diritti territoriali dei Popoli Indigeni garantiti dagli artt.41, 42 della Dichiarazione dell’ONU, e la garanzia della loro partecipazione nelle decisioni riguardanti le risorse mediante la creazione di un {{gruppo di lavoro con i popoli indigeni nel Cfs.}}

Nelle dichiarazioni finali (cfr.allegati) viene rivendicato con forza{{ il diritto d’accesso all’istruzione superiore , ai}} {{servizi sanitari}} (anche adeguati- assemblea dei Pastori- a comunità nomadi).

L’assemblea dei Giovani si caratterizza in particolare per una forte richiesta (non appare una distinzione tra ragazzi e ragazze) di {{istruzione sull’agricoltura}}, fondata sul principio della sovranità alimentare. E’ peraltro interessante rilevare che pur riconoscendo i progressi fatti nel riformare il CFS, i giovani chiedono, coerentemente con le posizioni espresse, che esso sia rinominato “Comitato per la Sovranità Alimentare”, {{dal momento che la sicurezza alimentare descrive soltanto una situazione fisica}} , cioè nutrirsi 3 volte al giorno, ma {{non pone l’accento sul come e da chi sia prodotto il cibo}}.

Ma ciò che forse sorprende maggiormente noi donne del mondo occidentale, vittime quotidiane della violenza maschile nella versione sessuale, è {{il taglio del documento prodotto dall’assemblea delle Donne.}} Si parte dalla constatazione della “sistematica oppressione attraverso i processi di globalizzazione e di industrializzazione multinazionale dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento resi più intensi dal sistema patriarcale”, eppure non al punto da opporre un rifiuto a “lavorare in sinergia con gli uomini e con i giovani nella lotta per la sovranità alimentare”. Contro quelle “leggi e costumi”responsabili del loro mancato riconoscimento di lavoratrici, di proprietarie, le donne chiedono di “migliorare l’educazione delle donne”, di “ promuovano politiche che includano la partecipazione delle donne nei processi decisionali, che agevolino il conseguimento della parità dei diritti.” Lo chiedono alla FAO, poiché è sul terreno dell’elaborazione di strategie, di programmi e progetti agricoli di sviluppo rurale che queste donne sentono di poter rivendicare un loro protagonismo: “la valorizzazione di quei saperi tradizionali”-esse invocano- che dall’epoca delle società primitive le donne non hanno cessato di esercitare, esperte nella raccolta, nella cernita, nella manipolazione di erbe e sementi al punto da attirare su di sè la diffidenza, la persecuzione, l’oppressione maschile nei secoli…

Esse si propongono la costruzione di {{una rete con rappresentanza nel CFS per “rinforzare la capacità delle donne}}”, ma c’è una richiesta nel loro documento espressa con una determinazione particolare, che non troviamo pari nelle altre dichiarazioni finali, e che dimostra già la loro{{ forza nonché capacità di mediazione}}. Esse chiedono “agli Stati ed ai Governi di fare di tutto per sradicare i conflitti armati per permettere alle donne e alle comunità di accedere alle risorse per la “ sicurezza e la sovranità” alimentare. {{Esigono}} –e anche questa è una peculiarità del documento delle Donne- che sia{{ considerato un crimine contro l’umanità l’utilizzo del cibo come strumento per sanzionare i Governi considerati “non democratici” dalle grandi potenze.}}….

{{ per la WILPF- Italia, Anita Fisicaro e Antonia Sani}}

{{ALLEGATI}}

{{
1. OBIETTIVI E PRINCIPI}} {{del
Forum dei popoli sulla sovranità alimentare, parallelo al Vertice Mondiale sulla sicurezza alimentare promosso dalla FAO}}

{{Principi.}}

Il progetto del Forum coinvolge tutta la gamma di gruppi sociali colpiti dalla fame e dalla insicurezza alimentare, compresi i movimenti sociali, le organizzazioni della società civile, le ONG, soprattutto dei paesi in via di sviluppo, impegnate nello sradicamento della fame e nella realizzazione del diritto al cibo e alla sovranità alimentare.

La priorità è data alle voci dei paesi in via di sviluppo.

Il Forum si propone di rappresentare il pluralismo e l’equilibrio di genere, di regioni e di gruppi sociali.

Ogni gruppo sociale avrà l’ opportunità di realizzare le proprie discussioni tematiche.
La priorità è data ai giovani delle aree rurali, alle donne ed ai popoli indigeni nonchè alle tematiche di accesso alle risorse, ai modelli di produzione.

Dovranno essere ascoltati punti di vista su come affrontare i problemi della fame, della malnutrizione e della violazioni del diritto all’alimentazione.

{{Obiettivi.}}

-Facilitare la partecipazione di donne, di piccoli produttorie contadini, di popoli indigeni, di pescatori artigianali, lavoratori rurali e lavoratori della conservazione alimentare, giovani, poveri urbani, organizzazioni ambientaliste, difensori dei diritti umani, ONG e altre organizzazioni della società civile impegnate per il diritto al cibo e per la sovranità alimentare.
– Essere sicuri che le loro voci siano ascoltate nell’ambito del Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare.
-Chiedere l’impegno dei governi e delle agenzie dell’ONU per sradicare la fame e la malnutrizione, la realizzazione del diritto al cibo e alla Sovranità Alimentare dei popoli.

-Rinforzare le alleanze e il dialogo sulle cause della fame nel mondo e delle crisi alimentari.
– Lavorare per una comprensione condivisa dei cambiamenti e delle soluzioni richieste e per una agenda di azioni.

{{2.
LA DICHIARAZIONE FINALE}} , {{presentata il 17 novembre alla FAO durante il Vertice Mondiale sulla sicurezza alimentare.}}

Noi, 642 persone provenienti da 93 paesi, rappresentanti di 450 organizzazioni di contadini e di produttori famigliari, pescatori artigianali, popolazioni pastorali, popoli indigeni, giovani, donne, popolazioni urbane, lavoratori agricoli, NGO nazionali ed internazionali, ed altri attori sociali, ci siamo riuniti a Roma dal 13 al 17 novembre 2009 , uniti nella determinazione di lavorare per/ e a chiedere la sovranità alimentare in un momento in cui il crescente numero di affamati ha superato il miliardo di persone nel mondo.

La sovranità alimentare comporta la trasformazione dell’ attuale sistema alimentare per assicurare che coloro che producono cibo abbiano il controllo e l’ equo accesso alla terra, all’acqua, alle sementi, alle zone di pesca ed alla biodiversità agricola.
Tutti hanno il diritto e la responsabilità di partecipare alle decisioni che riguardano come il cibo è prodotto e distribuito. I governi devono rispettare, proteggere e realizzare il diritto all’alimentazione, in quanto diritto ad una alimentazione adeguata, disponibile, accessibile, culturalmente accettabile e nutriente.

I governi hanno l’ obbligo di fornire gli aiuti di emergenza. Ma ciò non deve ostacolare la sovranità alimentare ed i diritti umani. Gli aiuti di emergenza devono essere procurati il più possibile a livello locale e non devono essere usati per far pressione sui paesi affinchè accettino gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM).

{{Il cibo non deve mai essere usato come arma politica.}}

Si richiama l’ attenzione sulla violazione dei diritti delle popolazioni , sia degli abitanti di aree urbane, sia di quelle rurali, di coloro che abitino in aree di conflitti armati o sotto occupazione e in situazioni di emergenza. La comunità internazionale deve urgentemente prendere in considerazione le violazioni dei diritti umani come le deportazioni forzate, la confisca e lo sfruttamento da parte di stranieri, di proprietà, di terreni e di altre risorse produttive, la manipolazione demografica ed i trasferimenti di popolazioni.

{{ Chi decide?}}

Dichiariamo il nostro sostegno al rinnovato Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale. Notiamo l’impegno mostrato nei confronti di questo organismo importante nelle Dichiarazioni di alcuni Capi di Stato presenti al Vertice FAO.

Sottolineiamo la fondamentale importanza del rinnovato Comitato sulla Sicurezza Alimentare Mondiale , in quanto il più inclusivo organismo politico internazionale riguardante l’alimentazione e l’agricoltura all’interno del sistema delle Nazioni Unite, ed in quanto organo essenziale in cui il sapere e le prospettive di coloro il cui lavoro quotidiano ha nutrito l’umanità per generazioni siano non soltanto ascoltati, ma anche messe in pratica. Ribadiamo la centralità del Diritto all’Alimentazione come principio guida dei lavori del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale.

Esprimiamo la nostra preoccupazione riguardo al fatto che il CFS non stia ricevendo i finanziamenti adeguati al proprio programma. Raccomandiamo gli stati membri della FAO di sostenere il proprio impegno politico con risorse finanziarie. Notiamo inoltre che molto lavoro è necessario all’interno del CFS per assicurare una coerenza tra i diversi componenti del meccanismo globale istituzionale riguardante l’alimentazione e l’agricoltura.
A questo proposito, siamo estremamente preoccupati per la proposta di una Banca Mondiale Globale per l’Agricoltura e la Sicurezza Alimentare la cui governance appare non democratica, non trasparente, e destinata a replicare errori del passato. Finchè istituzioni come l’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) continuano a privilegiare gli interessi commerciali invece di coloro che sono marginalizzati e malnutriti, la fame continuerà ad avanzare nel mondo.

La società civile ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di riforma del CFS, aprendo uno spazio che intendiamo pienamente occupare in modo efficace e responsabile per fare in modo che le voci degli esclusi continuino ad essere ascoltate nel cuore della governance e del contesto politico decisionale riguardante l’alimentazione e l’agricoltura a tutti i livelli. Tuttavia, mentre valorizziamo il lavoro fatto, e nutriamo grandi aspettative per le future conquiste del CFS, ci impegniamo a monitorarne costantemente il lavoro pe essere sicuri che gli stati membri adempiano al proprio impegno di creare un forte ed efficiente meccanismo di coordinamento a tutti i livelli, con piena responsabilità , che inizi ora a mettere in atto l’impegno di sviluppare un Quadro Strategico Globale per la sicurezza alimentare e la nutrizione.

{{Produzione alimentare ecologica}}

Riaffermiamo che la nostra produzione alimentare ecologica alimenta la grande maggioranza delle persone al mondo, sia nelle zone rurali che in quelle urbane (più del 75%). Le nostre pratiche sono finalizzate a produrre cibo per la gente e non profitto per le multinazionali.
Cibo sano, variato, locale, che raffredda il pianeta.

Ci impegniamo a rafforzare ed a promuovere il nostro modello ecologico di produzione alimentare nel quadro della sovranità alimentare che nutre tutti i popoli compreso quelli che vivono in zone marginali come le piccole isole e le aree costiere, poichè le nostre pratiche danno priorità a nutrire la gente a livello locale, minimizzano lo spreco e le perdite di cibo e non creano i danni causati dai sistemi di produzione industriali. L’agricoltura contadina ha capacità di recupero e può adattarsi e mitigare i cambiamenti climatici.

Tuttavia noi insistiamo affinchè l’alimentazione e l’agricoltura siano escluse dal mercato delle emissioni. Noi difenderemo e svilupperemo la nostra biodiversità nell’ambito dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento di fronte all’aggressiva mercificazione della natura, dell’alimentazione e delle conoscenze, quella biodiversità che è portata avanti dalle Nuove Rivoluzioni Verdi.

Chiediamo una moratoria globale degli OGM.

I governi devono proteggere e regolare adeguatamente il mercato alimentare nazionale. Le nostre pratiche richiedono delle politiche per assicurare la disponibilità alimentare e per garantire salari decenti e prezzi equi. Siamo pronti a discutere nuove strutture legali per sostenere le nostre pratiche.

Chiediamo una nuova concezione della ricerca, che utilizzi metodi partecipativi in grado di sostenere il nostro modello ecologico di produzione alimentare. Noi siamo gli innovatori e ci basiamo sulle nostre conoscenze e sulle nostre abilità. Noi riadattiamo le semenze locali, l’allevamento di bestiame e le specie acquatiche in un clima che cambia. Ci impegnamo a promuovere le ricerche compiute dallo IAASTD ( Valutazione Internazionale delle Conoscenze Agricole, della Scienza e Tecnologia per lo sviluppo). Chiediamo ai ricercatori senso di responsabilità.

Rifiutiamo il controllo delle multinazionali sulla ricerca e ci impegniamo a non partecipare ai forum da loro dominati.

Pubblicizzeremo le nostre innovazioni attraverso i nostri media e promuoveremo programmi di capacity building, di istruzione e di informazione.

Rafforzeremo le nostre reti di produzione alimentare in ambito rurale ed urbano. Costruiremo alleanze all’interno di un Complex Alimentarius, collegando i piccoli produttori, le piccole imprese di trasformazione alimentare, gli scienziati, le istituzioni ed i consumatori, al fine di sostituire l’approccio riduzionistico del Codex Alimentarius. Ci impegniamo a ridurre la distanza tra i produttori ed i consumatori, a rafforzare i movimenti urbani e l’ agricoltura urbana e periurbana. Riabiliteremo il linguaggio relativo all’alimentazione sottolineando il concetto di nutrizione e di diversità nelle diete alimentari che escludono la carne prodotta con sistemi industriali.

{{ Il controllo delle risorse per la produzione alimentare}}

Il furto dei terreni da parte del capitale transnazionale deve cessare. La non proprietà dei terreni ed il furto di terreni agricoli si sono intensificati con la crisi alimentare globale, la deforestazione, il sequestro di fonti di acqua, la privatizzazione delle acque marine e delle zone costiere , la confisca dei terreni e dell’acqua e l’isolamento praticato dalle forze militari di occupazione devono cessare.

In meno di un anno, in Africa, Asia, America Latina ed Europa orientale, più di 40 milioni di ettari di terreno fertile sono stati usurpati grazie a queste trattative commerciali, e la produzione alimentare locale è stata dislocata a favore dell’esportazione.

Chiediamo ai nostri governi e alla FAO che, invece di promuovere investimenti per la grande agricoltura industriale, implementino i cambiamenti strutturali citati nella Dichiarazione della Conferenza Intenazionale sulla Riforma Agraria e sullo Sviluppo Rurale (ICARRD) e nella Dichiarazione dell’ONU sui Diritti dei popoli Indigeni. Il Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare (IPC) deve avere un ruolo cruciale per asicurare l’effettiva partecipazione dei movimenti sociali e delle organizzazioni della società civile.

Domandiamo riforme agrarie complessive che sanciscano i diritti di accesso e di controllo dei territori da parte di individui e di comunità .. Tutti gli stati devono implementare efficaci politiche che garantiscano che le comunità abbiano il controllo di tutte le risorse naturali da cui traggono la propria sussistenza.. Occorre realizzare efficaci meccanismi per risarcire le violazioni a tali diritti. L’ equità di genere e gli interessi dei giovani devono essere alla base delle riforme agrarie e di quelle relative ai bacini acquiferi. Le riforme devono garantire alle donne ed ai giovani uguali opportunità ed uguali diritti sui terreni e sulle ricchezze naturali, nonchè riparare alle discriminazioni storiche ed attuali.

L’accesso all’acqua è un diritto umano. L’acqua deve rimanere un bene comune il cui uso e la cui governance non devono essere soggetti a meccanismi di mercato. Le riforme dei bacini acquiferi devono riconoscere legalmente, proteggere, e far rispettare i diritti collettivi di accesso ed uso dei bacini di pesca e delle risorse marittime da parte delle comunità di pescatori artigianali.

Si deve porre fine alle recinzioni delle vie della transumanza dell’allevamento pastorale, alla espropriazione dei terreni, delle ricchezze naturali e dei territori attraverso le concessioni economiche, le grandi piantagioni, l’ agricoltura industriale e l’acquacultura, il turismo ed i progetti di infrastrutture e di ogni altro mezzo.

Anche la raccolta del cibo è una risorsa importante per le nostre comunità e come tale merita una protezione specifica.

I diritti sul territorio per i popoli indigeni incorporano la natura come essere vivente essenziale per l’identità e la cultura di particolari comunità o popolazioni. Come garantito dallart. 41 e 42 della Dichiarazione dellONU sui Diritti dei Popoli Indigeni, chiediamo alla FAO di adottare una politica per i popoli indigeni, di riconoscere i Diritti Territoriali dei Popoli Indigeni e di assicurare la loro partecipazione nelle decisioni riguardanti le risorse. Chiediamo che FAO e IFAD creino un Gruppo di Lavoro con i Popoli Indigeni nel CFS.

Rifiutiamo i diritti di proprietà intellettuale sulle risorse viventi comprese le sementi, le piante e gli animali. Si devono bandire i monopoli biologici de facto, dove viene reso sterile il seme o l’animale. Terremo le sementi nelle nostre mani. Manterremo lo scambio gratuito e la conservazione delle nostre sementi e dei nostri animali. Valorizziamo le nostre conoscenze tradizionali di pescatori, allevatori, Popoli Indigeni, contadini e sviluppiamole ulteriormente per poter alimentare le nostre comunità in modo sostenibile! Le nostre canzoni e racconti esprimono la nostra visione del cosmo e sono importanti per mantenere la nostra relazione spirituale con la terra.

{{Impegni della società civile.}}

Ci impegniamo ad aumentare il livello di organizzazione, a creare ampie e forti alleanze, a promuovere azioni congiunte, articolazioni, scambi e solidarietà per difendere con forza la nostra sovranità alimentare. Siamo convinti che soltanto la forza delle persone organizzate e la mobilitazione possano adempiere ai cambiamenti necessari, perciò il nostro compito principale è quello di informare, di far crescere la consapevolezza, di promuovere dibattiti, di organizzare e di mobilitare la gente.

Noi donne che abbiamo partecipato al Forum, visto la sistematica oppressione delle donne attraverso i processi di globalizzazione e di industrializzazione multinazionale dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento, intensificati dal sistema patriarcale, ci impegniamo a raggiungere l’uguaglianza negli organismi rappresentativi e decisionali. Chiediamo giustizia di genere, pace e rispetto dei diritti delle donne, compresi i diritti di proprietà comune. I nostri diritti sulle sementi, sulle risorse produttive, i nostri saperi ed i nostri contributi per rinforzare la capacità di ripresa devono essere rispettati, valorizzati e protetti. Alle donne lavoratrici agricole e alle loro comunità si devono assicurare condizioni di lavoro sicure e salari adeguati.

Noi giovani che abbiamo partecipato al Forum riaffermiamo di essere la chiave dello sviluppo e dell’implementazione delle politiche agricole ecologicamente e socialmenet sostenibili. Tutti gli organismi decisionali devono assicurare l’effettiva partecipazione dei giovani. Insistiamo sull’ importanza di ricevere fin da piccoli un’ istruzione formale ed informale nelle pratiche agricole, in quelle della pesca e dell’ allevamento. FAO e IFAD devono dare fondi adeguati per capacity building traininga a tutti i livelli, rivolti ai bisogni dei giovani e delle donne rurali.
Il nostro impegno per la sovranità alimentare comprende la richiesta che il Comitato per la Sicurezza Alimentare si trasformi in Comitato per la Sovranità Alimentare e la richiesta di una moratoria sugli agrocombustibili.

Ci impegniamo ad accettare le nostre responsabilità di mobilitarci dai livelli locali a quelli internazionali nella lotta per la sovranità alimentare. Reclamiamo il controllo e l’ autonomia dei nostri processi di organizzazione e di alleanze e rafforzeremo ulteriormente la nostra reciproca responsabilità valorizzando la ricchezza della nostra diversità nel rispetto delle nostre autonomie. Riconosciamo il ruolo essenziale dell’ lIPC nel facilitare la formazione di alleanze.
Chiediamo la Sovranità Alimentare adesso!!

{{3. LA CARTA SULLA CRISI CLIMATICA dell’Assemblea dei Popoli Pastorali}}

Più di cento rappresentanti delle popolazioni dedite alla pastorizia provenienti dallAsia hanno sottolineato il ruolo cruciale della pastorizia nell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali del pianeta.

Molti scienziati riconoscono che il mondo della pastorizia utilizza le risorse naturali in armonia con la natura e promuove l’integrità ambientale e la conservazione della biodiversità sia nell’allevamento stanziale che in quello nomade.

Responsabili dei cambiamenti climatici sono le politiche dei governi tendenti a sostenere un manipolo di capitalisti ed a promuovere l’industrializzazione.

Noi, popolazioni dedite alla pastorizia, esortiamo i governi a riconoscere l’enorme potenziale della pastorizia come strategia di adattamento in ambienti aridi e inospitali, ed a impegnarsi affinchè usciamo dalla povertà, dai conflitti e dalla degradazione ambientale.

Chiediamo tra l’altro:

-che sia sostenuto il consolidamento delle organizzazioni riguardanti la pastorizia a livello nazionale, regionale ed internazionale, e che siano promossi progetti mirati ad informare le comunità transumanti e nomadi sui loro diritti e sulle legislazioni che li riguardano;

-che, con la piena partecipazione dei popoli nomadi e di altri popoli indigeni, siano adottati a livello nazionale strumenti legali per proteggere i diritti collettivi dei popoli transumanti;

-che sia ratificata la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro riguardante i Popoli Indigeni e Tribali nei Paesi Indipendenti e che siano promosse legislazioni nazionali in linea con tale Convenzione , così come altri rilevanti strumenti internazionali;

-che siano riconosciute e rispettate le nostre leggi, le nostre istituzioni e le nostre leadershiptradizionali, i nostri diritti di proprietà comuni e l’utilizzo delle risorse naturali che noi gestiamo in modo sostenibile, poichè le utilizziamo secondo le stagioni oppure come scorta in caso di disastri climatici o altro;

-che siano adottati adeguati meccanismi di restituzione e di compensazione nel caso che le comunità transumanti abbiano perso l’accesso alle risorse tradizionali;

-che sia riconosciuto il ruolo cruciale dei saperi indigeni e la capacità delle comunità nomadi e transumanti di conservare la biodiversità;

-che siano attuate le condizioni per una pace duratura e per la risoluzione dei conflitti a tutti i livelli;
-che i territori tradizionali siano considerati Aree Conservate dalle Comunità;

-che siano promosse legislazioni internazionali per facilitare la mobilità dei pastori e di altri popoli nomadi che sono tradizionalmente vissuti in più di un paese, e che sia facilitato il libero movimento del bestiame;

-che sia rispettata la mobilità come fonte distintiva di identità culturale, di integrità e di diritti;

-che ci sia il consenso delle popolazioni indigene transumanti prima di ogni iniziativa pubblica e privata che possa influire sull’integrità dei territori tradizionali, sulla gestione delle risorse e sulla natura;

-che sia assicurato l’accesso all’istruzione superiore;

-che siano sviluppati programmi di studio specifici sulla pastorizia e sulle tematiche relative alle comunità transumanti e nomadi, e che siano promossi progetti di ricerca;

-che sia promossa l’istruzione dei bambini nella lingua locale, incorporando elementi della cultura locale e dei saperi indigeni, fornendo scuole mobili o pensionati, se richiesto;

-che siano istituiti per le comunità nomadi servizi sanitari appropriati ed adeguati, comprese cliniche mobili;

-che siano sviluppate strategie e meccanismi per sostenere i popoli dediti alla pastorizia a ridurre l’impatto della siccità e del cambiamento climatico;

-che sia promosso il controllo dei mercati con politiche che prevedono incentivi, sviluppo di infrastrutture, capacity buildinged accesso all’informazione in modo da ottenere condizioni eque nel commercio.