Non voglio essere uguale a chi mi opprime ma voglio impegnarmi per modificare le strutture che determinano l’oppressione. Lo voglio fare non solo perché donna, condannata ad essere secondo sesso a prescindere, ma in quanto essere umano e mi piacerebbe che le donne e gli uomini che vogliono cambiare il mondo agissero questo conflitto e questa rottura.
“Pensano solo ai loro interessi ed al loro tornaconto” “Sono tutti uguali” “La politica è una cosa sporca” “Se ne devono andare tutti”

Nei luoghi di lavoro, al bar, al supermercato, per la strada si ascoltano sempre più spesso queste frasi ripetute all’infinito. E si avvertono perfettamente la collera ed il rancore verso partiti politici ritenuti sempre più lontani, distanti, addirittura nemici.

Non voglio generalizzare né fare di tutta l’erba un fascio perché io non credo che siano davvero uguali, ma la deriva dei partiti politici e la loro separatezza dal mondo reale è sotto gli occhi di tutte e tutti.

Secondo l’articolo 49 della Costituzione Italiana i partiti dovrebbero essere una libera associazione di cittadini che concorrono in modo democratico a determinare la politica nazionale.  
_ La Costituzione dunque delinea in modo incisivo e chiaro la loro funzione strumentale rispetto all’attuazione del principio democratico e della sovranità popolare.

Dovremmo riscoprire e rivitalizzare questa funzione ed insieme ridare alla politica il più alto significato di partecipazione alla vita della “polis” , di azione trasformatrice della realtà e di governo di interessi collettivi.
Negli anni ’70 il movimento delle donne diede corpo alla democrazia e alla politica affermando che “il personale è politico”, oggi, la politica rischia di essere drammaticamente solo un fatto privato.

Credo però che non si possa rivitalizzare la politica e dare sostanze alla democrazia se non riannodano i fili spezzati fra questione democratica e questione sociale.

In questi anni feroci di applicazione ed ora di crisi del modello neoliberista abbiamo visto l’affermarsi di una rappresentanza politica mistificata, ascoltato l’elegia del privato ed osservato la corruzione dilangante.
_ Ed intanto il mercato è divenuto la sola misura dell’esistere (consumatrici e consumatori più che cittadini) ed il lavoro che, pur dentro l’alienazione imposta dai sistemi di poitere dominanti , era divenuto , nella pratica conflittuale, “organizzatore di soggettività individuali e collettive autonome e consapevoli” (in particolare per le donne che attraverso il lavoro hanno avuto la possibilità di iniziare, in ogni parte del mondo un processo emancipatorio se non ancora liberatorio) precarizzandosi ridiventa strumento per l’affermazione di dinamiche competitive, individualistiche che producono conflittualità orizzontale, solitudine, paura del futuro.

Per chi ancora crede possibile un cambiamento non resta che rassegnarsi o scegliere il meno peggio?
_ Il manifesto per un soggetto politico nuovo prova a sottrarsi a questa scelta. Rifiutando di crederla ineluttabile.
_ Prova cioè a rimettere in circolo una speranza: quella di promuovere un “senso comune” nuovo in grado di dare prospettiva politica alla comune volontà di trasformazione dell’esistente.

In un’epoca segnata dalla solitudine e dall’estranazione il manifesto desidera contribuire al formarsi di una rinnovata coscienza di sé e del mondo sia nella sfera materiale e che in quella simbolica, nella realtà oggettiva come in quella soggettiva.

Per tentare questa appassionante impresa il manifesto propone di abbandonare le facili semplificazioni ed invita a studiare, porre e porsi le domande giuste, ricercare risposte adeguate, sperimentare metodologie corrette, darsi regole efficaci, agire pratiche coerenti.
_ E ripartire dai principi, per condividerli e risignificarli alla luce dell’oggi.

Ne voglio sottolineare due: l’eguaglianza e la laicità.

Un’“eguaglianza” però che non si limiti alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma che diviene un processo in grado di “sovvertire l’esistente”. Un principio di eguaglianza che sappia essere organizzatore di pensiero e di politica capace di rivoluzionare le strutture, personali e collettive, che determinano ineguaglianza e asimmetria di potere.

Non voglio essere uguale a chi mi opprime ma voglio impegnarmi per modificare le strutture che determinano l’oppressione. Lo voglio fare non solo perché donna, condannata ad essere secondo sesso a prescindere, ma in quanto essere umano e mi piacerebbe che le donne e gli uomini che vogliono cambiare il mondo agissero questo conflitto e questa rottura.

E poi la laicità. In un’epoca come quella attuale di grandi migrazioni che fanno convivere in uno stesso luogo culture e tradizioni differenti, il principio di laicità diventa essenziale.
_ E lo diventa non solo nel suo più alto significato di separazione fra Stato e Chiesa (intesa come gerarchia) e di distinzione fra secolarizzazione e religiosità ma anche come capacità di abbandono di dogmi, di fanatismo e di fondamentalismo, in particolare religiosi.
_ La laicità dunque come principio di governo della propria vita che rinvia all’autonomia soggettiva e si sostanzia nel potere di autodeterminazione di se stesse e se stessi.

Perché questo possa accadere serve partecipazione. Non una partecipazione formale o generica ma intesa come dimensione collettiva capace di agire il conflitto con la passione per il bene comune.

Un’amica francese dell’iniziativa femminista europea di cui faccio parte dopo l’esito del primo turno delle elezioni francesi, visti gli oltre 6 milioni di voti all’estrema destra del Front National raccolti sooprattutto fra il ceto medio-basso nelle regioni più colpite dalla crisi economica, ricordava l’esigenza di diventare partigiane di beni comuni, alludendo alla necessità di una liberazione, personale e collettiva, dalle compatibilità imposte da sistemi di potere escludenti . E’ una definizione che faccio mia e che propongo anche a voi pochi giorni dopo il 25 aprile.

Mi sembra un buon modo di definirci nel momento stesso in cui qui a Firenze diamo alla luce il “ manifesto per un soggetto politico nuovo” e cominceremo a sentirlo respirare e a vederlo muoversi nelle azioni che decideremo di agire insieme.

Firenze, 28 aprile 2012