In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 1 aprile, la Presidente delle donne marocchine in Italia, Souad Sbai, denuncia l’ipocrisia del silenzio multiculturale sulle donne islamiche picchiate, segregate da mariti e padri fanatici, sobillati da imam fai da te. E si chiede: dove sono le femministe?Quei fantasmi di donne velate, occultate, isolate vanno restituite alla società anche con la forza, se occorre; niente italiano, dice Souad, niente permesso di soggiorno: scuola, integrazione e diventare visibili. A sinistra un buonismo senza coraggio, di bassa lega, a destra va bene così, perchè vi sono motivi in più per temere il pericolo islamico.
E, ogni tanto, la domanda “{{ma dove sono le femministe}}”?.

{{Rispondiamo a nome di un’Associazione di donne, l’UDI-Unione Donne in Italia}}, che Souad conosce, perchè ogni tanto si incrocia con noi, perchè facciamo girare le mail e le informazioni che invia al nostro indirizzo di posta elettronica, perchè l’abbiamo invitata ad essere con noi nella campagna [50E50 ovunque si decide->http://www.50e50.it/ ], una legge di iniziativa popolare, sulla parità numerica delle donne nelle liste per le assemblee elettive, per la quale ci avviamo a raccogliere firme in tutta Italia.

Le rispondiamo perchè la nostra associazione ha cambiato il suo nome nell’ultimo congresso da Unione donne italiane in Unione Donne in Italia, proprio per poter fare insieme con lei e con le donne che vivono qui, ma vengono da altri paesi, un percorso di libertà. Come al solito, come altre volte in queste situazioni, {{non sappiamo chi sono le femministe invocate}}, non sappiamo nemmeno se l’UDI, associazione storica delle donne, che ha incrociato il femminismo senza dissolversi in esso, sia annoverata fra queste assenze colpevoli. Souad dopo il suo interrogativo, fornisce anche la risposta, questa volta giustissima. Le donne anche in Italia contano poco, prima di tutto perchè sono poche nei luoghi dove si decide, meno ancora che in Marocco (8% di donne in Parlamento contro il 13% del Marocco). Questo è il punto ed è proprio la debolezza del soggetto donna in Italia, nonostante leggi avanzate, che danneggia anche le donne straniere.

In tutta Italia, in tanti incontri, iniziative, seminari, azioni, soprattutto nell’ultimo anno, {{l’UDI ha lavorato, da sola o con altre associazioni, per rendere visibile l’aspetto nascosto della violenza contro le donne}}; a chi pensava solo al bruto, magari extracomunitario che ti assale nel parcheggio deserto, {{abbiamo ricordato i tanti mariti, padri, fidanzati, amici di famiglia non solamente islamici. Ma anche islamici.}}

Con il nostro lavoro nelle città, nelle iniziative politiche e culturali, nelle strade e nelle Istituzioni volevamo, proprio come fai tu con le tue parole severe, svelare, raccontare, denunciare, rendere visibile ciò che è nascosto, soprattutto dire senza mezzi termini che la violenza contro le donne non ha mai nessuna giustificazione culturale.
_ Abbiamo persino coniato un termine, “femminicidio”, per indicare le uccisioni di “genere”, precedute spesso da anni di costrizioni e maltrattamenti, alimentate da un contesto culturale violento e connivente. {{Non siamo in silenzio né stiamo pensando ad altro}} perchè non vogliamo lasciare sole le donne che qui non sono nate e che qui vogliono vivere e lavorare. Come sole non devono restare le donne nate in Italia da genitori stranieri e che qui subiscono soprusi, maltrattamenti in nome di norme che ne limitano la libertà e i movimenti.

{{Queste donne non hanno bisogno di tutela}}, nemmeno da parte nostra, ma {{di essere salvaguardate come donne e cittadine}}. Per loro e per le donne italiane l’8 marzo abbiamo inviato un Esposto al Procuratore Generale della Repubblica di Roma con cui chiedevamo al Suo Ufficio di attivare tutte le forme di indagine conoscitiva nei confronti del fenomeno del femminicidio con particolare riferimento al comportamento omissivo di Presidii deputati alla tutela delle cittadine autrici di denuncie ed esposti. Ricordavamo, a titolo esemplificativo, tre donne: Debora Rizzato, Hina Saleem, Antonella Russo.

Ma {{noi siamo giornalisticamente poco interessanti}}, soprattutto quando diciamo cose non sempre “politicamente corrette”. Dal 25 novembre, giornata internazionale per contrastare la violenza alle donne, hanno telefonato all’UDI da moltissime trasmissioni televisive per chiederci il solito caso pietoso, la testimonianza anonima della stuprata e della violentata e a nessuno – nessuno – interessa quello che stiamo facendo

Ci sono stati, in queste nostre battaglie, attorno a noi, strani silenzi. Prova a pensare, Souad, se la stragrande maggioranza delle violenze contro le donne, anche italiane, avviene nell’ambito familiare, quanta {{censura e quanto occultamento, anche da parte delle istituzioni}}, ci sono voluti per non vedere e per non sentire, in tutti questi anni, in barba alle leggi. Mai {{le gerarchie ecclesiastiche}}, che hanno parlato davvero di tutto a tutti, hanno esplicitamente condannato le violenze contro le donne, scomunicato mariti e padri violenti, censurato come comportamento contrario al celebre “diritto naturale” picchiare, stuprare, umiliare, eppure, contrariamente ai vostri imam casarecci, hanno tanto studiato e non sono, almeno non sembrano, pericolosi estremisti.

Dalle{{ iniziative contro le mutilazioni genitali femminili}}, contro gli {{stupri di guerra}}, alle {{donne straniere vittime delle violenze familiari}}, alla denuncia delle disgustose efferatezze, travestite da “valori,” che inseguono le donne dalla{{ legge 40}} in poi, come il funerale per i feti e quel voler dire, questa volta sì con parole e modi molto occidentali e molto italici, che il nostro corpo è un contenitore di diritti altrui e governati da terzi; non vediamo netti confini alla violenza contro le donne e in questo campo le somiglianze, sono più delle differenze.

La tua domanda, allora, perchè tollerate, perchè non usate le leggi per proteggere le donne islamiche? può avere molte risposte, ma una è certa: perchè {{si tratta di donne e di famiglia, e su questo vige una sorta di omertà maschile}}, un pensiero unico, e una specie di interesse comune che noi donne in Italia, insieme, dobbiamo contrastare.

Non crediamo ci sia il silenzio delle donne, ma il silenzio sulle donne.