“Anche in uno Stato più’ militarizzato e poliziesco cose di questo genere possono sempre capitare”’ ha detto Silvio Berlusconi sulla sicurezza, evidenziando come “non si può pensare di mettere in campo una forza tale da evitare il rischio: dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze. Credo che non ce la faremo mai”. (Sassari, 25. 01.2009).
Cos’è peggio? Che il Presidente del Consiglio {{butti sulla}} {{battuta becera}} lo stupro agito contro alcune donne? Che {{si lamenti di non poter risolvere il problema della violenza alle donne}} attraverso un potenziamento del braccio armato della Legge, come se questo fosse l’unica soluzione? Dimenticando ad esempio che basterebbe applicare quella che c’è e garantendo la certezza della pena? E ancora, che la massima carica dello Stato, dopo il Presidente della Repubblica, {{ghettizzi l’atto dello stupro}} nell’ambito della bella ragazza-principessa che va protetta dal principe-guerriero come se l’incolumità fisica, psicologica, economica e sessuale di una donna dipendesse dal suo grado di bellezza, quindi, di preziosità, che la controparte maschile tende inevitabilmente a possedere?

Siamo d’accordo con il Presidente del Consiglio sul fatto che non si può mettere un militare al fianco di ogni donna, né tantomeno militarizzare le donne, come abbiamo letto altrove, affinché si proteggano da sole. Ma siamo d’accordo perché pensiamo che {{blindare le città non è comunque la soluzione}}. E da cosa le dovremmo blindare poi? Dallo straniero cattivo, come se lo stupro avesse una precisa connotazione etnica o, peggio, di razza? Dagli uomini in generale, visto che solitamente apprendiamo dai media di uomini che stuprano donne e non viceversa?

{{Occorre lavorare}} {{sul versante della cultura}}, una cultura realmente ispirata alle pari opportunità fra i generi. Si pensi, ad esempio, che di fatto le donne, specie quelle con contratti atipici, lavorano meno, se si pensa alla maternità, ai permessi per i figli malati o i genitori anziani. Il permanere di una cultura che chiama lavoro la cura della famiglia, ma di fatto non la considera lavoro, è una violenza sulle donne, perché non ne riconosce il valore.

Allo stesso modo, occorre lavorare {{sul versante legislativo,}} potenziando le leggi che già ci sono. Ci riferiamo, ad esempio, ad una Legge sullo Stalking, che i Centri Antiviolenza chiedono da tempo affinché siano finalmente perseguibili i comportamenti persecutori, le attenzioni non richieste, a danno delle donne. E un Piano nazionale che garantisca a tutte le donne maltrattate di ricevere ovunque accoglienza e protezione potenziando, ad esempio, i finanziamenti ai Centri Antiviolenza.

{comunicato stampa, Ravenna 26 gennaio 2009}