Appena apparsa in televisione l’immagine del manifesto pubblicitario di Toscano per la nuova “mini” Unità sono cominciati a rincorrersi sulla mailing list “sommosse” interrogativi un po’ esterefatti del tipo: “è questo il nuovo che avanza?”, “vogliono sempre prenderci per il …?”. Qualcuna ha pensato che forse si volesse alludere alla campagna anti-prostituzione di Carfagna e Alemanno (basta cliccare su Google e viene fuori la “minigonna”): {{una posizione alternativa del giornale?}} Altre hanno evidenziato la contraddizione fra [questo manifesto->http://www.unita.it] e il fatto che {{la direzione fosse in mani di donna}}. Il primo numero della “mini Unità” è molto segnato dalle donne, con un dossier sul lavoro delle donne a firma di Bianca Di Giovanni.

{{Perché Concita De Gregorio ha adottato questa immagine?}} Cosa significa questo fatto per le donne impegnate oggi a costruire la manifestazione del 22 novembre?

“ Su RaiTRe, nel corso
della trasmissione di Corrado Augias [28 ottobre ‘08] – scrive oggi {{Lea Melandri}} – {{Concita De Gregorio ha svelato chi
si cela dietro l’anonimo scorcio anatomico}}, gambe, sedere e minigonna,
da cui affiora il nuovo corso ‘femminile’ dell'”Unità”: è lei stessa,
fotografata nella prospettiva che vorrebbe dare al suo impegno di
‘direttore’ del giornale, cioè, detto con le sue parole, {{“andare al
giornale col mio corpo e la mia testa”}}. Peccato che la testa non si
veda, e il corpo sia ripreso non proprio dal suo profilo più
intelligente!

Ogni giorno la televisione ci insegna che le donne hanno
fatto del loro corpo una ‘risorsa’, ma qui l’uso è decisamente basso, in
tutti i sensi. {{Chi ha ancora il coraggio di sperare che le donne
diventino protagoniste a tutto campo nella vita pubblica?}}

Ho detto più volte che ‘millenni di schiavitù non fanno libertà’, ma ciò
nonostante c’è sempre qualcosa che riesce a stupirmi. Sul razzismo che
pervade radioso e inconsapevole la rappresentazione che le donne danno
di sé, le femministe italiane (anch’io, naturalmente) sembrano
ammutolite. Non si vuole essere censorie o passare per moraliste,
bacchettone. {{La forza iniziale del movimento delle donne è stato
l’analisi critica di tutte le forme di asservimento}}, fisiche, psichiche,
mentali che ognuna riscontrava in sé e che lo sguardo delle altre, anche
impietosamente, metteva a nudo. Adesso usiamo molto {{la parola ‘libertà’,
giustamente la gridiamo nei nostri cortei, ma senza pratiche di
‘liberazione’ dalla subalternità che ci portiamo dentro, resta solo uno
specchio per le allodole.”}}

{{Maria Grazia Campari}} aggiunge: “
La presa di parola pubblica attraverso {{la rivendicazione di libertà che avviene nelle manifestazioni e nei cortei è passo importante ma non decisivo,}} insufficiente a garantirsi responsabilità su di sè e sulla società che produce subalternità introiettata da molte al disegno e alla regola dell’altro.

L’estrema rarità di donne dotate di parola pubblica, la scarsità di pratica politica visibile ed esplicitata fra donne nei luoghi sociali produce assimilazione al maschile anche nei suoi aspetti più volgari: {{parlano le uome e contribuiscono a mettere in scacco le donne}}.

Ciò detto, {{buona manifestazione del 22 novembre a tutte noi}} e augurio che costituisca l’inizio di una ripresa di impegno collettivo a tutto campo”