A Como, sabato 24 novembre, dalle ore 14.45 alle 15.45, in contemporanea con la manifestazione nazionale di Roma, le Donne in nero di questa città saranno in piazza S. Fedele dove distribuiranno il seguente documento di “donne in lotta contro la violenza sulle donne”.Il 25 novembre è la {{Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne}} voluta dall’Assemblea Generale dell’ONU per illuminare un mondo che con violenze fisiche, psicologiche, economiche e sociali vuole «mantenere l’autorità maschile garantita dal patriarcato» (dal Rapporto annuale dell’ONU sulla violenza contro le donne).

{{Per noi è 25 novembre tutti i giorni}}. Tutti i giorni lottiamo per la pace, per i diritti, per abitare liberamente il mondo. {{Oggi, siamo in piazza insieme a tutte le donne che manifestano a Roma.}}

La violenza maschile contro le donne non ha confini come {{non hanno confini le lotte}} che le donne – vittime di violazioni dei diritti umani a causa di guerre, di regimi totalitari o fondamentalisti, di femminicidi per “amore”, di stupri, di violenze, di discriminazioni – hanno collettivamente elaborato.

{{Le modalità e le pratiche sono differenti}} perché differenti sono i contesti, ma hanno tutte un comune denominatore: la capacità di organizzarsi, di opporsi, di rivendicare le proprie ragioni e di costruire progetti per affermare la forza della vita contro la morte, dimostrando come, anche dopo violazioni e lutti, si possa trovare la forza di resistere e combattere con ancora più determinazione per la libertà e la dignità.
Pur nella diversità, c’è {{un percorso comune}} tra le donne – tra noi donne italiane che viviamo in un contesto di “pace” e le donne che da anni lottano in tutti i luoghi di guerra e dopoguerra – che si basa sull’assunzione di responsabilità, individuali e collettive.

Azioni nonviolente sono in corso in {{Congo}}, dove le donne si oppongono ad un crescendo di violenze sessuali (27.000 stupri lo scorso anno, solo nella provincia di Kivu); in {{Nepal}}, dove il numero delle “intoccabili” che manifestano il riconoscimento dei loro diritti umani aumentano nonostante le reazioni violente della polizia; in {{Zimbabwe}}, dove le coraggiose donne del Women of Zimbabwe Arise trovano insieme il coraggio di opporsi alle violenze e rompere il silenzio che le avvolge; in {{Colombia}}, dove da anni la Ruta pacifica de las mujeres lotta contro femminicidi, violenze e discriminazioni; in {{Afghanistan}}; in {{Iraq}}; in {{Iran}}; …
Queste donne fanno paura e si cerca di metterle a tacere in ogni modo: a bastonate, con la galera, impedendo che i media diano loro voce, come nel caso di {{Ghada Jamsheer, attivista per i diritti delle donne nel Bahrain}}, dove la Corte reale ha vietato a radio, televisione e giornali di riportare le sue parole e anche solo nominarla.

Il problema della violenza maschile sulle donne riguarda da vicino anche i Paesi occidentali e l’Italia. E {{in Italia}}, come altrove, spesso la violenza nasce e si agisce in famiglia. Nel 2006 ci sono stati più omicidi in famiglia, a danno di donne, che morti a causa della criminalità organizzata.
Secondo un rapporto del 2005 curato da Eures ed Ansa, un omicidio su quattro avviene in famiglia. In sette casi su dieci la vittima è una donna. In otto su dieci l’autore è un uomo.
La prima indagine ISTAT interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica, psicologica e sessuale contro le donne, pubblicata nella primavera scorsa, indica che il 70% degli abusi vengono commessi da mariti e compagni (quasi 3 milioni di donne sono state abusate dal marito, dal fidanzato o da un ex partner). Nella quasi totalità dei casi (il 94%), le violenze non vengono denunciate.
Nel corso della propria vita, 6.743.000 italiane hanno subito una violenza fisica o sessuale (1.400.000 hanno subito uno stupro prima dei 16 anni) e altre 6.000.000 hanno denunciato di essere state oggetto di abusi psicologici da parte del partner. Solo nell’ultimo anno, 1.150.000 donne dai 16 ai 70 anni sono state picchiate o abusate sessualmente. Sono stati 74.000 gli stupri riusciti o tentati, 733.000 le violenze sessuali e 568.000 i maltrattamenti fisici.

Secondo la stessa indagine, il 75% delle violenze non è avvenuto in strada, ma è stata agita in casa, solo nel 24,8% dei casi la violenza è avvenuta ad opera di uno sconosciuto. Nonostante ciò, i mezzi di informazione continuano a trattare le violenze come cronaca nera, alimentando il clima di paura e usando strumentalmente i casi di violenze sulle donne da parte di stranieri per far crescere razzismo e xenofobia.

Siamo convinte che le violenze sulle donne da parte degli uomini rendano urgente {{un ripensamento dei rapporti tra i sessi}} e che sia necessaria un’assunzione di responsabilità da parte degli uomini perché si produca un cambiamento. Senza un profondo mutamento culturale non sarà possibile attivare un patto di convivenza tra uomini e donne che tanto gioverebbe al nuovo mondo possibile che vogliamo costruire.

Lottiamo unite perché la liberazione della donna da subalternità, sudditanza e schiavitù è la condizione per rendere libere le nuove generazioni, in Italia come in in ogni Paese del mondo.

{{La violenza sulle donne non è una questione di ordine pubblico}}, risolvibile con logiche securitarie. Aumentando i finanziamenti per garantire una “sicurezza” armata, che ci governa militarizza il territorio con la scusa di “difenderci”. Gli spazi sicuri sono quelli abitati, animati, agiti dentro relazioni liberate e “sicuramente” i luoghi in cui le donne sono libere di scegliere.

{Donne in Nero di Como
c/o Arci, via Anzani 9 Como, tel. 339.1377430, celgros@tin.it, www.donneinero.it}