Roma, 26 novembre 2010 alla Casa internazionale delle donne e 30 novembre alla Camera dei Deputati: due iniziative per la presentazione del rapporto “Donne pace e sicurezza. A dieci anni dalla risoluzione 1325, una prospettiva italiana” curato da ActionAid e Pangea, onlus da anni impegnate nella cooperazione allo sviluppo anche in zone di guerra, a sostegno dell’inclusione delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti e della ricostruzione della pace.

Il 31 ottobre 2000, nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York il Consiglio di Sicurezza adotta all’unanimità la Risoluzione 1325 su “donne, pace e sicurezza” riconoscendo per la prima volta la specificità del ruolo e dell’esperienza delle donne nelle situazioni di guerra e nei processi di pace. Con il Rapporto, ActionAid e Fondazione Pangea vogliono non solo valorizzare il contributo delle donne che lavorano per la pace ad ogni latitudine ma anche offrire uno strumento per la società civile che è impegnata sui temi di genere pace e sicurezza e con le istituzioni alle quali spetta l’applicazione delle risoluzioni dell’Onu.

Il rapporto parte dall’analisi della normativa e dei documenti ufficiali di livello nazionale e internazionale relativi alla Risoluzione, proponendo una indagine comparata di casi-paese e di interventi realizzati sul campo sia a livello istituzionale che a livello non governativo.

Nel 2004 il Segretario generale delle nazioni Unite ha fatto appello a tutti gli Stati perché adottassero strumenti idonei all’implementazione della Risoluzione. Così, mentre le Nazioni unite sviluppavano il loro Piano d’Azione, molti Stati hanno cominciato ad elaborare i loro piani d’azione: ad oggi si hanno una ventina di Piani nazionali.

L’Italia non ha ancora un piano nazionale d’azione, cioè quello che viene individuato come lo strumento che consente la più organica forma di messa in relazione di tutte le strutture, i mezzi e gli obiettivi messi in campo. La seconda parte del rapporto, quella dedicata proprio all’Italia, vuole dunque offrirsi come strumento di sostegno alla richiesta specifica al governo italiano perché venga al più presto elaborato un Piano di Azione nazionale. e alle raccomandazioni alla società civile, al Parlamento nonché alle forze armate perchè a seconda delle loro specificità agiscano per una piena attuazione delle direttive internazionali.

Il rapporto, ricco di dati e riferimenti bibliografici, è segnato fortemente dalla prospettiva che “non ci sono guerre da combattere per porre fine alla violenza contro le donne, né donne passive da liberare attraverso azioni ‘salvifiche'”: “la questione principale non è rendere le guerre più ‘sicure’ per le donne, ma costruire la pace in modo che non ci siano più guerra e conflitto” avendo come “soggetti attivi” le donne.

La presentazione alla Casa internazionale delle donne di Roma si è conclusa con la proiezione del film “Pray the devil back to hell” (in iglese con sottitoli in italiano): film forte, che ha come protagonista il Movimento delle donne della Liberia, artefice nel 2003 del processo di pacificazione e di costruzione di un nuovo stato basato su elezioni libere. Varrebbe la pena riproporlo in altre situazioni ed in particolare nelle scuole.

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