Apprezzo molto il dibattito che si è appena aperto sulla manifestazione di sabato a Roma, che ha già visto diversi comunicati/opinioni piuttosto diversi. Credo sia molto importante ad oggi confrontarsi su questa importante manifestazione e sulle modalità che l’hanno contraddistinta.Parto dall’inizio, ricordando a tutte {{perchè siamo scese in piazza sabato}}, riprendendo dalla convocazione:

{Le donne denunciano le continue violenze e gli assassini che avvengono in contesti familiari da parte di padri, fidanzati, mariti, ex e conoscenti. (…)
La violenza contro le donne non deve essere ricondotta, come si sostiene da più parti, a un problema di sicurezza delle città o di ordine pubblico. La violenza maschile non conosce differenze di classe, etnia, cultura, religione, appartenenza politica.
Denunciamo la specifica violenza contro le lesbiche volta a imporre un modello unico eterosessuale.
Non vogliamo scorciatoie legislative e provvedimenti di stampo securitario e repressivo.
Senza un reale cambiamento culturale e politico che sconfigga una volta per tutte patriarcato e maschilismo non può esserci salto di civiltà.
Scendiamo in piazza e prendiamo la parola per affermare, come protagoniste, la libertà di decidere delle nostre vite nel pubblico e nel privato. Scendiamo in piazza per ribadire l’autodeterminazione e la forza delle nostre pratiche politiche.}

Voglio sottolineare e ricordare queste frasi del comunicato, perchè ho paura che alcune se le dimentichino.

La{{ Prestigiacomo}} e la {{Carfagna}} impellicciate e difese dalle guardie del corpo, oltretutto circondate da giornalisti e fotografi, erano decisamente {{fuori luogo}}. Ricordiamoci che la manifestazione di sabato era {{autorganizzata e perciò di “movimento”.}} Immaginiamo che alla marcia della pace Perugia-Assisi si presentino Larussa o Fini o Berlusconi, il giorno seguente su tutti i giornali sarebbe lo scandalo: i pacifisti sono in realtà violenti e hanno strattonato e cacciato dal corteo il povero Berlusconi mentre veniva intervistato sulle missioni di pace in Iraq e Afghanistan.

Mettiamo che la marcia Perugia- Assisi giunga alla fine e si concentri in piazza, al momento dell’arrivo si ritrovano {{un palco de La7}} che ha seguito tutta la manifestazione in diretta, con sopra D’Alema e Mastella che parlano del giusto rifinanziamento delle missioni “di pace” in Afghanistan e Iraq.
Sarebbe chiaro a tutt* che il concetto di pace messo in campo dai ministri sarebbe ben diverso da quello sceso in strada, in marcia. E tutt* sarebbero delus* dalla strumentalizzazione di quel concetto che i media avrebbero aiutato ad emergere. Non so come la marcia avrebbe reagito, non lo sapremo mai perchè fino ad ora niente di questo è successo.

Nel nostro caso, {{a Roma il 24 Novembre}}, si era deciso che in piazza {{non ci sarebbe stato alcun palco}}, proprio per non reiterare pratiche gerarchiche tipiche delle organizzazioni partitiche, perciò, secondo l’analisi femminista e femminile che conosciamo bene, patriarcali.
E per evitare strumentalizzazioni, perchè era ben chiaro fin dalla convocazione che saremmo scese in piazza anche per ribadire l'{{autodeterminazione}} delle nostre pratiche politiche.

Riporto qui la definizione che {{Wikipedia}} dà di autodeterminazione:
“diritto all’autodeterminazione è il riconoscimento della capacità di scelta autonoma ed indipendente dell’ individuo . Compare come espressione durante gli anni delle lotte femministe. Il movimento delle donne la coniò per significare il diritto di poter scegliere rispetto alle questioni della sessualità e della riproduzione. Rivendicare la totale autonomia della gestione del proprio corpo fu un punto di partenza, che portò a denunciare, ed in parte risolvere, le mille forme di violenza, coercizione e discriminazione subite dal genere femminile, per le errate norme di diritto del tempo e le dinamiche familiari soggette ad una struttura sociale di tipo patriarcale ”

Veniamo al momento in cui i gruppi separatisti che aprivano la manifestazione, come concordato e quindi risaputo da tutt*, indipendentemente, per ora, dalla discussione sul separatismo che ha preceduto e seguirà questa manifestazione, giungono felici e frastornati a {{Piazza Navona}}, dove, secondo le organizzatrici, solo un grande schermo avrebbe dovuto riportare le voci del corteo e quindi le voci di quelle donne spesso, sempre inascoltate. {{Le donne arrivano e trovano un palco, montato da La7, un palco abusivo}}, di cui nessuna sapeva nulla e tutte si chiedono: chi c’è? chi non c’é? Perchè?

{{Da lì all’occupazione del palco passa poco}}, basta che una singola prenda l’iniziativa, perchè è una manifestazione e non un convegno. Ed essendo una manifestazione con una forte e giusta carica di rabbia e indignazione, unita alla gioia e all’entusiasmo, basta poco a dare l’appoggio proprio lì, in quel momento, alle donne salite sul palco. {{A me pare facile da capire.}}

I {{problemi da analizzare}},a mio avviso, sono 5:

{{-}} {{PREPARAZIONE DELL’EVENTO}} La manifestazione è stata bellissima ma ha fin da subito poggiato le sue basi su alcune strutturali ambiguità, partite, a mio avviso, da difetti di comunicazione. Mi spiego: nel 2007, con gli strumenti e le tecniche che ci sono, non è riduttiva un’organizzazione che passa esclusivamente da decisioni votate in una limitata (geograficamente e numericamente) assemblea fisica? Dove mettiamo tutti i passi avanti fatti dalle tecnologie della comunicazione? Dove mettiamo le nuove dinamiche di partecipazione?

{{- GESTIONE DELL’EVENTO}} Riguardo alla preparazione di un evento così partecipato, come è possibile concordare e darsi un’organizzazione unitaria e pacifica senza ricorrere a strumenti avversi alle nostre pratiche, quali servizi d’ordine e cordoni? E’ possibile concordare forme di protesta a una massa eterogenea di pratiche politiche, unite da fini molto simili?

{{- RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI.}} A Bologna è una questione che affrontiamo da tempo e che ha portato anche a piccole conquiste grazie alla gestione personale di alcune donne della loro doppia appartenenza. Nella rete ci sono donne delle istituzioni e la rete ha raggiunto Roma grazie al finanziamento da parte di alcune istituzioni, come la Provincia di Bologna.
La manifestazione ha mostrato un grande bisogno di visibilità da parte di tutte le associazioni che lottano contro la violenza e per la pari dignità delle persone, associato alla richiesta di ascolto. In che modalità possiamo, a livello nazionale, ottenere questo riconoscimento come soggetto politico unitario ed eterogeneo senza piegarsi al concetto patriarcale di rappresentanza gerarchica?
l’episodio del palco televisivo da una parte non aiuta i rapporti con le istituzioni, ed intendo da entrambe le parti, dall’altra apre un problema noto: la presenza femminile nelle istituzioni a livello numerico, ma soprattutto il tema della qualità della politica cosiddetta femminile.

{{- MASS MEDIA}} visto e considerato che la stampa fa il bello e cattivo tempo, indipendentemente da noi, come è possibile rapportarsi con essa? non dimentichiamo che la tv e la stampa sono ancora i mass media per eccellenza, e i giornalisti decidono con le loro scelte le priorità politiche! Ora: vogliamo scardinare questo monopolio? Allora dobbiamo essere presenti ed efficaci anche da questo punto di vista, quindi affidarci alle nuove forme di comunicazione, perciò autorganizzare dirette via web, o inventarsi qualcosa. Non riusciamo e stampa e tv sono ancora i mezzi attraverso cui esprimersi? Allora controlliamo prima durante e dopo l’evento in modo pressante e efficacie le agenzie, mandiamo comunicati, organizziamoci.

{{- SEPARATISMO}} In ultimo affronterò la questione della convocazione separatista, anche se in parte posta in secondo piano dalla presenza maschile lungo tutto il corteo. La stampa, la tv, tante persone, sapevano di una manifestazione DI donne PER le donne. Credo che questo abbaia contribuito a fare credere che sarebbe stata una manifestazione DA DONNE, nel senso dominante e patriarcale del termine. I “fattacci” che riguardano la cacciata delle politiche e giornalist* hanno davvero sconvolto l’immaginario, a giudicare da diversi telegiornali che ho guardato sabato notte, che si sono permessi di dare {{giudizi davvero paternalistici}} rispetto alla condotta delle donne, senza dimenticare {{interventi “maternalistici” e critici fatti da femministe storiche sui giornali}}. Ora, credo che lo stampo separatista abbia contribuito inconsapevolmente a ricreare idee di differenze di genere già ben bene superate dalle teorie queer, anzi, a fare emergere una predisposizione che è comunque presente e radicata nella nostra cultura. Questo, dal punto di vista di un’analisi antopologico-filosofica è uno smascheramento interessante. Ma è anche pericoloso se lasciato intatto, se cioè non si coglie la palla al balzo per riaffermare la costruzione sociale dei generi che sottende alle convinzioni di tutt* riguardo alle differenze sessuali, emersa dai mass media anche in questa occasione. in quel corteo c’erano donne che sono state a Genova, che hanno subito soprusi nelle strade, nelle piazze e, soprattuto, nelle case. {{Ma tutt* si aspettavano che sarebbero state calme, giudiziose e remissive}}. Anche le ministre che hanno accettato i giochi dei mass media, ben consapevoli di aver votato e sostenuto, anzi redatto, leggi e pacchetti contestati dalla Piazza.

Come donne abbiamo dimostrato di essere {{tutte diverse}}, nei modi, nelle relazioni, nelle pratiche, facce, nasi, bocche, parole, trucco e parrucco, ma volevamo dimostrare innanzitutto che queste enormi differenze che contraddistinguono le singole individue, nulla contano in una società e una cultura che le punisce tutte per ciò che hanno sotto le mutande. E le punisce per mano maschile. Ma, vorrei ricordare, il bastone vero e proprio è in mano xy, la cultura che domina non fa distinzioni cromosomiche, la passera della prestigiacomo non basta a renderla una paladina dei diritti femminili, così come la violenza non si ferma dinnanzi alla transessualità, all’omofobia e al lesbismo.

Secondo me questa manifestazione {{non ci divide, ma ci pone di fronte a nuovi interrogativi e a nuovi percorsi}}. E’ stata una scossa, meravigliosa, colorata e forte, che non fallisce se ci porta tutt* al confronto, anche serrato, come il nostro, ma che può dimostrarsi {{una grande opportunità.}}