Dalla newsletter dell’Osservatorio sulle discriminazioni “Art. 3” di Mantovaa riprendiamo questo contributo di Maria Bacchi a proposito di un brutto episodio di diritti negati ad una donna albanese da una impiegata addetta allo “Sportello amico” delle Poste.La signora albanese si presenta allo Sportello Amico delle poste per il rinnovo del permesso di soggiorno. L’impiegata gentile le fa notare che manca una marca da bollo e le consiglia di acquistarla dal più vicino tabaccaio.
_ La signora va, acquista, torna al ‘suo’ sportello, ma l’impiegata gentile non c’è più, al suo posto ne trova un’altra che le comunica bruscamente che lo sportello è chiuso (l’ufficio invece è aperto e in quello vicino ci sono ancora utenti in fila).
_ “Non potrebbe farmi la cortesia di inserire la marca da bollo nella busta che è lì?” chiede la signora albanese. “No, non te la faccio la cortesia” risponde sgarbatamente l’altra.

Qualche scambio di battute e la signora albanese, irritata dai modi dell’impiegata, le chiede se per caso non sia razzista. “Sì, sono razzista” è la risposta. E la signora, che non ha potuto chiudere la sua pratica, presenta alle forze dell’ordine un esposto che verrà inoltrato alla Procura.

Del fatto ci dà notizia il 9 luglio un bell’articolo de la {Voce di Mantova}: “{{ {L’impiegata della Posta: sì sono razzista} }}”.

Sul sito di Poste Italiane si legge: “Sportello Amico” di Poste Italiane è un particolare tipo di sportello postale studiato e organizzato per semplificare i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione.
_ Sono 5.740 gli “Sportello Amico”, presenti su tutto il territorio nazionale e sono facilmente identificabili da un volto stilizzato e dalla scritta “Sportello Amico”, “…dagli amici mi salvi Iddio” diceva un vecchio proverbio.

Le questioni sono almeno due. Una la solleva {{Rita Bonizzi}}, della segreteria provinciale CGIL del Sindacato Lavoratori della Comunicazione, che è anche dipendente di Poste Italiane: “Lo Sportello Amico è specificamente abilitato a questi servizi, quindi questo tipo di atteggiamento non è tollerabile. E’ vero che il personale è insufficiente, ma questo non giustifica nulla. Come sindacato vigileremo perché, dopo le necessarie verifiche, siano fatti i dovuti addebiti alla responsabile”.

E ci informa che la notizia le era giunta attraverso una collega testimone dell’accaduto.
_ Anche il direttore di Filiale, il dottor {{Lucio De Vecchi}}, accetta di parlare con noi: “Mi risulta che {{l’impiegata sia stata in qualche modo provocata ma non voglio giustificare niente}}. Abbiamo fatto indagini e abbiamo chiesto giustificazioni scritte all’interessata.
_ A livello regionale verranno valutati i provvedimenti disciplinari da prendere; possono andare dall’ammonizione scritta al licenziamento. Ma escluderei quest’ultima possibilità”.

Chiediamo al dottor De Vecchi come si sono organizzate le poste per accogliere il flusso di immigrati che sono costretti a far ricorso ai loro uffici per il permesso di soggiorno dopo la convenzione col Ministero dell’Interno.
_ Avvertiamo una nota di sconforto nella sua voce: “Da anni non viene assunto nessuno, l’età media è attorno ai cinquant’anni”.
_ {{Nessuno quindi a fare mediazione linguistica tra impiegati usurati dal tempo e dall’inadeguatezza e immigrati}} che, attraverso il loro servizio, si giocano, ora più che mai, il futuro.
_ A volte si organizzano ‘spot’, ci dice il direttore, per presentare specifici prodotti o servizi, e per alcuni giorni sono presenti giovani di madre lingua che comunicano con gli utenti ‘stranieri’.

Ecco, lo spot, l’evento breve ed eclatante che colpisce e sparisce. Questo è di moda fare. {{Questa è la politica mediatica del governo}}. Che invece lavora in profondità per costruire pazientemente pregiudizi, discriminazioni ed esclusioni.

Già un anno fa, sulla newsletter n.7 del 27 luglio 2008, una dirigente sindacale aveva definito {{‘sciagurata’ la convenzione tra governo e Poste italiane del dicembre 2006}}.
_ La situazione si è aggravata quest’anno. Tra l’altro, grazie alle norme previste dal pacchetto sicurezza, ai {{72,29 euro a persona che sono necessari per una concessione o un rinnovo del permesso di soggiorno}} se ne aggiungeranno{{ presto altri 200}}. Versati tramite Poste Italiane.

Una politica vessatoria che è accompagnata da una martellante propaganda mediatica sull’essere sicuri e padroni in casa propria, come se fossero coloro che vengono definiti in tono sempre più sprezzante stranieri la vera minaccia alla tranquillità degli italiani. E così il razzismo cresce, orgoglioso di sé e della propria ignoranza.

{{Autodefinirsi razzisti, e questa è la seconda questione, non fa più scandalo}}; lo si legge sempre più spesso nelle lettere ai direttori dei quotidiani; lo lasciano trapelare, come se fosse una forma di coraggioso anticonformismo, alcuni editoriali giornalistici e dichiarazioni di politici.

L’inaccettabile atteggiamento dell’impiegata di una filiale mantovana di Poste Italiane echeggia le parole del Presidente del Consiglio; che, come ricorda Antonio Stella nel suo bellissimo {{ {L’orda} }}, nel corso di una trasmissione televisiva del lontano 2002 aveva dissertato con Bruno Vespa sulla parola xenofobia (che secondo il dizionario significa odio o avversione indiscriminata verso tutti gli stranieri) chiedendosi “Ma perché questa parola deve avere un significato negativo?”

In effetti grazie anche al suo lavoro la xenofobia sta diventando un valore nazionale, e la denuncia di un immigrato non in regola col permesso di soggiorno un dovere civico.
_ Così come i respingimenti verso i lager libici di donne, uomini e bambini in fuga dalla miseria e dalle guerre pare essere la mission fondamentale di un Ministro dell’Interno che vuole essere cattivissimo contro i “dannati della terra”.

Il nostro Osservatorio si impegna a vigilare e a contrastare la diffusione di questa cultura di odio verso l’Altro e ogni pratica razzista e xenofoba.
_ Per farlo probabilmente dovremo diventare anche assidui frequentatori dello Sportello Amico di Poste Italiane.