“Ambiente e pace, una sola rivoluzione” è il titolo significativo del nuovo libro di Carla Ravaioli in uscita per le edizioni Punto Rosso, ed il sottotitolo “Disarmare l’Europa per salvare il futuro” è già una proposta che pone il percorso dell’autrice in un orizzonte più ampio di quello in cui sembra svolgersi il dibattito attuale sui problemi ambientali e dell’economia. Ne parliamo con l’autrice.{{Mentre l’informazione ed il dibattito politico sembrano tutti concentrati sulla soluzione in tempi brevi di singoli problemi (smaltimento rifiuti, costruzione centrali nucleari, aumento produzione agricola, riduzione emissioni di CO2, spettro della grande crisi economica…), per far fronte all’interrogativo “quale futuro per il mondo?”, tu proponi, tanto per cominciare, il disarmo unilaterale dell’Unione europea. Qual è la logica alla base di questa proposta?}}

Il modo in cui poni la domanda già indica le ragioni che dettano la mia critica e di conseguenza la mia proposta. In genere infatti {{il problema ambiente}}, dopo essere stato a lungo ignorato, oggi inevitabilmente, data la sua crescente gravità, occupa una posizione sempre più rilevante nel dibattito politico. E però {{non viene mai affrontato nella sua interezza, ma per questioni separate}}: appunto rifiuti, mutamento climatico, crisi energetica, rischio di crisi economica, ecc.; questioni che invece sono tutte connesse, e tutte sono riconducibili a un’unica radice. Detto in parole semplici: {{l’economia capitalistica}}, che oggi è attiva in tutto il mondo, è fondata {{sull’”accumulazione”,}} cioè sulla crescita illimitata della produzione di merci; e questo è assolutamente incompatibile con il fatto che viviamo e produciamo su {{un pianeta che ha dei limiti dati, non dilatabili a nostro piacere o bisogno}}. Un pianeta cioè che, da un lato, non è in grado di alimentare una produzione in costante aumento (non dimentichiamo che qualsiasi prodotto dell’attività umana – un mobile, un’automobile, un indumento, una casa, un grattacielo, un’astronave, un missile, che altro… – è “fatto” di natura, minerale, vegetale, animale), e la crisi del petrolio ne è la prova più evidente. Dall’altro lato non è in grado di assorbire e neutralizzare i rifiuti, solidi, liquidi, gassosi, derivanti da ogni attività produttiva: in particolare le emissioni di Co2, derivanti dalla combustione di risorse energetiche minerali (petrolio, carbon fossile, ecc), sono causa del progressivo riscaldamento dell’atmosfera cui segue quel mutamento climatico di cui tutti soffriamo; ma le forme di inquinamento sono numerosissime, e avvelenano il terreno, alterano la composizione dell’acqua, producono polveri sottili che rendono l’aria irrespirabile, ecc. Il tutto è causa crescente di allergie, tumori, malformazioni… {{In Italia, secondo l’Oms, il 20% dei decessi è causato da inquinamento…}} Per citare un dato tra i tanti…

{{Ma il disarmo europeo in che modo potrebbe risolvere questi problemi?}}

Ci arrivo. Non è solo la qualità della produzione industriale, ma – come dicevo – la sua quantità in continuo aumento, a squilibrare gli ecosistemi del Pianeta: si impone dunque la {{necessità di contenere la produzione}}, e questa è infatti ormai l’opinione dell’intera comunità scientifica mondiale. Ma non della politica; e non ovviamente dei grandi potentati economici, anzi di tutto il mondo economico, compresa la grande maggioranza degli economisti. Produttività, competitività, crescita, Pil, continuano ad essere le linee portanti dell’economia mondiale. Di recente, per la verità, questa posizione non è più così compatta, qualche eccezione si va manifestando. Tra di esse alcune molto significative: {{Ban Ki Moon}}, segretario generale dell’Onu, ha parlato della necessità di ridurre il Pil mondiale; e gli ha fatto seguito il celebre economista inglese {{Nickolas Stern}}… E’ vero che le loro parole sono di fatto cadute nel silenzio, ma è anche vero che le prese di posizione, magari a mezza voce, contro {{la follia di una produzione illimitata}} vanno aumentando… Dunque, ammettendo che finalmente si riconoscesse la necessità di ridurre la produzione per salvare il mondo dalla catastrofe ambientale, c’è un grosso problema: {{da che parte incominciare?}} Quale sacrificare nella miriade di prodotti in gran parte inutili, ma che la cultura del consumo propone, anzi impone, come indispensabili? E in che modo?

{{Incominciare dalle armi: è questo il tuo ragionamento?}}

Eh sì…{{Le armi}}, oltre ad essere strumento sempre più sofisticato e distruttivo della guerra, sono {{tra le merci che più pesantemente inquinano}}: nell’essere prodotte, trasportate e, alla loro maniera atroce, “consumate” . Le armi rappresentano una parte consistente del Pil mondiale. Ma soprattutto le armi sono lo strumento di uno sterminio cui sarebbe ora che l’umanità ponesse fine… E invece le guerre continuano, e le loro cause principali sono il bisogno di materie prime ormai rare, e il fatto che, proprio con la produzione di armamenti, rappresentano il più sicuro supporto alla crescita produttiva… Non ti sembrano buone ragioni?

{{Ma l’Europa, credi che sia disposta a un’operazione del genere?}}

Capisco che l’Unione Europea, così com’è oggi, non sembri proprio in grado di farsi protagonista di questa iniziativa… Io stessa lo dico chiaramente nel mio libro. {{Ma non è detto che le cose non possano cambiare}}. E d’altronde non dimentichiamo che l’Unione Europea nasce proprio su un’opzione di pace, esplicitamente asserita fin dalla sua nascita come “Comunità del carbone e dell’acciaio”, e puntualmente ribadita in tutti gli atti successivi. Eppoi, se esiste un soggetto capace, non certo di contrapporsi alla potenza degli Usa (che sarebbe stolto quanto inutile), ma sì di tentare la messa in opera di un modello economico sociale culturale, alternativo a quello che l’America ha imposto a tutto il mondo, quel soggetto non può essere che l’Europa. La sua storia e la sua cultura autorizzano questa speranza. E non sono solo io a dirlo…

{{Si è appena conclusa, suscitando molte perplessità sulla sua funzione, la grande assise Fao sulla fame nel mondo: quale il tuo punto di vista? Il problema sembra molto concentrato sul rapporto fra produzione agricola alimentare e produzione biocarburanti: è solo questo?}}

Be’, se si aspettava {{la prova decisiva}} della impossibilità di continuare ad affidarsi al modello socioeconomico oggi dominante, e alla politica che lo sostiene, l’ultima assise romana della Fao ce l’ha fornita nel modo più convincente. Il Sud del mondo era agitato da tumulti di gente affamata, a causa del forte aumento dei prezzi alimentari, conseguente al tentativo di far fronte alla crisi petrolifera con il boom dei biocarburanti; gli autotrasportatori di tutta Europa erano fermi a causa del crescente costo del petrolio, e altrettanto accadeva tra i pescatori mediterranei. Intanto il 37 % del cibo prodotto in occidente veniva, come d’abitudine, deliberatamente distrutto per difendere i propri mercati; il lavoro dipendente veniva ulteriormente penalizzato dall’aumento degli orari settimanali; nel Pacifico un altro arcipelago veniva sommerso dal mare surriscaldato. E potrei continuare… In effetti ci troviamo di fronte a {{una macchina economica e sociale, che da un lato distrugge la natura, dall’altro va aumentando le distanze tra ricchi e poveri}}, non solo a livello internazionale ma anche all’interno dei paesi industrializzati. Di fronte a una realtà mondiale cosiffatta, i convenuti Fao non sono stati in grado che di prevedere {{una largizione di pochi spiccioli a favore dei poveri della Terra}}. Possibile insistere su questa linea?

{{Il governo italiano, ma non solo il governo, sostiene che la produzione di energia nucleare è inevitabile. Come ti poni rispetto a questa affermazione così semplicistica?}}

Il rischio del nucleare è stato illustrato ampiamente e non occorre dire che ne sono del tutto convinta, se non altro per quanto riguarda le scorie radioattive, problema cui nessuno ha ancora risposto, e le possibili conseguenze di terremoti, che nessuno considera. Ma c’è un altro fatto che, ragionevolmente, dovrebbe far riflettere anche i più entusiasti sostenitori dell’atomo: {{l’uranio è poco, e si va esaurendo rapidamente.}} Ciò significa che se si ponessero in atto i programmi di nuclearizzazione previsti, ci troveremmo quanto prima pieni di {{centrali del tutto inerti per mancanza di alimentazione}}. E questo è un modello economico che si propone come il massimo della razionalità…

{{In fine, ma non può mancare: problema rifiuti. E’ solo un problema di gestione dello smaltimento e delle collusioni fra poteri o bisogna risalire alla fonte cioè alla produzione stessa dei rifiiuti? Quali le possibilità?}}

Nel caso della Campania certo si sono verificate e accumulate tutte le cause che tu citi. Ma i rifiuti, anche trattati con le tecnologie più efficienti, sono sempre, poco o tanto, inquinanti, come affermano gli ambientalisti più responsabili. Anche qua si tratta di andare alla {{radice delle cose:}} cioè all’eccesso e all’inutilità, anzi alla {{pericolosità, del produrre, produrre, produrre…}} Anche qua si tratta di convincersi che l’accumulazione capitalistica non è più sostenibile: che bisogna abbassare il Pil. Magari incominciando a tagliare la produzione di armi… E quindi a bandire la guerra dal futuro dell’umanità… Eh?