“Il movimento femminista in Italia”, il libro di Fiamma Lussana, è stato presentato a Roma il 25 ottobre scorso in via Caetani presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea da Francesco Barbagallo, Anna Maria Isastia, Francesca Izzo e Francesca Koch. Si tratta del prodotto riuscito di {{una laboriosa ricerca negli archivi del femminismo}} che, dopo un sondaggio ad ampio raggio di esperienze, storie, memorie, offre una {{persuasiva sintesi del movimento nel contesto italiano dal 1965 al 1980}}.

Ha introdotto brevemente la presentazione il Prof. {{Francesco Barbagallo }} dell’Università di Napoli Federico II, riferendo{{ l’importanza del testo anche ai fini della didattica universitaria. }} In effetti, l’intento dichiarato dell’autrice è quello di “colmare il lungo silenzio della storiografia su una materia come il femminismo italiano ancora oggi carica di pensiero, di simboli e di esperienze non raccontate. Perché la ‘rivoluzione’ femminista degli anni che precedono e accompagnano la contestazione degli studenti è stata certo rappresentata in molti modi: letteratura, sociologia, psicoanalisi hanno interrogato e interpretato la sua ricchezza espressiva e le sue multiformi manifestazioni con saggi interpretativi, evocazioni, rievocazioni. Forse nessun altro fenomeno sociale è stato osservato in modo così profondo e originale da saperi tanto diversi. Ma una storia del movimento femminista che dia conto dei suoi caratteri distintivi, della sua complessità e delle specificità territoriali, dei suoi limiti e delle sue contraddizioni, non è stata ancora scritta…..Al fondo della difficoltà di scrivere la storia del femminismo c’è il sovvertimento radicale del modo tradizionale di fare storia da parte delle stesse femministe che, potremmo dire, entrano nella storia loro malgrado…Questo è il paradosso di una storia che ‘parte da sé’..”

L’arco di tempo considerato è quello in cui si sviluppa, con forza prorompente, il cosiddetto{{ “femminismo storico”}} con le sue diverse anime e le sue interne lacerazioni finché, oltre la soglia degli anni ’80, il movimento assumerà un’esistenza più sotterranea, contrassegnata dalla riflessione teorica a più voci.

{{Anna Maria Isastia}}, docente di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, ha ricordato l’epoca non troppo lontana in cui fare ricerca storica significava poter trovare {{qualche traccia di biografie femminili negli archivi soltanto sotto il nome di personaggi maschili.}} Nel suo intervento Isastia ha ripercorso la convincente articolazione temporale adottata da Lussana per collocare la traiettoria del movimento femminista nella storia del paese:
_ 1) una prima fase -{{dal ’65 al ’68-}} fondativa di specificità destinate a durare (affermazione della “differenza” che va oltre le richieste di emancipazione e tutela), in presenza di contaminazioni e fratture col movimento studentesco;
_ 2) la fase successiva, d{{al ’68 alle elezioni politiche del ’76}}, con le mobilitazioni e le divisioni in tema di aborto, lo scontro-incontro con l’UDI;
_ 3) il passaggio cruciale in cui, {{dal ’76}}, molti gruppi affrontano il rapporto con le istituzioni e con la politica: parlamento, partiti, sindacati diventano interlocutori necessari, mentre si acuisce la crisi della sinistra extraparlamentare e la ricerca di intese tra DC e PCI condiziona i tentativi di riforma.

Una interessante osservazione di Lussana è che al miracolo economico relativamente breve ha poi fatto seguito, {{già dai primi anni ’60, una crisi dai risvolti pesanti per le donne}}, malamente mascherata dalla pubblicità in stile “Carosello”.
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L’infelicità esistenziale che è all’origine del primo femminismo}}, e che lo rende incandescente, esprime una rivolta contro l’immagine inventata della donna: la traduzione de {La mistica della femminilità} di {{Betty Friedan}}, del 1963, esce nelle Edizioni di Comunità nel 1964. Un altro aspetto importante è che{{ l’impatto critico del femminismo italiano si esercita nei confronti delle due culture nazionali dominanti, la cattolica e la marxista}}, a cui fanno riferimento due grandi associazioni come il CIF e l’UDI (lo ha sottolineato {{Anna Rossi Doria}}). Il modello politico delle moderne società liberali è invece distante dall’Italia.

I capitoli sul {{“femminismo nell’Italia che cambia” }} percorrono la storia dei collettivi milanesi e romani, gli incontri con le francesi, i due convegni di Pinarella e di Cervia, le spaccature intorno alla pratica del fare, in corrispondenza con le iniziative parlamentari su aborto e violenza sessuale. Un capitolo a parte riguarda l’irrompere del femminismo nella vita sindacale, la nascita del Coordinamento nazionale FLM, i coordinamenti provinciali, i corsi 150 ore delle donne.

Segue{{ una ricostruzione delle esperienze di alcuni gruppi e collettivi}}, da quelli milanesi (DEMAU, Rivolta Femminile, Anabasi, Via Cherubini, Libreria delle Donne di Via Dogana, Via Col di Lana…), a Lotta Femminista, ai gruppi di Ferrara e Bologna, alle Nemesiache di Napoli. Un lungo paragrafo è dedicato al Movimento Femminista Romano e al “Gruppo San Lorenzo di Simonetta Tosi”. Per la sua ricerca Lussana ha consultato gli archivi delle donne oggi disponibili, in particolare l’Archivio del Femminismo presso la Fondazione Badaracco di Milano, il Centro di Documentazione delle Donne di Bologna, Archivia presso la Casa Internazionale delle donne di Roma.

{{Francesca Izzo}} ha impostato la sua presentazione del libro come{{ partecipante al movimento,}} piuttosto che in qualità di docente di Storia delle dottrine politiche all’Orientale di Napoli. E da militante ha subito rilevato {{un tratto paradossale della storia italiana}}: rispetto alla situazione delle donne, il nostro paese è ridotto agli ultimi posti nelle classifiche internazionali, eppure è esistito un movimento così vasto e profondo, molecolare, con le sue particolarità regionali e la polarità Milano-Roma che è un classico della storia italiana, un movimento che ha inciso sulla cultura e il costume. Il femminismo della differenza, la riflessione nell’ ambito della psicoanalisi, avevano una grande carica “non assimilazionista”. {{Da cosa dipende la povertà di oggi? }}

{{Francesca Koch}}, presidente della Casa Internazionale delle donne di Roma, ha definito {{coraggioso il lavoro di Lussana}}, per la difficoltà di dar conto di un’epoca di speranze e di scambi affidati all’oralità. E ora, {{come guardare al futuro? }} Il femminismo è stato agente di trasformazione ma non ha superato le sue interne contraddizioni, e all’opera di smascheramento non è seguita la {pars construens } di un progetto politico. Il periodo trascorso dopo il 1980 pone una serie di interrogativi. Le giovani che frequentano oggi la Casa cercano riferimenti nel lavoro di decostruzione compiuto nei decenni passati, ma il tema che pongono è{{ l’andare avanti nella discontinuità}}. L’interesse per la rappresentanza non è più sentito, la scena è dominata dalla precarietà delle condizioni di vita, dalla diffidenza verso lo stato. Un tratto comune con il femminismo storico è {{l’antiautoritarismo, }} che porta a rifiutare il potere delle leggi sul proprio corpo. Ma c’è anche la sensazione che il benessere, quando c’è, sia costruito sull’ingiustizia economica, il razzismo, le disuguaglianze di classe. E{{ l’ eterogeneità tra le donne è forte}}.

Tra le donne intervenute dal pubblico, qualcuna ha criticato la non sufficiente attenzione per la presenza politica femminile prima degli anni ’60, il ruolo delle elette alla Costituente, l’Udi. Negli straordinari anni ’70 si era sicure di poter cambiare il mondo, ha detto {{Marisa Rodano}}, e per il femminismo legato al ’68 tutto ciò che era venuto prima era sbagliato. Eppure, anni di lotte precedenti avevano portato conquiste che andavano anche oltre l’obiettivo dell’emancipazione.

Per {{Anna Rossi Doria }} le aspirazioni emancipazioniste dell’800 potevano già precorrere certe spinte alla liberazione che sarebbero venute dopo. Il movimento femminista italiano è stato molto importante, anche perché si è posto fin dall’inizio {{nella prospettiva della differenza piuttosto che nella linea dell’egualitarismo.}} Dunque, vale la pena di approfondire {{le peculiarità del caso italiano}}. Peccato che la ricchezza documentaria della ricerca di Lussana non scavi a sufficienza nei rapporti tra il movimento e l’UDI.

Riassumo, poi, {{una mia osservazione}}. Nella vicenda del “Gruppo San Lorenzo” e di Simonetta Tosi hanno contato molto le esperienze del movimento per la salute radicato nel femminismo americano (tradizioni di auto-difesa , self-help, attività del collettivo di Boston…) e quelle di critica della scienza rappresentate, per esempio, da Medicina Democratica. Un mio appunto finale: Lussana non accenna {{al ruolo del Partito Radicale nelle lotte per la liberazione da leggi oppressive (divorzio, contraccezione, aborto…),}} limitandosi a riferire la confluenza nel movimento femminista dell’MLD che si era staccato dal partito.

{{ Fiamma Lussana}}, {Il movimento femminista in Italia}, Carocci, 2012 (pp.243)