“I nomi delle cose” la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica sugli 87,90 di Radio Onda Rossa ha inaugurato il 28 novembre una nuova rubrica dal titolo “Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe” ; di seguito il testo iniziale della prima puntata diffuso da Elisabetta Teghil sulla mailinglist [sommosse]Una settimana fa, il{{ 20 novembre}}, c’è stata{{ la giornata della memoria
contro la transfobia (transgender day of remembrance)}}, istituita a
partire dal 1998 a partire dalla rabbia che c’è stata per
l’assassinio
di Rita Hester, donna trans afroamericana.

Secondo le statistiche di Transgender Europe siamo a {{circa 265
persone
trans uccise nel 2012}}, e più di 800 se consideriamo quelle uccise
negli
ultimi 4 anni. In più c’è da considerare che in questi numeri sono
incluse solo le persone ammazzate, non ci sono quindi i numeri di
tutte
le altre forme di violenza, come pestaggi, aggressioni, stupri e
quant’altro. Il transgenderismo è la condizione per cui l’identità di
genere con cui la persona si percepisce e quella che le viene data
alla
nascita non corrispondono.

Da quanto successo recentemente si è
accesa
un attimo una lampadina: {{l’omofobia e la transfobia dilagano, e ce ne
siamo accorti solo oggi.}} Complimenti! ce l’avete fatta!

Secondo il sottoscritto tutto ciò non può essere combattuto, se
slegato
da ciò che lo genera. E’ anche {{fuorviante parlare di fobie}},
dal momento che l’unica paura è quella del diverso, della diversa, e
banalmente parlando: non è che hanno paura, è che sò stronzi.

L'{{eteronormatività}} dà per scontato che siamo tutte e tutti
eterosessuali; la {{cisnormatività}} che il genere datoci è quello che
realmente è il nostro,
{{la binarietà di genere}} che esistano solo due generi, e che questi
debbano per forza corrispondere a ruoli di genere ben precisi, dove
{{l’uomo è macho e non solo ha potere, è il potere}}; e la donna
dev’essere
sottomessa. Tuttavia, stiamo parlando di forme di oppressione che
hanno
tutte la stessa radice: il patriarcato! e non possiamo
smantellare queste strutture di oppressione senza rimuoverne i
pilastri.

Il patriarcato mette a capo di tutto una figura ben precisa: l’uomo
bianco, etero, cisgender, e coi soldi. {{Per questo il femminismo
dovrebbe
perseguire l’intersezionalità delle lotte}}. L’intersezionalità è il
concetto per cui tutte le nostre lotte sono lotte contro varie
sfaccettature dello stesso sistema socioeconomico, per cui esse si
intersecano, si toccano e a volte, si sovrappongono.

Oggi volevo parlare di alcuni {{parallelismi tra la violenza sulle
donne
e quella sulle persone transgende}}{{r}}.

Innanzitutto, entrambe vengono affrontate mediaticamente con la
stessa
{{violenza del linguaggio}} (dove per linguaggio non si intende solo
quello
scritto o parlato). Praticamente sempre negli articoli dove si parla
di
donne che hanno subito violenza si usano immagini sessualizzate di
donne
picchiate, come se essere picchiate, come se una donna picchiata,
fosse una cosa sexy.

Dall’altra parte, a parte che l’argomento non si affronta
quasi mai, quelle poche volte che viene affrontato, ha{{ una rilevanza
mediatica quasi inesistente}} (d’altronde a chi importa di una trans
picchiata che tra l’altro occupa solo il minitrafiletto di un qualche
giornale?). Per fare un’esempio, nell’ultima settimana una donna
trans è
stata accoltellata a Milano, e una è stata pestata qui a Roma per
aver
chiesto un passaggio. Entrambi gli articoli si riferiscono a loro due
dando loro il maschile e riferendosi a loro come “uomini”. Se non è
questa violenza….

Poi c’è {{l’aspetto politico}}: entrambi i casi vengono trattati come
casi
emergenziali, da combattere con prospettive securitarie e
legalitarie.

Sono significativi in tal senso altri due esempi: la richiesta di un
decreto legge sul femminicidio e di un ergastolo connesso a questo
reato.
Risulta essere privo di senso, dal momento che la violenza sulle
donne
non si può fermare piazzando in galera qualcuno dopo che una donna{{ è già morta}}, quando invece per fermare più concretamente la cosa si
potrebbe fornire più reddito in generale, per consentire alle donne
di
{{avere più autonomia economica e uscire dal loop della violenza}}, senza
dover contare necessariamente su aiuti esterni di centri antiviolenza
che ormai non ricevono più alcun finanziamento e che nella pratica
cessano di funzionare o di esistere. Ah già, dimenticavo che in caso
di
crisi chi finisce prima a casa sono sempre le donne, con la scusa che
tanto loro dovrebbero stare a badare ai figli. Quanta ipocrisia: si
richiede una legge contro il femminicidio senza fare in modo di
evitare
che questo accada.

Sull’altro fronte, {{il vario associazionismo LGBT richiede a gran voce
una legge contro l’omofobia e la transfobia}}. Peccato che anche questo
sia una bella baggianata, perché anche ciò si focalizza sugli effetti
senza andare a cercare e distruggere la causa – e sinceramente dubito
che avrà degli effetti, questa legge. Cercare di risolvere i problemi
chiedendo leggi contro il problema, significa{{ ignorare cosa causa
quel
problema.}} Questi due problemi, hanno la stessa radice, la cultura
patriarcale di violenza e dominio su chiunque non sia uomo, non sia
bianco, non sia cisgender, non sia ricco, non sia etero. E {{come
pretendiamo di risolverli quando l’oppressione che li genera è
sistemica
è istituzionale?}} non è troppo diverso dal chiedere a chi ti picchia
di
smettere di picchiarti. Ovvero: è inutile!

Quella che chiamiamo per comodità transfobia, inizia nel momento in
cui
ti scopri come transgender, quindi una “variante” dove il parametro
di
normalità della società è non esserlo. Prosegue, poi, quando decidi
che
vuoi iniziare{{ il percorso di transizione }} e ti trovi davanti un iter
di
transizione lunghissimo e pieno di step inutili, di psicologi che se
non
ricalchi dello stereotipo macho oppure della donna iperfemminile
allora
non sei trans…e se non ricadi in questa binarietà, beh allora non
esisti direttamente! Inoltre la transfobia è pure quella fatta di
richieste ai tribunali per operarti, come se il tuo consenso di
persona
non bastasse, delle battute imbecilli della gente, del fatto che te
sei
una persona e sui tuoi documenti c’è un’altra persona, che è però
l’unica persona accettata da istituzioni, posti di lavoro, scuola.

La violenza sulle donne comincia nel momento in cui sei femmina e
quindi no, tu quella cosa non la puoi fare, no, tu non esci da sola.
Prosegue con una sessualità che dev’essere sempre fallocentrica,
riproduttiva e in generale sempre ad uso e consumo degli altri,
quindi
mai la tua. {{La violenza è il rosa imposto fin da quando sei in culla}},
le
gonne che ti dicono di mettere, l’imposizione della bellezza, perché
sei
sempre un essere decorativo. E’ {{la società che ti vuole sempre
disponibile,}} a qualunque cosa, ma quando decidi di essere disponibile
secondo i tuoi prezzi e di fare la prostituta, la ritiene una cosa
tremenda e immorale. E quando muori, uccisa da un partner geloso e
possessivo, la violenza è che la giustizia non sarà fatta da te o
dalla
sconfitta della violenza patriarcale, ma da un giudice, l’ennesimo
uomo
che esercita potere, dominio ed altra violenza, perpetuando tutto il
resto.
{{
L’unico modo per fermare tutto questo, non può essere una legge}}. La
legge serve solo ad accantonare, perché non è un problema di fare o
no
una legge, ma di fermare nella pratica tutto questo. A lungo termine
ci
serve {{u}}{{na battaglia culturale e l’abbattimento del patriarcato}}, a
breve
termine la consapevolezza e l’autonomia e l’autodifesa. Il
patriarcato
colpisce, e noi quando lo colpiamo? dobbiamo fare qualcosa, tutte e
tutti.

{{Denis}}

{derailing on gender binaries}