Ieri, domenica 6 febbraio 2011 un uomo, una donna e un bambino di due anni sono
stati trovati morti nel garage di un condominio in Via della Guardia, nella zona di
Santa Viola, alla periferia di Bologna. Marcello Pistone, 48 anni, di professione guardia giurata, ha ucciso l’ex moglie e
suo figlio di due anni con colpi d’arma da fuoco e poi si è tolto la vita con la
stessa arma. La donna si chiamava Ilham Azounid, era di nazionalità marocchina e
aveva 32 anni.

L’uomo era già stato denunciato per stalking nei confronti della sua ex. A suo
carico, un ordine di allentamento dalla donna. Per anni l’uomo ha perseguitato la
sua ex con avvicinamenti sul luogo di lavoro, insulti e violenze psicologiche.

Ilham Azounid qualche anno fa, mentre era incinta, si era rivolta alla Casa delle
donne di Bologna a causa dei maltrattamenti e delle violenze che subiva da parte del
marito.

La sua storia è purtroppo la storia della difficile separazione da un uomo violento
con il quale si era costruito un progetto di vita. È la difficoltà di interrompere
ed invertire un rapporto di fiducia e amore. È la difficoltà di dover temere il
padre del proprio figlio.

Dopo anni, ritrovare Ilham tra le vittime del femicidio ci riempie di cordoglio,
perché se possiamo aiutare le donne a uscire da situazioni di drammatica violenza
domestica, purtroppo non possiamo proteggerle per il resto della loro esistenza.

La Casa delle donne per non subire violenza tutti gli anni conduce una ricerca sulle
vittime di “femicidio” in Italia: il femicidio è l’uccisione di una donna “in quanto
donna”. Ogni anno sono moltissime le donne che vengono uccise dai loro cari in
ambito di violenza domestica.

Quest’ultima tragedia, avvenuta a Bologna, dimostra come siano da sfatare alcuni
luoghi comuni legati a tale fenomeno.Gli uccisori sono in larghissima maggioranza
gli uomini più vicini alla vittima e non estranei, inoltre la maggior parte delle
donne uccise sono italiane come italiani sono gli assassini. Anche nella maggior
parte degli omicidi di donne straniere.

Questo ennesimo caso conferma inoltre i dati dell’Osservatorio nazionale sullo
stalking: molti dei casi di omicidio sono preannunciati da atti di stalking. La
legge sullo stalking, entrata in vigore nel 2009, è uno strumento di aiuto nella
prevenzione della violenza di genere ma da sola, come dimostrano i fatti, non è
esaustiva. Occorre una calibrata valutazione del rischio per prevenire i casi di
omicidi di donne e bambini/e nell’ambito della violenza domestica.

Relegare all’ambito della responsabilità di un raptus o di una follia individuale
questa escalation significa ridurre la violenza contro le donne a fatto privato,
mentre la Casa delle donne da anni segnala che tali episodi non sono affatto frutto
di singoli raptus ma bensì il portato finale di situazioni emergenziali che
perdurano per molti anni, fino ad arrivare al tragico epilogo.

Rinnoviamo ancora una volta il nostro invito a tutte le donne vittime di violenza a
chiedere aiuto mettendo in campo tutte le risorse e gli strumenti esistenti per
proteggere sé stesse e i propri figli/e.