Questa sposizione di arte tessile contemporanea  visitabile fino al 30 Settembre 2018 è a cura di

. L’artista tessile francese Brigitte Bouquin-Sellès (Angers, 1959) è abilissima nel tessere e annodare il feltro, sua materia di elezione, ma lo fa attraverso una modalità tutta personale e dunque originale. Il suo desiderio sarebbe unire in un unico abbraccio il mondo intero, liberandolo dalle atrocità e dalle guerre che oggi lo affliggono. Per farlo tenta di superare le barriere dell’immagine spingendo il pensiero ad andare oltre l’opera per trovare un altro spazio e un altro tempo. Visivamente il risultato della sua paziente annodatura è voluttuoso ed elegante, ma, a tutti gli effetti, è soprattutto ‘nuovo’.

È infatti innovativo il modo di comunicare senza tela, senza pennelli, senza colori. Il nodo è la sua struttura, come nella migliore tradizione francese delle manifatture Aubusson o Savonnerie, che raccontano storie annodate e tessute a mano. Amando il suo paese Brigitte segue la tradizione che lo contraddistingue: proprio ad Angers è esposta la più grande opera tessile di tutti i tempi, la famosa ‘Apocalisse di San Giovanni’, un racconto biblico lungo 140 metri per 6 metri di altezza interamente tessuto a mano nel medioevo. E così, come si può evincere dalla ventina di lavori esposti a Palazzo Mocenigo, sede del Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, a cura di Chiara Squarcina, l’artista oggi ci propone opere della stessa intensità ma con una concettualità completamente diversa: minimizza infatti la complessità del lavoro con l’essenzialità del bianco, che dà uno straordinario risalto ai suoi arazzi e ne restituisce intatta la filosofia del pensiero.

 

Silvia Fabbri scrive di Chiara Squarcina: “ Con una pazienza da certosino e quasi fuori dal tempo, l’artista annoda e tesse su grandi telai di legno, nel suo studio a Trélazé, stoffe e tessuti reinventando nuovi disegni e composizioni, per lo più astratte o talvolta con forme geometriche e dimenticate. “Nelle mie opere non sento l’arte figurativa e quella astratta come alternative, perché lavoro da sempre sull’idea di raccontare, anche in maniera implicita, una storia o più storie, indipendentemente dalle diverse tecniche che impiego. È importante per me che vi siano connessioni dirette ed emotive tra il pubblico e il mio lavoro.Lavorando su superfici monocrome, a partire dalle lunghe striscie di feltro bianco o ecrù che intesse come pagine bianche su cui apporre segni, crea trame volutamente grosse e ostentate, con nodi e punti tondeggianti che rievocano le antiche tappezzerie medievali e la struttura degli ambienti naturali.”