vioRosaria vittima del compagno, anche lui senza tetto, a San Prisco in provincia di Caserta

Chi si occupa di violenza maschile sulle donne, sa che questi termini chiari non sono chiari per lo stato.

Noi ci occupiamo di violenza maschile e sappiamo che, nelle pratiche amministrative, la fenomenologia che deriva dalle azioni violente degli uomini sulle donne viene compresa nelle categorie dello svantaggio e dell’assistibilità nei termini di un welfare sempre più mercificato. Nelle mani della politica “violenza maschile” è un temine quasi scandaloso. Tanto che lo scandaloso “femminicidio” sembra quasi più blando.

Questa reticenza descrive tutta l’ipocrisia che ancora ammanta tutta la questione politica dell’antiviolenza. Sappiamo bene che con questa diluizione dei significati, si nasconde lo strapotere politico e sociale concesso agli uomini, e tutte le giustificazioni del caso. Nel caso di Rosaria, si vorrà dire la colpa al degrado, e allo svantaggio che lei stessa potrebbe aver scelto come stile di vita. L’assassino è un poveraccio, qualcuno vorrà mettere due poveracci, vittima e assassino su piani non troppo distanti. Anche in Tribunale.

È un gioco facile, se si nasconde quel termine “violenza maschile” che definisce bene i motivi e le condizioni che rendono facile sopprimere una donna.

Ma Rosaria non era una poveraccia, o, se lo era, lo era diventata per le persecuzioni di un uomo, e forse di tanti prima di lui, che poi l’ha uccisa. Il degrado non è la causa, come non lo è per nessuna.

L’area politica vasta che dovrebbe essere mobilitata per contrastare la violenza maschile, con gli equivoci voluti, viene così ristretta e la questione confinata (tra bandi di assegnazione dei fondi Europei e opportunità di collocamento, non sempre lontani da criteri clientelari) e ingessata nelle folli logiche burocratiche che non solo le donne subiscono.

Rosaria Lentini, svantaggiata, uccisa a coltellate dal compagno svantaggiato è l’incarnazione delle categorie amministrativamente incerte . Proprio a lei vittima e testimone della violenza degli uomini, che a quelle categorie dello svantaggio, impropriamente attribuite alle donne, poteva elettivamente rispondere, non avrebbe mai potuto accedere alla famigerata assistenza. Sorprendente ma è così: in quanto senza tetto Rosaria non si presume potesse essere anche donna minacciata da modalità femminicide. Era, per l’amministrazione dello stato, minacciata da una violenza ambientale, secondaria rispetto a tutti i problemi dei senza tetto.

Lo abbiamo sperimentato, per i Comuni la violenza sessuata tra i senza tetto, non esiste e non è rilevante. Una donna senza tetto “non rientra nei criteri” stabiliti per le donne maltrattate. Qualcuno leggendo potrà difendersi dicendo che assolutamente “nessuna viene lasciata sola”, ma tutti sanno che è esattamente così che quasi tutte vengono lasciate.

Di violenza non si muore “fisicamente” sempre, ma sempre a morire è la libertà.

E la libertà delle donne passa anche attraverso scelte strane per i canoni borghesi che dettano i criteri dell’antiviolenza italiana, scelte difficili legittime e insindacabili. La libertà è anche quella di essere salvaguardate quando lo si chiede. Senza esami e condizioni, perché l’essere vittime pone e ci pone nella posizione di testimoni preziose contro un crimine che incrocia e sostanzia tutti gli altri crimini: il femminicidio in pace e in guerra.(Napoli 3 agosto 2016)

UDI di Napoli (portavoce Stefania Cantatore)