Dopo 5 anni di guerra in Iraq, le donne sembrano essere fra coloro che hanno subito in misura maggiore le sofferenze inflitte dalla distruzione e dallo stato di guerra civile in cui versa il paese. Strette fra la presenza opprimente delle forze militari straniere e l’irrigidimento dei codici di comportamento dovuto all’affermarsi di tendenze islamiche conservatrici, le donne sono fra le vittime dimenticate di questa guerra di cui ancora non si vede la fineIn occasione della Giornata Mondiale delle Donne del 2004, circa un anno dopo l’invasione dell’Iraq, il presidente americano George W. Bush si rivolse a 250 donne di tutto il mondo, riunite alla Casa Bianca. “Il progresso dei diritti delle donne ed il progresso della libertà sono, in fin dei conti, inseparabili”, dichiarò Bush.
_ Appoggiato dalla moglie Laura, la quale da parte sua applaudì al successo dell’amministrazione nell’ottenere maggiori diritti per le donne afghane, il presidente sostenne che “il progresso della libertà nel Grande Medio Oriente ha dato nuovi diritti e nuove speranze alle donne laggiù”.

Progresso. Nuovi diritti. Nuove speranze. Roba entusiasmante, ma si trattava soltanto di vuote affermazioni. Infatti, {{le donne irachene sono divenute le maggiori perdenti nel disastro seguito all’invasione}}. Se gli uomini hanno sopportato il peso maggiore in termini di violenza armata diretta, le donne sono state particolarmente colpite dalla povertà, dalla malnutrizione, dall’assenza di servizi sanitari e dal crollo delle istituzioni, ed anche dalle interruzioni nell’erogazione dell’elettricità. Quest’ultima, in alcune zone dell’Iraq, è disponibile per appena due ore al giorno.

Oltre {{il 70% dei 4 milioni di persone scacciate dalle proprie case nei passati 5 anni in Iraq erano donne e bambini}}. Molti di loro hanno trovato un rifugio temporaneo presso parenti che hanno diviso con loro il proprio esiguo spazio, ed il poco cibo a disposizione. Molte donne e molti bambini sfollati si sono ritrovati sistemati in edifici pubblici malsani e sovraffollati, con la costante minaccia di essere cacciati.

Nel frattempo, la dilagante violenza politica ha inghiottito anche le donne in Iraq. Le milizie islamiche legate ad alcuni partiti politici al governo, ed i gruppi ribelli che si oppongono sia al governo che all’occupazione, hanno particolarmente preso di mira le donne e le ragazze irachene.
_ {{Un nuovo puritanesimo islamico}} fa sì che le donne subiscano violente pressioni affinché si sottomettano a rigidi codici riguardo al modo di vestire. La libertà personale ed il comportamento sociale vengono “regolati” da attacchi con l’acido (deliberatamente finalizzati a sfigurare i volti della donne “trasgressive”) – solo una delle sanzioni imposte dai nuovi guardiani della moralità nell’Iraq post-Saddam.
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Le uccisioni verificatesi a Bassora nel 2007}} forniscono un vivido esempio della situazione. Secondo uno studio del Comitato della Sicurezza di Bassora, 133 donne sono state uccise l’anno scorso nella città controllata dagli inglesi, o da membri dei comitati di vigilanza religiosa o a causa dei cosiddetti delitti d’onore. Di queste, 79 sarebbero state colpevoli di aver “violato gli insegnamenti islamici”, 47 sono state uccise per salvaguardare il preteso “onore familiare”, e le restanti 7 sono state uccise a causa della loro affiliazione politica. Come ha affermato Amnesty International lo scorso anno, “le donne politicamente attive, coloro che non seguono un rigido codice di abbigliamento, e le donne che lottano in difesa dei diritti umani sono sempre più a rischio di abusi, anche da parte di gruppi armati e di estremisti religiosi”.

L’invasione e l’occupazione dell’Iraq hanno aggiunto ulteriori sofferenze alle donne. _ Mentre i bombardamenti aerei delle aree residenziali sono responsabili della morte di migliaia di civili, molti iracheni hanno perso la vita poiché colpiti dal fuoco delle truppe americane e inglesi. Intere famiglie sono state spazzate via mentre si avvicinavano ad un checkpoint o perché non avevano riconosciuto le aree segnate come proibite.

Oltre all’uccisione di donne, uomini, e bambini innocenti, le forze di occupazione sono anche responsabili di {{altre forme di violenza contro le donne}}. Vi sono numerose testimonianze documentate di aggressioni fisiche ai checkpoint e durante le ispezioni casa per casa. Le forze americane e britanniche hanno anche arrestato le mogli, le sorelle, e le figlie di sospetti ribelli al fine di spingere questi ultimi ad arrendersi. Dati recenti mostrano che le forze americane ed irachene tengono attualmente in carcere migliaia di detenuti (la gran parte dei quali senza alcuna accusa a proprio carico), ed anche quando le donne non vengono arrestate in qualità di merce di scambio per ottenere la resa dei ribelli, esse trascorrono mesi affannosi o addirittura anni nel tentativo di scoprire dove e perché sono stati arrestati e sono tuttora detenuti i propri familiari.

Le donne in Iraq hanno subito discriminazioni e violenze ben prima del 2003. Un radicato patriarcato (soprattutto nelle aree rurali e tribali) e l’estesa repressione di tutte le donne che si opponevano politicamente al progetto baathista di Saddam hanno rappresentato una caratteristica tipica della vita in Iraq negli anni ’60, ’70, e ’80.

Ma vi furono anche alcune sottigliezze che diedero alle donne una relativa libertà. In primo luogo, la sagacia politica di Saddam implicò che egli fu perfettamente in grado di portare avanti una politica di “{{femminismo di stato}}” che allontanò parzialmente il potere patriarcale dai padri, dai mariti, e dai fratelli, per andarlo ad investire nello stato stesso – lo stesso Saddam divenne il padre della nazione. Nella misura in cui ci si teneva lontani da atteggiamenti di opposizione politica, ciò creò 20 anni (a partire dalla fine degli anni ’60) di relativa libertà, almeno per le donne della classe media urbana in Iraq.

Poi, con la crescente militarizzazione dell’Iraq dopo la guerra Iran-Iraq, e con la disfatta nella guerra del Golfo del 1991, Saddam fece una svolta politica iniziando a coltivare l’alleanza con i capi tribali. Quale fu il risultato per le donne? {{Una riaffermazione dei valori tradizionali e conservatori che vide i diritti delle donne usati come merce di scambio}}, ed i loro corpi come depositari dell’onore tribale e familiare.

Mentre si trovava di fronte al suo pubblico femminile nel 2004, il presidente Bush aveva compreso qualcosa di tutto questo? Ne aveva del tutto tenuto conto? Oppure la scellerata mancanza di pianificazione nel periodo post-invasione includeva fra l’altro un punto debole sui diritti delle donne? Forse George e Laura vorranno aggiornarci in proposito.

– {{Nadje Al-Ali}} dirige il “Gender Studies Centre” alla “School of Oriental and African Studies” (SOAS) di Londra; è di origini tedesco-irachene, ed è fondatrice di “Act Together: Women’s Action for Iraq”

{{Titolo originale}}: A blind eye on women, The Guardian