Il progetto STOP MGF, promosso e finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella giornata internazionale proclamata dall’ONU sulle MGF, ha presentato una valutazione dell’incidenza delle MGF nelle comunità immigrate sul territorio laziale e dell’impatto del fenomeno sui servizi territoriali, fornendo elementi utili per individuare strategie efficaci di prevenzione e di interventoLa giornata a Roma è stata celebrata con una iniziativa seminariale [[Soggetti promotori :Azienda Ospedaliera S.Camillo Forlanini
Cooperativa Sociale Parsec, Associazione No.Di, Associazione Parsec, IRPPS-CNR]] presso l’Ospedale Forlanini dai soggetti del progetto “[STOPMgF->http://www.stopmgf-e.org/], progetto di prevenzione e contrasto delle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) tra le popolazioni migranti insediate sul territorio della regione Lazio, finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

L’argomento è stato esaminato da due punti di vista: da quello di alcuni {{paesi africani dove le pratiche di mutilazione sono originarie}} e ancora praticate, da quello dell’{{Italia dove sono state importate con l’immigrazione}}.

Nella prima parte dei lavori sono intervenute rappresentanti del Senegal, dell’Etiopia e dell’Eritrea che hanno descritto situazioni allarmanti ma non omogenee poiché {{le leggi, anche nei paesi dove vietano simili pratiche,spesso non sono applicate in egual modo su tutto il territorio}}.

Per esempio hanno subito mutilazioni in Etiopia il 74% delle donne, in Somalia l’infibulazione quasi l’83% , in Tigrai il 29%.

Ciò è dovuto a fattori diversi: soprattutto alla pressione sociale che attribuisce alla riprovazione sociale gravità maggiore della menomazione fisica e alla politica dei governi nella promozione del rinnovamento; ma{{ la riduzione delle pratiche è soprattutto dovuta alla intelligente valutazione delle loro motivazioni profonde}}, sociali e religiose( immotivate quest’ultime secondo i testi sacri) e alla {{promozione del protagonismo delle donne coinvolte nel fenomeno}}.

Gli interventi delle rappresentanti della Organizzazione Mondiale della Sanità e del l’Unicef hanno confermato e approfondito tali argomenti alla luce della loro esperienza internazionale.
_ In particolare la rappresentante dell’Unicef Francesca Moneti[[ Unicef Chief-Child Protection UNICEF Innocenti Research Centre]] ha illustrato la strategia programmatica, frutto di un anno di studi da parte di operatori europei, adottata in 5 paesi diversi (Etiopia, Egitto, Kenia, Senegal, Sudan) che ha dato buoni risultati.

In paesi di cultura diversa la stessa strategia ha conseguito risultati simili perché, partendo dalla salvaguardia dei diritti umani e diritti delle donne, attraverso un dibattito a livello locale si giungeva a quello nazionale, tenendo assolutamente presente il valore morale astratto fondamentale per la comunità”fare il bene delle bambine” e dimostrando che si può confermarlo con una pratica nuova.

La seconda parte dei lavori è stata introdotta dalla dottoressa Vittoria Tola con una chiara ed essenziale sintesi del [quadro normativo->http://www.parlamento.it/leggi/06007l.htm] e delle politiche italiane circa le MGF.

La legge fa riferimento agli art.[32->http://www.senato.it/istituzione/29375/131289/131307/131311/articolo.htm] e [33->http://www.senato.it/istituzione/29375/131289/131307/131312/articolo.htm] della Costituzione e alla piattaforma di Pechino.

Prevede attività di prevenzione, coordinamento, sensibilizzazione e formazione degli operatori, con l’art 6 definisce reato le MGF e elenca le pene aggravanti e accessorie, infine espone come intervenire con progetti di cooperazione internazionale e la copertura finanziaria; non prevede protezione a donne che fuggono da paesi che consentono le MGF.

I rappresentanti del progetto “STOPMgF”hanno illustrato l’ attività svolta a Roma e nel Lazio con criteri e impostazione nuovi basati su: Ricerca, Sensibilizzazione e Formazione, presentata quest’ultima dalla Dott.ssa Giovanna Scassellati, responsabile del Centro Regionale sulle MGF, istituito presso il dipartimento Maternità del S.Camillo.

Ha chiuso i lavori una Tavola Rotonda coordinata dalla{{ Dott.ssa Maura Cossutta a cui rivolgiamo alcune domande.}}

{{In rapporto a ciò che è emerso dai lavori di questa giornata, ti sembra che lo Stato Italiano, a proposito delle MGF, risponda a quanto i problemi della immigrazione attuale richiedono?
}}

Assolutamente no. Se infatti è ormai consolidato che le politiche di prevenzione e contrasto delle pratiche di MGF devono essere collocate all’interno di una strategia complessiva di promozione di tutti di diritti umani, economici, sociali, civili, politici, è indubbio che le attuali politiche per l’immigrazione non solo non favoriscono ma addirittura peggiorano le condizioni per il raggiungimento di risultati.

L’ultimo atto è stato il voto del Senato sul ddl 733 “sulla sicurezza”, che ha introdotto il reato di immigrazione non regolare e persino la facoltà per gli operatori socio-sanitari di denunciare gli immigrati non regolari che accedono ai servizi. Non solo si vìola l’art. 32 della Costituzione ma si sovverte l’art. 35 del T.U. sull’immigrazione, che neppure la legge Bossi-Fini aveva cancellato. La conseguenza sarà non solo che le donne saranno ricacciate in percorsi sanitari clandestini, con rischi enormi per la loro salute (e anche per l’intera collettività), ma anche che esse saranno sospinte verso “bisogni identitari” di appartenenza alla cultura tradizionale della comunità di origine. Vengono cancellati decenni di lavoro per rendere i servizi “affidabili” per le donne, per poter svolgere programmi azioni di prevenzione e di assistenza, che avrebbe dovuto essere la parte più importante della legge 7/2006. Resta solo l’aspetto repressivo della legge, che diviene così strumento di ulteriore discriminazione e razzismo.

{{Puoi riassumerci le risposte , secondo te più significative , date alla questione proposta alla Tavola Rotonda – “Quale futuro per l’applicazione delle linee guida StopMGF?”}}

Si è sottolineata l’importanza di politiche che siano effettivamente integrate, che affrontino il tema MGF all’interno di tutti i settori fondamentali delle politiche sociali, dall’istruzione alla sanità, dalla salute materno-infantile a quella sessuale e riproduttiva. La prevenzione, l’informazione, la consapevolezza, il coinvolgimento delle donne ma anche delle comunità, compresi i leaders religiosi, restano le condizioni fondamentali per una efficacia delle azioni. Infatti il cambiamento necessario delle culture e delle tradizioni che ancora non considerano le MGF come una violazione del diritto umano delle donne all’integrità del loro corpo e alla loro dignità, non può che avvenire “dall’interno”, affinchè queste bambine e queste ragazze non siano poi discriminate. Le nostre scuole, in collaborazione con i consultori, devono promuovere l’”educazione alla salute” come strumento di “educazione alla convivenza” in un mondo multietnico e multiculturale. La sanità pubblica deve saper riorientare la programmazione, l’organizzazione dei servizi di cura primaria e di salute sessuale e riproduttiva, le modalità operative dei servizi. E la formazione specifica -non solo degli operatori ma anche degli amministratori sanitari- deve essere effettivamente promossa, come dettano le Linee Guida del Ministero della Salute, che in tanta parte del paese non sono neppure conosciute. I fondi stanziati dalla legge 7/2006 devono essere certi, per garantire programmi a medio-lunga durata, che tengano conto del rapporto con i programmi di cooperazione nei paesi in via di sviluppo.