Vogliamo anche che sia tutto un po’ meno doloroso e non perché abortire
risulti più facile, ma perché, che sia per diventare madri o per non diventarlo, Non accettiamo più che il dolore attraversi il nostro corpo di donna per pagare tutte un peccato che ci rifiutiamo di riconoscere come tale: Eva rappresenta il coraggio, la curiosità, l’accesso alla conoscenza e al futuro, la libertà di scegliere, conoscere, ribellarsi… e che ci scomunichino pure tutte!Il corpo femminile ha una propria storia, una storia che è storia soprattutto di una differenza, quella che ogni fatto e ogni avvenimento che quel corpo attraversano mette sempre, fatalmente, in primo piano. I nostri corpi sono corpi “femminili”, la cui subordinazione sociale, culturale, economica e fisica è passata storicamente, almeno fino ai primi del ‘900, come giustificazione e spiegazione di una debolezza de facto che pareva appartenere all’ordine naturale delle cose.

Gravidanza, parto, menopausa e aborto sono gli eventi della vita delle donne che
più profondamente ne hanno simbolicamente segnato, e volutamente motivato, una
condizione secolare e terribile di inferiorità, fino a quando {{le donne stesse non
hanno totalmente sovvertito quest’ordine simbolico e fisico}} di riferimento sia
partendo dalla consapevolezza di una autonomia personale quale quella da sempre
riconosciuta al maschile sia “approfittando” delle enormi trasformazioni che
l’intera società occidentale ha conosciuto negli ultimi decenni, almeno a
cominciare dal secondo dopoguerra, in tema di ampliamento delle conoscenze, di
accesso alle tecnologie, di miglioramento della qualità della vita e di progressi
in ambito medico e sanitario.

Non è affatto casuale che {{nei primi collettivi femministi degli anni ’60 fosse
praticata, come momento politico vero e proprio, la cosiddetta auto visita}} e che
la conoscenza del proprio corpo, della propria sessualità e femminilità,
costituissero passaggi fondamentali verso una presa di coscienza reale di sé, delle
proprie potenzialità e della propria forza.

{{Il discorso sulla salute si poneva come nodo centrale di ogni riflessione
successiva}}, nella convinzione che “partire da sé” avesse proprio il
significato, e il valore, del dover partire da un corpo di donna.
_ Poter dire di no ad un rapporto sessuale imposto dal “dovere coniugale”, poter
pianificare la maternità, potersi occupare dei figli perché desiderati, voluti e
amati o, anche, poter decidere di non diventare madre, interrompendo una gravidanza
o vivendo liberamente la sessualità svincolandola finalmente dalla
procreazione…tutto ciò ha rappresentato per le donne una vera rivoluzione,
soprattutto perché le donne hanno voluto che ad essa si unisse una cosciente {{messa
in discussione radicale non solo dei propri ruoli sociali, culturali ed economici,
ma anche del proprio rapporto con la salute}}, con la medicina e naturalmente con i
medici.

Una “relazione” mai facile quella tra la donna, il suo corpo e il medico,
soprattutto una relazione che non può essere neutra: il movimento delle donne ha
costruito anche, e specialmente, un nuovo rapporto medico/paziente basato sulla
cultura, sulla conoscenza, sul grado di sensibilità di entrambi e sulla
imprescindibile domanda di informazione della paziente.

“{{ {Le donne vogliono che la loro salute sia libera da mistificazioni!} }}”…
… così si esprimevano nella loro introduzione le curatrici dell’Enciclopedia
delle Donne, del 1993, e continuavano:
“non vogliamo più assistere ad un atteggiamento di docile sottomissione alle
indicazioni degli esperti, medici inclusi. Le donne vogliono riappropriarsi del loro
corpo e vogliono decidere in prima persona su tutto ciò che riguarda la loro
salute. I medici sono consiglieri responsabili, a volte abili detective e
specialisti. Ma è la donna che decide”…

Il rapporto delle donne (e degli uomini, naturalmente) con la salute e la medicina
è stato, è e sarà sempre influenzato dai progressi della ricerca medica,
dell’alta tecnologia e soprattutto dagli interessi economici e scientifici delle
grandi case farmaceutiche: la disponibilità di un farmaco abortivo, comunemente
noto come RU486, in alternativa all’aborto chirurgico dovrebbe forse essere letta,
politicamente, non come una conquista da celebrare tout court ma come una ulteriore
possibilità di scegliere e decidere in piena autonomia e consapevolmente,
possibilità che da oggi, 31 luglio 2009, è attuabile anche in Italia.

Molte donne in Europa, utilizzano la pillola RU486, si tratta di circa il 30% del
totale delle interruzioni di gravidanza e, quando interrogate in occasione di studi
di settore, in particolare relativi alla Francia e alla Gran Bretagna, {{tra i
principali motivi della loro scelta non hanno certo indicato la facilità}} che il
Vaticano tanto sottolinea e paventa, e su questo terreno becero rifiutiamo qualsiasi
confronto, {{quanto piuttosto la minor invasività fisica e psicologica}}, e gli
elementi indicati in negativo erano proprio quelli che, giocoforza, caratterizzano
l’intervento chirurgico.

La RU486 permette, come sappiamo, di poter decidere di interrompere una gravidanza
anche senza anestesia totale, senza un’operazione chirurgica, senza un’eccessiva
ospedalizzazione e, naturalmente lo pretendiamo, in totale sicurezza e affidabilità
nonché in strutture pubbliche e secondo trasparenza e rigore.

{{Vogliamo donne informate e consapevoli anche con la RU486}}, e non ostaggio, come
sempre più spesso abbiamo denunciato per quanto riguarda l’applicazione della
legge 194, di medici frettolosi, di burocrazia infinita e punitiva, di tempi
dilatati ad arte, di chiarimenti e spiegazioni dati col contagocce e di
comportamenti e modi sfacciatamente di condanna fin dentro la sala operatoria.

E sì… {{vogliamo anche che sia tutto un po’ meno doloroso}} e non perché abortire
risulti più facile, ma perché, che sia per diventare madri o per non diventarlo,
{{non accettiamo più che il dolore attraversi il nostro corpo di donna}} per pagare
tutte un peccato che ci rifiutiamo di riconoscere come tale: Eva rappresenta il
coraggio, la curiosità, l’accesso alla conoscenza e al futuro, la libertà di
scegliere, conoscere, ribellarsi… e che ci scomunichino pure tutte!

Torino 31 luglio 2009