Agenzia Delt@ – 60 capitoli e 512 pagine per raccontare le vite degli delle immigrati/e in Italia. Quelli che ce l’hanno fatta ad integrarsi nel nostro Paese con la prospettiva di una vita migliore, quelli che ancora stentano a vivere una vita dignitosa, e quelli ancora che la vita l’hanno persa per inseguire un sogno, come le recenti e dolorose tragedie di Roccella Jonica in Calabria e di Vendicari nel siracusano, che con le loro 30 vittime devono costringerci a maggiori sforzi sul fronte dell’immigrazione.Parlano 150 lingue diverse e hanno raggiunto la cifra dei quasi 4 milioni gli/le immigrati/e in Italia (la stima precisa è di 3.690.000), mentre all’inizio del 2006 nell’Europa a 27 gli stranieri erano circa 28 milioni, che si sono aggiunti a tutti quelli immigrati che hanno già ottenuto la cittadinanza. Complessivamente siamo dunque a circa 50 milioni di immigrati. Poco meno di un terzo di tutti gli emigranti del mondo è in Europa.

In Italia la loro presenza rimane ancora abbastanza diffusa per le singole regioni, ma la concentrazione più alta e si registra nelle aree metropolitane di Milano e Roma.
_ Provenienti principalmente da Romania, Marocco e Albania, gli/le immigrati/e rappresentano ormai un fenomeno tutt’altro che marginale che si configura come un aspetto innovativo e qualificante della societa’ italiana.
_ L’Italia, spiega il rapporto, si colloca, con la Spagna, subito dopo la Germania tra i più grandi paesi di immigrazione dell’Unione Europea e, per quanto riguarda l’incremento annuale, i due paesi mediterranei non hanno uguali in Europa, superando in proporzione gli stessi Stati Uniti (che, con una popolazione cinque volte superiore a quella italiana, registrano l’ingresso di un milione di nuovi immigrati all’anno).
_ Le persone coinvolte nelle quote annuali (più del doppio rispetto alle 250.000 dell’anno precedente), insieme alle altre venute in Italia, specialmente per ricongiungimento familiare, hanno portato la popolazione immigrata ad aumentare di un sesto (più di mezzo milione di unità) alla fine del 2006.

Le {{presenze per lavoro e per ricongiungimento familiare}} (92,1% del totale) esercitano congiuntamente un peso molto elevato. La prevalenza di questi motivi sottolinea quanto siano diffusi i {{progetti migratori a lungo termine}}, probabilmente per lo più a carattere definitivo, tra la popolazione immigrata. Solo una volta raggiunta un’accettabile stabilità socio-economica è possibile portare a compimento questo tipo di progettualità realizzando, ad esempio, la costruzione o l’acquisto di una casa, la formazione o la ricomposizione del nucleo familiare, l’impegno educativo nei confronti dei figli.

Rispetto a questi ultimi, il numero di {{nati da entrambi i genitori stranieri}} (56.765 nel 2006) è in crescente aumento, e gli alti livelli di natalità (intorno al 21 per mille) indicano il radicamento delle famiglie e il loro apporto contro l’invecchiamento della popolazione.
_ I nati stranieri costituiscono ormai il 10,3% del totale delle nuove nascite, valore che arriva al 17% in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e scende all’1-2% in quasi tutte le regioni del Sud, ad eccezione dell’Abruzzo.

Il Rapporto segnala il {{consolidarsi delle coppie miste}}, che, se da un lato sono fondamentali nel processo di trasformazione interetnica ed interculturale del nostro paese, dall’altro, essendo una buona percentuale di “comodo”, alimentano un vero e proprio mercato. Circostanza che trova riscontro nel fatto che {{il tasso di separazione delle coppie miste è il doppio rispetto alla media}}.
_ Da qui la richiesta della Caritas di accelerazione della riforma in materia, connessa alla considerazione che, {{attualmente, sei mesi di matrimonio con un italiano valgono più che anni ed anni di regolare residenza}}, in un paese in cui la permanenza continuativa e’ fondata sul lavoro stabile. L’iter di riforma in atto è un’occasione preziosa perché l’Italia recepisca orientamenti più adeguati, da un lato per facilitare l’acquisizione di cittadinanza specialmente da parte di chi e’ nato in Italia (quasi 400.000 minori), fondata sulla condivisione dei valori costituzionali, e dall’altro per scoraggiare i matrimoni di comodo.

Per quanto riguarda le donne, il Rapporto rileva come negli ultimi anni {{la componente femminile sia cresciuta in maniera più marcata di quella maschile}} nella maggior parte delle regioni, anche a seguito delle occupazioni legate ai {{servizi alle famiglie}} o ad altri tipi di attività lavorativa, così che sostanzialmente si è arrivati ad un rapporto paritario tra i sessi.

Il Dossier Caritas/Migrantes, stima la presenza femminile in 1.842.000 unità regolarmente presenti nel nostro paese, pari al {{49,9% del totale degli immigrati}} (7 punti percentuali in più rispetto al 1991) e ciò conferma il costante e consolidato protagonismo femminile nell’attuale processo migratorio.
{{Punte ragguardevoli di “femminilizzazione”}} si registrano in alcune regioni del Sud, come nel caso della {{Campania (61,7%)}} e della {{Calabria (56,8%)}}. Più bassa è invece la percentuale al Nord (48,4%, così ripartito: Nord Ovest 48,6% e Nord Est 48,3%), mentre l’incidenza è superiore al 50% al Centro (54,2%), per raggiungere il 56,8% nel Sud e calare al 49,7% nelle Isole.

Sono {{numerose le nazionalità europee, come anche quelle latino-americane, a prevalente componente femminile}}, e tra di esse spiccano due grandi collettività come quella ucraina (83,6%) e dominicana (73,1%); in Asia va segnalata quella filippina e in Africa la piccola ed antica comunità di Capoverde (76,9%), con un’incidenza ben al di sopra di quella rilevata tra i nigeriani (59,2%).

{{Il tasso di attività delle donne nate all’estero è elevato}}: 58,4% a fronte di poco più del 51% della totalità della popolazione di sesso femminile. Si tratta di una tendenza comune a tutti gli Stati europei.
_ Sugli occupati nati all’estero esse incidono per il 42%: {{più della metà e’ impiegata nel lavoro domestico e di cura alle persone}} (oltre 700 mila secondo le statistiche ufficiali, ma e’ noto che molte lavorano in nero) e questo sbocco monosettoriale (spesso obbligato) non premia la loro professionalità.

Un a{{ltro settore rilevante (1 ogni 10 occupate) è quello degli alberghi e della ristorazione}}. Da un dato Inps relativo al 2004 risulta che la retribuzione annua di una donna immigrata e’ in media di euro 7.136,00 pari al 58,6% di quanto percepito dagli uomini, a sua volta inferiore all’importo percepito dagli italiani.

Le {{donne immigrate risultano anche maggiormente esposte al rischio della disoccupazione}} (in media dell’8,6%). Infatti, se per gli uomini il tasso di disoccupazione e’ di 3,6 punti percentuali più alto di quello complessivo, per le donne la differenza sale a 4,6 punti.