Greenpeace sta portando avanti una campagna contro l’inquinamento da plastica diventato ormai un problema più che preoccupante. La  plastica galleggiante in mare o riversa in spiagga è solo la punta dell’iceberg di una crisi ambientale devastante: il 94% della plastica che inquina i mari è nascosta ai nostri occhi, sui fondali marini.

Noi non la vediamo, ma gli animali, purtroppo, sì: tartarughe, uccelli marini, balene e delfini fanno i conti con la plastica ogni giorno, la scambiano per cibo, morendo per indigestione o soffocamento. 700 specie animali sono vittime dell’inquinamento da plastica.  Questa è un’emergenza grave, che minaccia la sopravvivenza di animali che dipendono dal mare per vivere, e che in esso invece, trovano la morte.

Da quanto le aziende hanno cominciato a produrre oggetti di plastica non hanno più smesso visto i grandi ricavi che la loro commercializzazione ha comportato e comporta. L’uso di oggetti di plastica si è diffuso con una velocità impressionante anche per il loro basso prezzo  e la loro estrema versatilità. La cosa è diventata virale tanto che vengono usati anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Pensiamo solo agli involucri dei cibi e agli imballaggi di ogni tipo e grandezza. Protezione spesso inutile ed eccessiva. Non possiamo scegliere, non ci vengono  date alternative. Basta entrare in un negozio per capirlo. Questa crisi va risolta partendo dalla fonte. Servono leggi che ne impediscano la produzione.  Riciclare non basta più, ne viene prodotta troppa!

Bisogna fare pressione sulle aziende affinché riducano la produzione di plastica usa-e-getta, dimostrando scientificamente che il riciclo da solo non basta più

Bisogna organizzare brand-audit in tutto il mondo, ovvero attività di pulizia delle spiagge con l’obiettivo di investigare sulle tipologie di plastica che inquinano e sui brand che ne producono di più

Bisogna raggiungere ogni luogo affetto da inquinamento da plastica, anche i più remoti, per monitorare e testimoniare lo stato di salute degli oceani e degli animali.

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