Il governo Berlusconi promette, con il “pacchetto sicurezza” in discussione in Parlamento, di prendere tutti i mostri cattivi che rubano, violentano e spaventano, per rinchiuderli o
mandarli via per sempre. Si tornerebbe alla vita ordinata, sicura dei tempi andati prima di questo esodo biblico di stranieri invadenti.Eppure Maria, Gabriella e tante donne come loro non vivrebbero
tranquille; il loro incubo non è la strada o la notte piena di
assassini; loro, i mostri li hanno dentro casa, ci dormono insieme
persino.
_ La testa del persecutore, sul cuscino vicino, che russa nella
notte, mentre lei spera che non si svegli e non si muove.

La ragazzina
di Niscemi uccisa dagli amici; a Roma, la donna delle pulizie rom,
violentata dal datore di lavoro italiano e via così. Tant´è che la
prima causa di morte per le donne italiane e nel resto del mondo è la
violenza maschile. Le donne vengono maltrattate e uccise per mano di un
uomo, più facilmente il compagno, un conoscente, un famigliare; gli
sconosciuti e gli stranieri sono l´eccezione: l´eccezione che conferma
la regola.

Se è vero che nel corso della loro vita quasi 7 milioni di italiane (32%) sono state violentate o picchiate e non meno di 12 milioni hanno subito torture psicologiche e molestie (compreso lo stalking) è bene sapere che {{negli ultimi 12 mesi ci sono stati
1.150.000 nuovi casi di violenze e 62 donne sono state uccise}}.

Tra le donne che hanno subito violenza, l´ISTAT ci dice che il 17,5% ha subito stupri e violenze sessuali compiuti da conoscenti, amici, familiari, il 70% ha subito stupri e violenze sessuali compiuti da mariti, conviventi e ex, mentre il 10% è stata stuprata da stranieri ed il 2,5% da persone non meglio identificate.

Che cosa fa il governo Berlusconi per aiutare milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche?
_ Ebbene decide di eliminare il Fondo istituito dalla Finanziaria 2008 con 20 milioni di euro per il sostegno alle vittime e la prevenzione.
_ {{I Centri antiviolenza a supporto delle donne maltrattate restano senza i soldi}} che il precedente governo aveva
stanziato.

Ma il massimo rispetto alla reale volontà, del ministro degli interni Maroni, di garantire la sicurezza di cittadini e cittadine lo si scopre vedendo quali reati la legge “sospendi
processi”, per fermare il processo a Berlusconi appunto, va a toccare:
– Maltrattamenti in famiglia,
– Stupro e violenza sessuale,
– Furto
con strappo,
– Omicidio colposo per norme sulla circolazione,
– Omissione di soccorso,
– Porto e detenzione di armi clandestine,
– Usura,
– Traffico di rifiuti e associazione per delinquere,
– Rapina,
– Furto in appartamento,
– Sequestro di persona,
– Immigrazione
clandestina,
– Sfruttamento della prostituzione,
– Reati
informatici,
– Circonvenzione di incapace,
– Detenzione di
materiale pedo-pornografico,
– Falsificazione di documenti pubblici,
– Bancarotta fraudolenta,
– Detenzione di documenti falsi per l´espatrio,
– Aborto clandestino,
– Incendio,
– Incendio boschivo,
– Corruzione giudiziaria.

Tutti reati che prevedono pene inferiori ai 10 anni, ma che sono nello stesso, tempo i più odiosi e quelli che creano allarme sociale.

{{E´ utile per i governanti buttare benzina sul
fuoco della paura}}. e dirigere la percezione dell’insicurezza sociale
dal reddito, dai diritti, dai problemi quotidiani verso la ricerca del
capro espiatorio. E così a{{nche le bambine e i bambini rom e sinti sono
dei possibili pericoli}} a cui prendere le impronte digitali per
difenderli dai loro genitori, dice Maroni, perché non li mandano a
scuola. {{Ma cose c´entra l´obbligo scolastico con le impronte digitali?
}}
Alla paura ed al senso di insicurezza di molti italiani e di molte
donne in particolare il Governo, che ha fatto di questo tema il suo
cavallo di battaglia in campagna elettorale, deve dare risposte
concrete e coerenti: {{non accettiamo che si taglino le risorse né tanto
meno che si usino questi temi come merce di scambio}} per salvare il
premier dai suoi processi personali.
Su questi reati non si tratta, non
si deve accettare nemmeno di parlarne, non nel nostro nome.