Autosufficienza o autodeterminazione?
Non ho partecipato al corteo perchè il mio lavoro – precario – me lo ha impedito,
tuttavia mi sento di fare alcune considerazioni. Il corteo di sabato ha avuto, secondo come l’ho capito io da una postazione tutt’altro che privilegiata, due meriti grandi. Il primo è stato quello di dimostrare una propria “autonomia politica”, contro la strumentalizzazione
potenziale degli uomini (non invitati) e quella perpetrata dalle donne (presenti,
sia di centrod che di centros).Questo è un risultato che negli intenti delle organizzatrici era ben presente e sembra essere stato condiviso dalle partecipanti.
Il secondo, per quanto riesce a captare la mia sensibilità: l'{{aver in alcuni casi
allontanato uomini dal corteo ha fatto sgranare gli occhi}} alla quasi maggioranza
dei giornalisti/ telegiornali/ analisti politici e via dicendo.
_ Non so se questo
possa essere addotto come dato “sensibile”, ma sembrerebbe aver toccato un nervo
scoperto, creato un fastidio, svelato un non-detto: in qualche modo ho avuto
l’impressione che tutti cercassero o di minimizzare (poche pazze fanatiche) o di
ridicolizzare (robe da anni settanta, superate e sepolte).
Forse anche su questo occorrerà interrogarsi, sul perchè un fatto simile abbia spinto una buona parte dell’opinione pubblica a chiudere velocemente il fatto. Nonostante questo dato che non posso far altro che registrare, continuo a nutrire dubbi {{non sulla legittimità}}
che un genere come quello femminile decida autonomamente di darsi un momento di
mobilitazione in sè e per sè contro la violenza maschile (ci mancherebbe) , quanto
{{ sull’opportunità di questo percorso}}.
Infatti, se è verissimo (qualcuna di noi ha cominciato dai collettivi femministi
delle universitarie) che l’autodeterminazione passa e deve passare da momenti di
rottura e separazione dalle strutture/soggetti oppressori, tuttavia l’aver scelto
quella modalità {{mi è parso da un certo punto di vista una scelta di
autosufficienza e non di autodeterminazione}}.
_ Se fino ad ora, oltre ai legittimi momenti politici di separatismo delle donne, vi
sono state espressioni miste di critica, di opposizione, di rottura contro le
strutture patriarcali, l’aver scelto una sola modalità “sessuata” per scendere in
piazza questa volta, {{mi è sembrata un passo indietro}}.
Non sto a ripetere esperienze che altre probabilmente hanno vissuto, ma è ben
chiaro che esiste un maschile non singolare, non riducibile alla sua differenza
sessuale ma soggettivamente in rottura con essa e con il suo portato di leggi e
dettami autoritari ed impositivi, che da sempre confligge con la violenza
patriarcale.
_ {{Mi sto quindi chiedendo perchè le donne hanno scelto di essere le “supplenti” dei
maschili plurali}}, in quella piazza, pur rivendicando nella piattaforma di
indizione il sacrosanto diritto e la legittima lotta di ogni diverso/a contro la
morale sessuale eteronormata e vaticana imposta dal patriarcato.
Come ho già detto in altri luoghi di donne, credo di trovarmi nella situazione
assurda di dubitare dei miei stessi dubbi. Capisco infatti perfettamente che la
scelta del separatismo ha indubbiamente creato una vera e propria scossa, non solo
simbolica (nella sua ricezione mediatica).
_ Tuttavia, dubito fortemente che il separatismo possa essere l’unica chance che le
donne possono giocarsi in questo contesto.
Tra l’altro, e per finire, mi pongo anche un altro ordine di problemi, il fatto
che la scelta di {{un corteo separatista ha nei fatti allontanato alcune donne}} dalla
partecipazione. Si è creata una situazione di “esclusione”, nella quale sono
finiti gli stessi soggetti che si tendeva a tutelare. Questo mi pare anche
importante da tenere presente nella discussione, poiché spesso mi trovo a dover
tragicamente assistere ad atteggiamenti di donne che sono molto lontani
dall’antiautoritarismo e dalla critica al moralismo.
_ Si esercita autoritarismo
imponendo scelte senza ascoltare le ragioni delle altre, e definendo tali ragioni
come compromesso col nemico: una scelta, quindi, immorale.
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