Non è un caso che la prospettiva delle classi “per genere” solletichi l’immaginario di qualcuno, in questa triste fase della nostra storia.{{Giuseppe Zanniello}}, ordinario di didattica e pedagogia speciale a Palermo, dichiarando al [“Corriere della Sera”->http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_10/Maschi_e_femmine_classi_separate_arachi_2f3692ee-3d38-11de-bd09-00144f02aabc.shtml] che «È dimostrato che nelle classi di sole ragazze il livello di apprendimento è migliore» ha dimostrato di non avere particolarmente a cuore i moltissimi altri aspetti della vita sociale e democratica che {{quella microsocietà che è la scuola}} può incarnare e incarna. Sono abbastanza pronta a scommettere che i livelli di apprendimento e la trasmissione dei contenuti disciplinari in una classe che non abbia studenti migranti siano migliori. Ma non mi sognerei mai di appoggiare le deliranti proposte dell’onorevole Cota e sono stata sufficientemente soddisfatta quando ho saputo che dal cosiddetto pacchetto sicurezza era stata{{ espunta la voce relativa ai “presidi spia”}}. E sono sinceramente convinta – come donna, come cittadina, come madre, come insegnante – che la vicinanza con tutto ciò che troppo frettolosamente rubricate con il termine “diversità” rappresenta {{un arricchimento culturale, sociale, etico sul piano individuale}}. Rappresenta persino un investimento economico e collettivo, che si tradurrà in maggiore capacità di convivenza pacifica e civile.

La dichiarazione del prof. Zanniello – alla luce delle malinconiche chine e delle incredibili derive che il nostro paese sta disinvoltamente imboccando quanto a discriminazione e quanto ad accettazione più o meno tacita della ratio della discriminazione – lasciano ancor più disorientati. Il suo è il commento ad una serie di ricerche che dimostrerebbero il sacrosanto dogma del migliore apprendimento in classi divise per genere: {similes cum similubus}. Meglio – dunque – tenerli separati.

È questa la conclusione a cui psicologi, pedagogisti e presidi sono arrivati qualche settimana fa, tirando le somme del [Congresso->http://www2.tecnicadellascuola.it/index.php?id=25665&action=view] della [European Association Single-Sex Education->http://www.easse.org/index.htm] tenutosi a Roma. Tra sessuofobia e competitività maschilista; tra scuola delle discipline e scuola della disciplina; non è un caso che la prospettiva delle classi “per genere” solletichi l’immaginario di qualcuno, in questa triste fase della nostra storia. In cui {{lo spasmodico tentativo di arroccarsi in certezze formali, fittizie, di incasellare sotto etichette vistose e inconcludenti un bisogno patologico di rassicuranti limitazioni}} – dalle ronde al grembiulino, dal voto numerico alle elementari all’ignobile rifiuto di accoglienza ai barconi della disperazione, in un’illusoria, violenta ed arbitraria demarcazione tra bene e male, giustizia e ingiustizia, buoni e cattivi – tenta di {{arginare la perdita del Padre}}. Defunto, morto e sepolto. Abbiamo, casomai, indegno vicario (poveri noi), un “papi” un po’ guascone, scanzonato, mentitore e imbonitore quanto basta per diventare il mito dei Tvfagi.

È un paese folkloristico, il nostro. Da una parte pronto a battersi il petto e celebrare la famiglia con tanto di Family Day; dall’altra a sorridere indulgente allo scanzonato “gran simpatico” e alle sue (vere o presunte) prodezze viagratiche. Ad accondiscendere ad una visione – indipendentemente dalla banalità delle vicende personali, poco interessanti – più o meno (più più che meno) allusivamente fallocratica della realtà. Ed è per questo, per questa caotica schizofrenia, che {{la tentazione di un ritorno al passato nella formazione delle classi nelle nostre scuole potrebbe trovare insospettate sponde favorevoli}}. La ricerca d’”ordine” – nel disordine totale – spazia in ogni campo.

E d’altra parte, in questa ondata di rinnovato illuminismo che attraversa il Paese, il presidente della Commissione Cultura alla Camera, {{Valentina Aprea}} (avete presente? Quella che vorrebbe rendere le scuole enti di diritto privato, con tanto di consiglio di amministrazione e che prevede una carriera per i docenti che replichi, tale e quale, il sistema lobbystico di cordate che il centro-destra dice (ma solo dice) di aver voluto sgominare all’università) ha spiegato, esprimendo la sua tenace convinzione democratica, inclusiva, progressista: «Ogni forma di omologazione riduce la pienezza della persona-donna e della persona-uomo. La scuola italiana ha il dovere di fornire una pluralità di modalità educative». Aggiungendo poi: “Ma solo nell’ambito dell’autonomia e con il consenso dei genitori e senza leggi ad hoc”. Siamo alle solite: nella Casa delle Libertà “facciamo un po’ tutti come c… ci pare”, come suggeriva Corrado Guzzanti. Il problema è che, sotto un’apparente forma di libertà e di garanzia, si occultano manovre che attentano al pluralismo e in questo caso al mandato inclusivo, democratico, emancipante della scuola pubblica. Alla sua {{dimensione sociale}}, che nella relazione e nel contatto con la disomogeneità – sociale, sessuale, razziale, culturale, economica, confessionale, ideologica – individua la dimensione della crescita, del rispetto, della cittadinanza.{{ La scuola non è solo apprendimento, contenuti delle discipline, prestazioni}}. La scuola è anche e soprattutto la ricerca, nell’ambito della collettività, di una individualità il più possibile capace di affrontare il fuori con le sue complessità.

Credo che sia opportuno che tutti i cittadini democratici non sorridano davanti a proposte apparentemente fantasiose e strambe. Credo sia necessario {{un severo esercizio della vigilanza}}. A forza di distrazioni, di sottovalutazioni, in questo Paese si stanno definendo scenari vergognosi, fino a poco tempo fa inverosimili. E poiché la creatività di questo governo non ha veramente limiti, auguriamoci che – prima o poi – {{qualcuno non venga ad indicarci il modello}} di quei paesi europei che inseriscono gli studenti diversamente abili in classi separate o in istituti speciali.