Si chianma Harassmap ed è un sito interattivo che raccoglie le segnalazioni di molestie e violenze avvenute per le strade del Cairo che le donne inviano all’organizzazione attraverso e-mail, facebook, twitter, le verifica e poi le traccia come punti dati su una mappa della città. [Harassmap->http://blog.harassmap.org/] offre alle donne un nuovo modo di comunicare la loro paura e frustrazione in una città in cui la penetrazione del telefono cellulare è superiore al 100%.
“La tecnologia consente alle persone di raggiungerci, al di là di tutte queste barriere sociali che esistevano”, dice Rebecca T. Chiao.co-fondatrice del sito, che spiega: “dare alle donne la possibilità di segnalare i loro aggressori dà loro un senso di empowerment, la sensazione di non essere vittime senza voce”.

Ma la visione di Chiao va ben oltre la semplice documentazione e la compilazione di rapporti sugli incidenti. Le sue squadre di volontari/volontarie intervengono in prima persona per salvare le donne in pericolo e incoraggiano i leader della comunità ad fare altrettanto quando assistono a episodi di molestie.
Segnalare inoltre, attraverso adesivi e manifesti, le zone più tranquille per le donne del Cairo.
Il sito promuove le imprese e le aree della città attribuendo un “bollino” di sicurezza ai luoghi sicuri che accolgono le donne e la loro attività.
La strategia di Harassmap è infatti quella di fornire incentivi economici e sociali affinché le persone smettano di ignorare le molestie che le circondano.

“Vogliamo che la gente dica molestie e violenza contro le donne non concordano con i nostri valori, la storia e la tradizione egiziana e che quindi non sranno più tollerate”.

Del resto nel 1960, al Cairo in effetti le donne indossavano minigonne e maniche corte senza temere le molestie sessuali, ma le testimonianze raccolte da Harrasmap indicano che la maggior parte delle molestie è rivolta contro giovani donne che indossano foulard, maniche lunghe e gonne lunghe o pantaloni, e che semplicemente passeggiano all’aperto..
Nessuna donna sembra ormai potersi sottrarre alle molestie negli spazi pubblici del Cairo: né le donne coperte dalla testa ai piedi in abiti neri (abaya) e il viso-veli (niqab) né i gruppi di donne che camminano insieme per la città nonostante la giurisprudenza islamica sia molto chiara sul fatto che un uomo anche solo sbirciando una donna che non sia sua moglie, senza toccarla, si rende colpevole di un peccato, a prescindere da come questa sia vestita.

“Quando abbiamo iniziato, avevamo una visione stereotipata di chi erano le vittime e chi i molestatori” – continua Chiao – “credevamo alle solite scuse offerte da parte delle autorità egiziane, secondo le quali i molestatori sono giovani uomini economicamente svantaggiati o giovani che non possono permettersi di sposarsi, e che non hanno altro sbocco per la loro frustrazione sessuale.
Ma le testimonianze raccolte portano alla luce una realtà spesso molto peggiore: gli aggressori sono, nell’8,5% dei casi gruppi di bambini.
Alcuni hanno appena otto o 10 anni, ragazzini che non ho ancora raggiunto la pubertà, ma che hanno imparato a coalizzarsi contro le donne come una forma di semplice bullismo.
“Tutti gli stereotipi nascono dall’idea che le molestie sessuali siano l’espressione del desiderio sessuale. Questo è sbagliato: si tratta invece di un atto di aggressione, di un atto per rivendicare potere” conclude Chiao.

{{Il Centro per i diritti delle donne egiziane}} (ECWR) ha pubblicato un'[indagine->http://ecwronline.org/blog/2013/01/22/egyptian-woman-conditions-in-2012/] (solo in inglese e arabo) secondo la quale circa l’83% delle donne egiziane e il 98% delle donne straniere presenti nel paese hanno subito una qualche forma di molestia e nel 62% di questi casi si è trattato di una vera e propria violenza sessuale.

Secondo il parere di Azza Suleiman, direttrice del [Centro egiziano per l’assistenza legale alle donne->http://www.cewla.org/] (solo in arabo), la Harass Map è uno strumento utile, ma c’è bisogno di molto tempo per poterne vedere gli effetti positivi. Purtroppo {{sono ancora tante le donne che con la tecnologia hanno molto poco a che fare}} e tante altre sono restie a dichiarare a terzi quanto gli accade, anche quotidianamente; “l’argomento è molto sensibile. La prima volta le donne non parlano, la seconda dicono qualcosa e la terza si aprono” afferma Suleiman.

Harassmap, che ha avuto una {{concessione 300.000 $}} dal Centro per lo Sviluppo Internazionale del Canada (IRDC), ha assunto uno staff di 12 persone, la maggior parte donne e per il momento si sta concentrando sul Cairo; tuttavia Chiao dice di essere stata contattata da persone provenienti da 18 paesi diversi interessate alla configurazione di programmi simili.
Gli ultimi mesi, naturalmente, sono stati momenti di grande cambiamento politico e sconvolgimenti in Egitto , eppure Chiao vede il {{movimento Harassmap come parte di una più grande energia nella società egiziana}}, un momento in cui la gente inizia ad assumersi una responsabilità personale per la loro comunità.

“La gente non si sente più impotente – , dice – sono pronti a esercitare il loro potere in questo momento. In mezzo a tutto il caos politico in corso, questo è qualcosa che lascia ben sperare per il futuro, credo. ”

Nel frattempo sul sito femminista egiziano [nazra.org->http://nazra.org/en/2013/01/testimony-survival-gang-rape-tahrir-square-vicinity] e sul sito [egyptindependent.com->http://egyptindependent.com] giungono notizie di altre violenze sulle donne che manifestavano nei giorni scorsi in piazza.

Un giornalista testimone di un episodio di violenza contro una manifestante dichiara: “Posso dire che, quando i canti familiari risuonavano nella piazza, e i manifestanti gridavano il loro bisogno di giustizia, di un nuovo governo e di una nuova costituzione, mi sono sentito un po’male. Piazza Tahrir e i suoi dintorni non sono solo uno spazio rivoluzionario, ma sono anche il terreno di brutale violenza sessuale.
La piazza è sia un posto in cui la gente domanda dignità per sé sia un posto dove la spoglia violentemente ad altre persone.
Questo fatto, reso più chiaro ieri sera di quanto non lo sia mai stata prima, deve essere affrontato a testa alta. Come ho scoperto, non è possibile farlo da soli, e l’immagine della donna che non ho potuto raggiungere mette a disagio la mia coscienza.
Non è possibile fare molto da soli, ma è possibile fare qualcosa collettivamente.
Venerdì sera circa 100 attivisti sono stati coinvolti in una varietà di ruoli.
Trenta di loro, uomini e donne, si sono riuniti in gruppi, e in piazza hanno cercato di salvare fisicamente coloro che erano state aggredite.
Molti di loro, uomini e donne, sono stati aggrediti sessualmente ess* stess*. Sapevano che questo poteva accadere, e sapevano cosa volesse dire. Lo hanno fatto in ogni caso.
A volte, gli scontri tra gruppi di giovani mascherati e polizia possono sembrare una messa in scena, senza direzione e stereotipata. Per quanto sono espressione di rabbia reale e legittima, spesso sono anche espressioni di machismo adolescenziale, e stupidità.
Gli interventi anti-molestie sessuali sono viscerali, di principio, e senza compromessi. Essi richiedono coraggio reale. Stanno in netto contrasto con l’acquiescenza pratica delle principali forze politiche, che celebramo i loro martiri, e ignorano il lato oscuro della piazza”.

– {{Fonti}}:
– habibi.forumfree.it,
– blogs.edmontonjournal.com,
– womensenews.org,
– theamericanmuslim.org,
– ecwronline.org,
– twitter.com/harassmap,
– egyptindependent.com,
– www.facebook.com/opantish