Paestum, a scuola di politica con il Forum delle Donne. Autodeterminazione, per (ri)costruire la sinistra e i percorsi femministi.
Le soggettività femministe, tanto capillari e radicate nel materialismo dei conflitti quanto silenziate dai media come potere globale, si snodano dentro le pieghe della società del controllo e della paura, in cui siamo sempre davanti a corpi da espellere, normare, controllare e punire.

Si tratta di {{un violento accanimento che passa per i corpi e la vita delle donne}} per poi sferrare l’attacco a tutte quelle soggettività che si affacciano alla storia con la capacità di mettere in discussione certi valori e determinate certezze: i corpi come magma indistinto alla deriva tra le acque del Mediterraneo, i corpi pesanti delle soggettività lgbtq che – con la critica radicale all’istituzione familiare e ad un ordine presupposto naturale – entrano come un macigno dentro il corpo amorfo della politica, i corpi poveri come luoghi delle proiezioni delle insicurezze economiche e sociali, i corpi precari costretti in un perenne transito tra internità ed estraneità, tra centralità produttiva ed esclusione sociale, un’umanità brulicante si muove in una crisi che non è solo economica ma è crisi di civiltà, in cui molteplici sono le contraddizioni come plurali sono i soggetti del cambiamento.

Quattro giorni di intensa riflessione in cui donne con percorsi di vita e saperi diversi si sono confrontate su questioni che sono {{il cuore della politica}}: l’identità come molteplicità incarnata e in divenire, la capacità delle sue istituzioni di esercitare attraverso le politiche di parità un’azione disciplinante in materia di relazione tra i generi che continua a creare gerarchie e divisioni tra le donne stesse (donne native/donne migranti, donne per bene/ donne per male), l’esperienza corporeizzata come fondamento di un nuovo materialismo che si dà attraverso la critica e la decostruzione delle astrazioni androcentriche perpetrate anche dalla “tradizione comunista”, le alleanze come strategie radicali di relazioni con le differenze.

{{L’intreccio inestricabile tra capitalismo e patriarcato}} è inscritto nelle condizioni di vita delle donne determinate da interventi etici che riportano i corpi a meri contenitori biologici, dalla privatizzazione dei servizi, dalla precarizzazione del lavoro, dalla smantellamento dello stato sociale, dal doppio carico del lavoro produttivo sottopagato, squalificante e del lavoro riproduttivo mai riconosciuto, da soluzioni legislative familiste, repressive, sessiste, omofobiche, razziste che recepiscono e alla stesso tempo fomentano tutto ciò che di triviale è sedimentato nella nostra società.

Il prevalere di una concezione liberale dell’autonomia e della scelta in cui l’emancipazione è stata intesa come possibilità opportunistica e individualistica di realizzarsi a livello professionale e sociale, in una società di interessi codificati e dominati dai media e da una politica che si sostanzia nell’intreccio sesso-potere-denaro, si evolve in una sorta di {{emancipazione consumista}} che si sostanzia ad esempio nell’acritica adesione alle tecniche del marketing mass mediatico improntate al sessismo, e il corpo diviene sede stessa della mercificazione.

La possibilità – già in essere – di {{rilanciare pensiero e pratica femminista}} a partire dalle trasformazioni avvenute nella vita delle donne nel quadro di un continuum biopolitico, si connette con la possibilità di costruire percorsi femministi che sappiano rifondare la sinistra {{a partire dal nodo dell’autodeterminazione come condizione materiale d’esistenza}} e la libera scelta per ciò che concerne il proprio corpo, la sessualità, il nascere, il vivere e il morire.

Le condizioni del lavoro precario precludono la possibilità di organizzare i tempi personali, di progettazione, le scelte affettive. Del resto {{l’obiettivo delle riforme del lavoro, della scuola e dell’università è quello di renderci sempre più precarie, rinchiuderci dentro le mura domestiche costrette a dipendere sempre da qualcuno}}; nei giorni di un eterno presente, cogliere il nesso tra rivendicazione del reddito e libertà di scelta è imprescindibile.

Esistono {{gli anticorpi per costruire una sinistra}} non dentro alla crisi della politica ma come reazione alla crisi stessa, e sono nei corpi che resistono quotidianamente ad un capitalismo sempre più pervasivo non solo nella sfera della produzione ma anche negli stessi luoghi della riproduzione sociale. {{Una sinistra d’alternativa senza corpi è una sinistra senza la molteplicità dei soggetti del conflitto}}, incapace di comprendere la complessità del presente e di lavorare in prospettiva per il cambiamento, perché pensare il politico a partire dai corpi significa staccare la questione identitaria dalla questione del soggetto, radicarsi in un materialismo corporeo che ci permette di essere nel qui e nell’ora costruendo giorno per giorno la narrazione di un altro mondo possibile.

E’ necessario ridensificare e costruire relazioni, fuori e dentro Rifondazione, con le donne che ritengono imprescindibile la lotta contro le diverse forme del capitalismo e del patriarcato della nostra contemporaneità.

{Adelaide Coletti, Forum donne Prc

Articolo pubblicato anche su “Liberazione”
09/09/2009}