Davanti all’impietosa trattazione degli esiti violenti delle discriminazioni ottocentesche, uno dei maggiori meriti del libro consista nel “misurare con grande attenzione la distanza culturale e politica da quelle scene di desolante miseria ed emarginazione per comprendere quanto sia stato arduo il cammino verso la conquista dei diritti, non più meramente relegati nella carte e nei codici, bensì trasformati in prassi concrete di vita reale”.{ {{Ottocento romantico e generi. Dominazione, complicità, abusi, molestie}} } è il titolo, quasi omnicomprensivo, dell’ultima riflessione di Fiorenza Taricone sulla durezza dei vissuti femminili in un secolo da lei molto visitato negli studi di genere e nella docenza di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

Antonella Cagnolati, nella Prefazione, accosta l’Autrice “ai narratori veristi e naturalisti” per l’accuratezza e il coraggio con cui affronta i nodi sessisti e discriminatori di un secolo generalmente associato, in Italia, agli entusiasmi del Risorgimento e agli struggimenti del Romanticismo, senza che mai l’analisi e la denuncia della cruda realtà scada in un’aprioristica condanna.

Legati l’uno all’altro con un filo d’Arianna, dominazione, complicità, abusi, molestie sono temi, di stringente attualità, rivisitati nelle matrici arcaiche e nei ribaltamenti simbolici e lessicali, sempre guardando “alla storia con lenti bifocali, una prima volta per capire e per ‘farci insegnare’, una seconda, come in un feed-back, riattraversandola con gli occhi di oggi”.

“Solo così”, suggerisce l’Autrice, “solo scivolando consapevolmente nell’anacronismo” si possono attraversare temi “per la cui definizione non c’era, al tempo, l’attrezzatura mentale né il supporto culturale”, e di cui elenca le concause: “assenza dello Stato, distrazione intenzionale dei ceti possidenti, mancanza di qualsiasi sensibilità evangelica.”

Davanti all’impietosa trattazione degli esiti violenti delle discriminazioni ottocentesche, si concorda con Antonella Cagnolati che uno dei maggiori meriti del libro consista nel “misurare con grande attenzione la distanza culturale e politica da quelle scene di desolante miseria ed emarginazione per comprendere quanto sia stato arduo il cammino verso la conquista dei diritti, non più meramente relegati nella carte e nei codici, bensì trasformati in prassi concrete di vita reale”. E anche nel riflettere su quanto “la meta sia ancora oggi lungi dall’essere pienamente raggiunta.” L’opera si offre, perciò, come metro di misura.

Divisa in sei capitoli (le parole per dirlo; lo statuto dei cosiddetti minori: bambini/e ma anche donne; emancipazione, fatica, obbligo, indipendenza; maternità cosciente e procreazione consapevole; lavoratrici del sesso fra pubblico e privato; amare essere amate: troppo, troppo poco), corredati di un’ampia appendice iconografica, essa affronta, nel primo, alludente al noto testo psicanalitico di Marie Cardinal (Le Parole per dirlo), due temi basilari: la manipolazione del lessico e il coraggio del femminismo.

Sulle orme di Eva Cantarella ({Secondo Natura}), Fiorenza Taricone tratta dei codici sessuali nell’antichità greca e romana, con rimandi a Platone e a Saffo, e del cambiamento del loro significato nella cultura occidentale che “{nell’Ottocento coniò il termine omosessualità con due radici, una greca, omoios, cioè simile e una latina, sexus, a opera del tedesco di origine ungherese Karol Maria Bénkert. Termine che sostituì le altre nomenclature ma non le negatività del portato linguistico}.”
Il coraggio del femminismo ripercorre invece l’impegno delle nostre ave nella penisola pre e post Unitaria, “per diventare soggetti e non più cose”, e “per cambiare i rapporti di forza fra i due generi a partire dalle istituzioni politiche e dalla famiglia.” In merito, l’Autrice sottolinea come l’Ottocento possa diventare una grande occasione d’approfondimento e di confronto “a patto di modificare ottiche tradizionali poiché è assodato che i gender studies siano scanditi da una diversa cronologia.

Per le patriote, il Risorgimento si lega a una cittadinanza tradita che lo Stato unitario non concede; per la generazione successiva, di emancipazioniste e di femministe, segna l’uscita definitiva dalla solitudine individuale prefissata dagli stati civili obbligati, l’organizzarsi nel vasto arcipelago di associazioni femminili, l’alfabetizzazione generalizzata, l’assunzione di uno status di lavoratrici fuori dalle mura domestiche.”

Moltissime le figure femminili rivisitate dall’Autrice che dedica l’ultimo capitolo (amare essere amate: troppo, troppo poco), “più che a spendere parole sull’ambiguità dei sentimenti umani di un genere per l’altro/a, e su quella del materno, indagata per anni dal femminismo movimentista e dai feminist studies successivi” ha ritenuto “utile” far “leggere direttamente ciò che le protagoniste, non sempre con la stessa consapevolezza, hanno scritto.” Testimonianze rare per l’analfabetismo imperante e per la tradizionale incuria e sottovalutazione della produzione femminile, tuttavia parole di “personaggi che sono figure paradigmatiche di tanti aspetti della sentimentalità e delle ambiguità femminili, in relazione alla sofferta storia dei due generi”.

Fiorenza Taricone,
{{ {Ottocento Romantico e generi. Dominazione, complicità, abusi, molestie} }}.
Aracne, 2013;
€ 15,00.