Riceviamo da Carla Cantatore, a nome di un gruppo di donne, una lettera aperta che invita a “provare a rompere quel silenzio” senza il quale molte donne si sarebbero potute salvare e che avvolge tante violenze che non fanno notizia.Quante volte tra noi parliamo della violenza, di quella che uccide il corpo e fa notizia, ma anche di quella che notizia non fa. Quando una donna viene uccisa, solo allora, si scrive col suo sangue e solo allora, sul suo sangue, riceve quell’attenzione che forse, prima, avrebbe potuto salvarla. Quando tra noi parliamo, questo ed altro ci diciamo, ci poniamo domande ipotizzando risposte politiche e strategiche e poi accade.

Parlando tra noi accade, non subito né sempre, ma accade che si interrompa quel silenzio, un silenzio quasi inconsapevole e involontario. Parlandone impariamo l’una dall’altra e impariamo a riconoscere qualcosa che non avevamo avvertito prima o che avevamo semplicemente archiviato e che in tutte, proprio tutte, affiora.

Ricordiamo quella volta che uscendo dal cinema con la mamma, ridendo, le abbiamo detto che vicino a noi c’era {{un signore distratto }} che credeva di grattare la sua gamba e invece grattava la nostra … e la faccia della mamma mentre ci diceva: la prossima volta che c’è un signore distratto avvisami subito. {{Il dottore}} che per auscultare la tata usava il fonendoscopio ma con noi adolescenti poggiava direttamente l’orecchio sul seno che stava sbocciando, e ci sembrava strano ma stavamo zitte. {{L’amico di famiglia}} che al telefono cercava papà e se non c’era ci tratteneva a parlare e ansimava facendo strani versi, ci sembrava poco educato interromperlo e stavamo zitte. Scopriamo di essere state zitte per vergogna o per timore anche su episodi molto più gravi che abbiamo archiviato ma comunque ci hanno lasciato un segno.

{{Parlando tra noi}} comprendiamo che associare le violenze alle varie definizioni dei responsabili come mostri, disturbati mentali, persone in preda a raptus e affette da devianze sia estremamente pericoloso, minimizza e annebbia l’orizzonte della verità.

Parlando tra noi riflettiamo su come {{senza quel silenzio}} forse molte donne avrebbero potuto e possono salvarsi. La violenza che si scatena più bieca quando una donna parla forte contribuisce a rafforzare in molte la paura, a consolidare il timore che induce a quel silenzio.

Parlando tra noi vediamo più chiaro, l’amore che spesso nutriamo per gli aguzzini nostri e spesso delle nostre figlie, il timore del giudizio familiare e di non essere ascoltate e credute, la paura delle ritorsioni minacciate dai molestatori, la vergogna del sentirsi sporcate e quel “sentirsi colpevoli” di essere attraenti e percepite come creature fragili e “a disposizione” che ci viene da lontano sono la prima trappola che genera quel silenzio che troppe volte uccide il corpo e mortifica lo spirito.

{{
Care donne che parliamo tra noi}}, insieme possiamo provare a rompere quel silenzio che noi stesse abbiamo un tempo praticato, raccontandolo oggi.

{{Carla, Marsia, Giovanna, Katia, Maria, Fiorella, Simona, Paola, Maria Luisa e le altre }}