Il dominio o l’integrazione della natura sono una allegoria riferibile ad ogni sorta di meccanismo di controllo e sopraffazione. L’ecofemminismo ha rilevato che la natura corrisponde al femminile denigrato e a ogni forma di realtà ghettizzata e sopraffatta mettendo in luce quattro forme di dominio comprendenti: razza, classe, genere e natura.

Spesso si considera una qualsivoglia critica al sistema dominante come una specie di idiosincrasia da parte della ragione a favore della irrazionalità, ma la critica di un sistema basato sul dominio e l’esclusione, non implica l’abbandono di ogni forma razionalità, individualismo e scientificità; piuttosto, propone una loro ridefinizione che tenga conto dai danni causati all’ambiente e all’umanità dall’uso esasperato di categorie ed opposizioni.

La natura nel suo processo di asservimento e svalutazione, è stata vista come: passiva, un non soggetto, una comparsa silenziosa piuttosto che una protagonista di valore, un invisibile sfondo utile ai veri protagonisti costituiti dalla ragione o dalla la cultura delle classi dominanti occidentali, maschiliste e di pelle possibilmente chiara. Le classi rese inferiori, e tra queste includiamo: natura, razza e classe sono una sorta di “terra nullius”, una risorsa priva di scopi propri, di prerogative e significati; pertanto la loro annessione o se vogliamo il loro fagocitamento da parte di ragione, intelletto, classi e razze dominanti costituisce una realtà più che giustificabile.

Ma per chi subisce sottomissione, si trova a sperimentare una dimensione nettamente separata, alienata e sminuita, una sorta di regno sottostante il cui dominio da parte di chi o ciò sta sopra è qualcosa di assolutamente inevitabile oltre che naturale. Muovendoci dalla natura in se e dalla natura delle cose, un tale trattamento è oramai, una sorta di standard nelle culture occidentali dove persino la logica del dualismo è utilizzata in funzione di uno schema concettuale che struttura diverse categorie di potere ed oppressione .

Secondo tale prospettiva anche il corpo umano con i suoi contenuti emotivi viene posto al di fuori del valore attribuito al razionale, e relegato ad una condizione di progressiva svalutazione, in quanto non valore è anche inferiore alla tecnologia e subisce la stessa sorte toccata alla natura.

Ai suoi albori tecnologia si è rivolta alla natura, oggi si rivolge al corpo umano e sviluppa una vera e propria tecnologia del corpo, con una differenza sostanziale; mentre la tecnologia applicata alla natura è servita a salvare energia umana e pertanto il suo costo è stato assorbito dal sistema industriale; la tecnologia applicata al corpo umano invece, non parte dall’interesse da parte del sistema che se ne assume i costi ma è l’individuo stesso a farsene personalmente carico per sostenere per tale trasformazione.

Il processo di tecnologizzazione del corpo viene generalmente descritto come un processo lineare al di fuori di dinamiche e conflitti di potere, di fatto però è un processo politico difficile da rivelare dal momento che coinvolge quei luoghi strategici di rappresentazione sociale che disonestamente fanno passare per naturale ciò che in realtà non lo è mai stato. Disgraziatamente il corpo naturale è costantemente preso di mira e sarà condannato a sparire.

{Testo e opera di Antonella Iurilli Duhamel}