Caterina Paone e Manolo Fantasia  ci hanno informato di una iniziativa che, anche secondo la redazione del Paese delle Donne, non può essere ignorata, ma presa in dovuta considerazione per l’argomento che viene affrontato

Angelo Deiana, Presidente di Confassociazioni e Federica De Pasquale  Vicepresidente per le Pari Opportunità scrivono:   In CONFASSOCIAZIONI, la più grande organizzazione di associazioni delle professioni innovative e dei servizi all’impresa del nostro Paese, (365 associazioni professionali, più di 700mila professionisti iscritti, di cui circa 130mila imprese con 4,5 dipendenti medi) siamo tutti convinti che uno dei cambiamenti più importanti del Mondo 4.0 e del prossimo ventennio sarà generato non solo e non tanto dalla tecnologia, quanto dal ruolo che avranno le donne nei processi del futuro.

Molti ora parlano di “pink revolution” ma, a nostro parere, quella è una rivoluzione che ha già avuto luogo. Pensiamo a “2001 Odissea nello spazio”, il film di Stanley Kubrick che festeggia in questi mesi il proprio cinquantenario. Un film straordinario in termini di capacità predittive sull’Intelligenza Artificiale, in cui però le donne erano praticamente tutte segretarie, centraliniste, al massimo impiegate. Perché? Perché nel 1968, quasi nessuno poteva prevedere la rivoluzione femminista che avrebbe cambiato tutto. Compreso il futuro. In realtà, dal 1970 ad oggi, due di ogni tre posti di lavoro creati nel mondo sono stati occupati da donne. In quasi tutti i Paesi la partecipazione delle donne alla forza lavoro è aumentata. Le donne hanno sempre lavorato tanto ma, in questo momento, l’aumento delle donne con un lavoro retribuito contribuisce alla crescita dell’economia mondiale più dello sviluppo della Cina o dell’introduzione delle nuove tecnologie.

Anche se si tratta di un trend con “molti se e molti ma”, gli aspetti positivi sono che il numero di donne che occupano ruoli di alto livello cresce velocemente e che, oggi, anche le donne più povere hanno opportunità di lavoro retribuito. E’ una delle conseguenza dell’economia della conoscenza che ha spostato le basi dell’economia dai muscoli al cervello, emancipando collettivamente quell’universo femminile che ora, a parere di Confassociazioni, si prepara a guidare gran parte dello sviluppo a livello globale.

E’ su questi temi che vogliamo confrontarci ed è per questo che La invitiamo a partecipare alla Conferenza Annuale di CONFASSOCIAZIONI dal titolo “Donne 4.0: la sfida vincente delle donne nell’era delle reti e dello smart working” (mercoledì 18 luglio 2018, Tempio di Adriano, Piazza di Pietra, Roma, dalle 14.30 alle 18.30). Nel ringraziare per l’attenzione, alleghiamo un estratto del position paper di CONFASSOCIAZIONI che verrà presentato nel corso della Conferenza. In allegato anche il programma ad oggi della Conferenza con nomi e dress code di accesso.

 

 

 ESTRATTO  del position paper redatto da Confassociazioni che verrà presentato OGGI 18 luglio 2018.

  1. Il potere delle Donne 4.0

Troppi di noi dimenticano il crescente potere globale delle donne, quello generato dalla loro intelligenza, dal loro sistema multitasking e soprattutto dalla loro unicità, che consiste nella capacità di assicurare la sopravvivenza della specie, attraverso la maternità. Stiamo parlando di un potere molto più grande forse: quello di pensare da sempre strategicamente a rete.

Un errore gravissimo perché le donne sono state e saranno vettori di trasformazioni sociali e politiche che vanno ben oltre i sistemi pensionistici ed investono la crescita economica, l’equilibrio delle masse geopolitiche, i sistemi politici e della rappresentanza democratica, gli stessi comportamenti sociali. Perché le donne sono l’essenza della Rete.

Per loro è naturale, collegarsi sistemicamente a più punti di connessione e gestire dati, informazioni in una logica di piattaforma in cui possono raggiungere più facilmente i due obiettivi più importanti di chi vuole vivere e prosperare nell’era delle reti:

  1. a) semplificare il mondo, riducendo la complessità e i rischi;
  2. b) assicurare la sostenibilità, riducendo lo spreco di energia generato dall’entropia.

Troppo difficile? Forse, ma proveremo ad essere più chiari più avanti. In ogni caso questo è il potere più importante delle donne, su cui cercheremo di riflettere insieme. Ed è per tale potere che sottovalutare il ruolo di cambiamento del mondo femminile nell’era delle reti rischia di minare l’equilibrio del sistema socio-economico, di welfare e di equità inter-generazionale.

Anche perché è molto più facile difendere i diritti delle generazioni viventi rispetto a quelli delle generazioni future, non fosse altro che non essendo ancora in vita (o essendo ancora molto piccole), queste ultime non possono far sentire la loro voce con i sistemi elettivi. Un po’ come è già successo con il debito pubblico.

Un parametro di equità da non dimenticare mai perché gran parte del sistema economico, sociale e pensionistico si regge su una distribuzione delle classi di età e di genere che premia la fase produttiva della vita e rende marginali le altre parti della curva, quella che riguarda i giovani non ancora entrati nel mondo del lavoro e gli anziani. Un ipotetico equilibrio intergenerazionale che sembra non reggere più.

  1. Potere, demografia e ricchezza

Ma partiamo dall’inizio. I dati ci dicono che le persone, vivendo più a lungo ed avendo maggiore ricchezza, tendono a fare meno figli. In Europa assistiamo a un’implosione demografica. In alcune nazioni come l’Italia l’indice di natalità è sceso a 1,37 figli per famiglia, ben al di sotto del livello di sostituzione che è pari a 2,1.

Ecco la prima lezione della demografia al potere, ed ecco il sempre maggiore potere delle donne: la pianificazione della ricchezza è da sempre il più efficace contraccettivo del mondo. In passato, contadini e artigiani, privi com’erano di piani previdenziali, cercavano di avere il maggior numero possibile di figli che, oltre a rappresentare forza lavoro, si sarebbero presi cura di loro durante la vecchiaia. Era l’epoca di quella che possiamo definire la Welfare Family.

Il calcolo è presto fatto. Ogni nuovo figlio forniva due braccia in più e veniva assicurato ulteriore sostegno per i duri anni della vecchiaia. Tuttavia quando contadini e artigiani si sono trasformati in impiegati piccolo-borghesi e poi in ceto medio, con uno stile di vita più agiato e una pensione sicura, l’equazione si è rovesciata. Anche per colpa della crisi che abbiamo vissuto negli ultimi 10 anni, meno figli vogliono dire più benessere. Puro calcolo demografico.

Un’importante conseguenza: la diminuzione del numero degli occupati per ogni soggetto che sta in pensione. Ne deriva la necessità di aumentare le tasse per sostenere l’esplosione dei pensionati e le ricadute inevitabili sul debito pubblico dei Paesi interessati. L’Italia in primis. Altrimenti perché, dopo quasi 20 anni di avanzo primario, continuerebbe comunque ad aumentare il debito pubblico? Era, o forse è ancora, l’epoca del Welfare State.

Siamo in un vicolo cieco? Le alternative sono pochissime. In realtà, solo due. La prima è fare figli, incentivando massicciamente la maternità. Una missione quasi impossibile in un Paese ricco come il nostro, la terza ricchezza privata del mondo nonostante la crisi e la scarsissima crescita del PIL. Anche perché, in un mercato del lavoro non equo come il nostro, l’occupazione femminile è alternativa alla vocazione alla maternità. La domanda “opportunistica” di chi assume è chiara: perché dovrei assumere una donna che potrebbe fare un figlio se poi devo pagare almeno 1/3 dei costi di questa maternità?

Bisognerebbe pensare ad una decontribuzione strategica per il lavoro femminile e a forti misure di work-life balance come, ad esempio, asili nido totalmente gratuiti. In ogni caso, per eliminare i ragionamenti opportunistici e incentivare lavoro femminile e nascite, la prima cosa da fare, il manifesto di qualsiasi futuro orizzonte, sarebbe mettere la maternità totalmente a carico della fiscalità generale. Il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI stima che basterebbero tra un minimo di 8 e un massimo di 10 miliardi di euro all’anno.

Una cifra importante ma non diversa, nel quantum complessivo, da quella degli 80 euro se non per un moltiplicatore incredibile perché, se l’occupazione femminile in Italia fosse al 60%, avremmo un punto in più di PIL all’anno. Un investimento importante che avrebbe conseguenze in termini occupazionali, demografici e previdenziali utili nel breve alla ricchezza del Paese e, nel lungo periodo, a salvare dalla povertà le future generazioni di pensionati. Un orizzonte da statisti.

  1. La rivoluzione silenziosa che sta cambiando il futuro

D’altra parte, è veramente difficile prevedere gli orizzonti che verranno. Ricordate “2001 Odissea nello spazio”? Il film di Stanley Kubrick, straordinario in termini di capacità predittive sul futuro prossimo venturo in cui le donne, però, erano tutte segretarie, centraliniste, impiegate. Perché? Perché all’inizio del 1968, anno di uscita del film, quasi nessuno poteva prevedere la rivoluzione di genere che avrebbe cambiato tutto. Compreso il futuro.

Una rivoluzione sociale e tecnologica che ha cambiato il mondo. Non soltanto i contraccettivi orali hanno reso possibile che le donne programmassero la maternità, ma altre tecnologie di primo livello (l’igiene, la medicina, l’elettricità) hanno progressivamente ridotto il carico di lavoro domestico della donna e spostato le basi dell’economia dai muscoli al cervello,

emancipando collettivamente quell’universo femminile, che ora si sta cominciando ad affermare come principale guida per lo sviluppo.

Oggi ci sono molte più donne con potere, denaro e lavoro retribuito che in passato e queste tendenze hanno avuto un’accelerazione costante negli ultimi vent’anni. Il numero attuale delle donne che occupano seggi in Parlamento è molto superiore a quello di 10 anni fa. I capi di Stato donna sono in aumento, così come il numero delle donne che occupano alte cariche di Governo o posti di responsabilità nelle università e nelle aziende. In molti Paesi, il numero delle universitarie supera di gran lunga quello dei colleghi maschi.

Ma non basta. Il progresso più significativo non è quello che si è verificato ai livelli più elevati. La vera trasformazione radicale è stata determinata dalle decine di milioni di donne che, a livello globale, hanno trovato lavoro nel corso degli ultimi decenni. L’aumento delle donne con un lavoro retribuito ha contribuito alla crescita dell’economia mondiale più ancora dello sviluppo straordinario della Cina o dell’introduzione delle nuove tecnologie.

Dal 1970 a oggi, due posti di lavoro ogni tre creati nel mondo sono stati occupati da donne. Le donne hanno sempre lavorato tanto ma, in questo momento, per la prima volta nella storia, una quantità senza precedenti riceve una retribuzione per farlo.

Ecco perché i progressi delle donne, nelle società avanzate, sono stati enormi. Il problema è che ci vorranno ancora parecchi anni per arrivare a una parità, reale e concreta. Perché solo migliorando l’accesso delle donne al mercato del lavoro aumenteremo la crescita: in Italia, la correlazione fra stagnazione e bassa partecipazione delle donne al lavoro non è significativa. Di più.

  1. Presente inaccettabile, futuro roseo

Siamo dunque in presenza di una mutazione straordinaria, ma non ancora definitiva perché le statistiche positive mettono in luce una realtà comunque inammissibile. Le ingiustizie e le discriminazioni continuano a essere la norma. Le percentuali dei passi in avanti sono elevate perché si confrontano con numeri iniziali molto bassi di partecipazione delle donne. Come dire: è bello vincere facile. Insomma, nonostante i progressi, è tuttora enorme la sperequazione con gli uomini in termini di salari, opportunità, accesso all’istruzione, alla salute e, nei Paesi più poveri, al cibo.

Come dire che la parità tra uomini e donne sembra ancora lontana. Lo dicono i numeri: l’occupazione femminile nel nostro Paese è a quota 48,8% (un dato comunque basso rispetto al 65% di quella maschile e all’80% delle donne occupate in Svezia), il 24% delle neomamme viene licenziata dopo il primo figlio, e tra gli amministratori delegati di grandi aziende solo il 3% è rappresentato da esponenti del mondo femminile.

Insomma, quello della piena occupazione delle donne rimane ancora un traguardo da raggiungere e i cambiamenti, che pure ci sono, avvengono con tempi molto rallentati rispetto all’urgenza di rimettere in moto l’economia. Come abbiamo già detto, basterebbero poco più di 11 punti percentuali aggiuntivi di occupazione femminile (da 48,8% a 60%) per dare una scossa determinante al PIL.

Ecco perché la crescente femminilizzazione del lavoro rappresenta uno dei maggiori cambiamenti attesi per il futuro. Un numero sempre maggiore di donne vanta un’istruzione di grado superiore e carriere sempre più importanti a livello globale. Anche perché sappiamo che le risorse vincenti nel prossimo futuro saranno quelle in grado di relazionarsi a più snodi di sistema dissipando la minor energia possibile in termini di costi, tempo e fatica.

È la seconda legge della termodinamica, quella che regola i sistemi entropici. È più facile rompere un bicchiere di vetro che ricostruirlo. In altre parole: l’universo va naturalmente verso il caos e, se vogliamo rimettere ordine, dobbiamo consumare energia. Meno ne consumiamo più siamo efficienti. E vincenti. E chi fa “da sempre” tutto questo, se non le donne che da sempre gestiscono in modalità “multitasking” una pluralità di sistemi complessi (casa, famiglia, lavoro, tempo libero, sport)?

Molti rapporti sulle carriere delle donne indicano che, pur esistendo ancora un forte “gender gap”, le donne sono più preparate, si laureano prima, sono più innovative e, soprattutto, sono portatrici di un mix di competenze non solo tecniche,ma anche relazionali, che offrono vantaggi competitivi importanti nell’economia delle reti.

Ma c’è di più. In futuro, questa dinamica trasformerà uno degli ambiti in cui l’approccio di uomini e donne risulta più diverso: quello dell’assunzione dei rischi. In sistemi incerti come l’attuale, ci sarà una massiccia compressione dei rischi in ambiti strategici come la medicina, la finanza e il traffico (dove i processi di risk management sono fondamentali) a seguito della sempre più frequente scalata delle gerarchie societarie da parte delle donne. Perché le donne, come dimostrano i dati, gestiscono i rischi meglio degli uomini. Molto meglio.

Lo dimostrano le ricerche annuali di Catalyst, una delle più importanti società internazionali di consulenza, sulle aziende presenti nell’indice di Fortune (le prime 500 a livello globale). Tali studi indicano come la maggior presenza delle donne nei CdA determini una maggiore capacità di produrre ROE (return on equity = redditività) a parità o con diminuzione dei rischi assunti.

In sintesi, le capacità e le sensibilità femminili saranno sempre più attrattive in un mondo in cui preziose sono le connessioni, l’interdisciplinarietà, la trasmissione di conoscenze. Insomma in un mondo in cui è vitale una logica inclusiva, aperta al contesto. La questione “parità di genere”, vista con gli occhi di oggi, è una delle condizioni essenziali per uno sviluppo sostenibile delle nostre economie. Fare leva sulle donne è una cura contro il declino.

Una struttura del potere femminile straordinariamente innovativa perché molto più reticolare che gerarchica. È per questo che, al di là del “tetto di cristallo” e delle gravi differenze retributive ancora esistenti, è in atto una straordinaria “rivoluzione silenziosa”. Una rivoluzione, quella del nuovo potere delle donne, che ci porterà diritti nel futuro.

  1. Esempi concreti di diversity management: business angels e smart working

Certo, le analisi macro hanno spesso un difetto di fondo: la scarsa capacità di farsi percepire in termini di concretezza. Ovvero: le parole sono importanti, ma poi bisogna comprendere cosa fare e come farlo. E’ necessario allora fare qualche esempio pragmatico.

Un esempio importante è quello di un mercato “strano” per parlare di occupazione e imprenditoria femminile: quello dei business angel. Un mercato ancora a forte presenza maschile, come d’altra parte tutto il sistema bancario e finanziario. Eppure il fenomeno nuovo e crescente è la presenza sempre più consistente di donne.

Le principali ricerche raccontano cose chiare: le donne capiscono meglio gli “unicorni”, le start-up destinate a diventare le star del mercato (Whatsapp docet) perché hanno una capacità fortemente significativa di valutare l’equilibrio tra rischio-rendimento di ogni investimento. Praticamente come usare un radar che ti dice dove andare mentre si naviga nella nebbia.

E poi non possiamo dimenticare che lo smart working “concilia” e libera tempo per tutti ma soprattutto in favore delle donne. Perché in questo caso, la tecnologia non prende il posto dei lavoratori, ma cambia il modo di lavorare. Lo smart working è il nuovo mattoncino elementare del capitalismo e delle donne 4.0 perché non è affatto la stessa cosa lavorare in fabbrica, in azienda o a casa propria davanti al computer.

Smart working significa lavoro intelligente, lavoro agile: ognuno di noi può lavorare ovunque, in qualsiasi momento e da tutti i dispositivi. Un modo diverso di concepire il lavoro, che non è più legato ad uno spazio fisico e ad orari prestabiliti. Una sola conseguenza: l’ufficio è dove siamo noi.

Ma lo smart working rappresenta anche una sfida evolutiva per i modelli organizzativi. La persona che lavora in remoto è motivata perché risparmia del tempo e riesce a svolgere le altre, eventuali funzioni domestiche. Le donne, prima di tutti gli altri, perché così può possono lavorare in un ambiente che la rende più produttiva. E maggior produttività, minor costo del lavoro, time management più efficiente, minori costi di trasferimento e inquinamento, vogliono dire più conto economico ma anche più felicità.

E’ per questo che lo smart working può avere un notevole impatto sulle politiche di conciliazione, sull’operatività e la produttività delle “quote rosa” in azienda; i tempi di rientro dalla maternità, ad esempio, possono essere abbreviati grazie alla modalità di “lavoro agile” e anche il tasso di assenteismo legato ai primi mesi di vita dei figli è ridotto dalla possibilità di lavorare “intellettualmente” da casa.

  1. Le donne al potere: dall’industria pesante al mondo pensante

Un tema, quello del contributo delle donne al capitalismo intellettuale 4.0, su cui ci sono importanti riscontri anche a livello internazionale.

Il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato uno studio dal quale emerge che far lavorare di più le donne (retribuendole meglio) conviene a tutti: non alle donne soltanto, ma alle economie nel loro insieme.

Per dirla con una battuta: dall’industria pesante al mondo pensante, nel quale sarà necessario puntare sia sulle competenze verticali, ma anche sulla capacità di essere soggetti

risolutori/riduttori della complessità e degli imprevisti, anche attraverso le soft skills. Come dire: l’era delle Donne 4.0.

Il lavoro che innova diventa dunque più importante del lavoro che replica ed esegue. Vale per le donne, ma anche per gli uomini. Investire in capitale umano per garantire al Paese e alle sue specificità locali conoscenze e competenze sempre più alte, orientate alla specializzazione, all’innovazione e all’internazionalizzazione.

E’ questa la sfida delle sfide del nostro tempo: formare persone competenti nel senso più ampio del termine, cioè pronte ad essere protagoniste del proprio futuro, sia come individui dotati di autonomia di giudizio e coscienza critica, sia come cellule vive di un organismo come la Rete che produce e alimenta la conoscenza collettiva, soggetti pensanti in connessione reticolare con una pluralità potenzialmente infinita di altri soggetti pensanti, in un processo di formazione continua e crescita personale, che attraversi tutto l’intero corso della vita umana.

La sfida delle sfide: le Donne 4.0 al potere. Se non oggi, domani…

PROGRAMMA DELL’EVENTO  “LA SFIDA VINCENTE DELLE DONNE NELL’ERA DELLE RETI E DELLO SMART WORKING”  ROMA, 18 LUGLIO 2018  Camera di Commercio – Sala del TEMPIO di ADRIANO,

ore 14:00, Piazza di Pietra, Roma  ORE 14.00-14.30 – registrazione networking

INTRODUZIONE UFFICIALE

Alma MANERA, Soprano e Performer Singer canta l’INNO NAZIONALE insieme a CONFASSOCIAZIONI

DONNE 4.0: IL CONTRIBUTO DI CONFASSOCIAZIONI

Relazione di base: Angelo DEIANA, Presidente CONFASSOCIAZIONI

Riflette sul tema: Riccardo ALEMANNO, Vice Presidente Vicario CONFASSOCIAZIONI

Li coadiuvano nella gestione del dibattito: Federica DE PASQUALE, Vice Presidente Pari Opportunità CONFASSOCIAZIONI,

Franco PAGANI, Vice Presidente Vicario Aggiunto CONFASSOCIAZIONI, Paolo RIGHI, Presidente CONFASSOCIAZIONI Immobiliare

INTERVENGONO NEL CORSO DELLA CONFERENZA:

Luigi DI MAIO, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri*

Franco MANZATO, Sottosegretario Politiche Agricole, Forestali e Turistiche

LA SFIDA DELLE DONNE DEL MONDO 4.0

Gaetano ARMAO, Vice Presidente e Assessore Economia Regione Siciliana

Claudio BARBARO, Senatore Lega, Presidente CONFASSOCIAZIONI Sport e Benessere

Veronica DE ROMANIS, Docente LUISS e Stanford University

Noemi DI SEGNI, Presidente UCEI, Unione Comunità Ebraiche Italiane

Irmgard Maria FELLNER, Vice Ambasciatore di Germania in Italia

Stefano PARISI, Leader Energie per l’Italia

Manuela PERRONE, Giornalista Il Sole 24 Ore

Maria Rosaria ROSSI, Senatrice Forza Italia

Maurizio SACCONI, Presidente Associazione Amici di Marco Biagi

Maria Antonietta SPADORCIA, Giornalista RAI TG2

DONNE 4.0, TRASFORMAZIONE DIGITALE IMPRESA E PROFESSIONI

Valentina APREA, Deputata Forza Italia

Franca BAGNI CIPRIANI, Consigliera di Parità Ministero del Lavoro

Maria Pia CAMUSI, Direttore Rete Imprese Italia

Danilo IERVOLINO, Presidente Università Mercatorum e Università Pegaso

Andrea MANTO, Direttore Pastorale della Famiglia Vicariato di Roma

Liliana OCMIN, Responsabile Donne e Giovani CISL

Monica PARRELLA, Presidenza Consiglio dei Ministri, Ufficio Parità

Patrizia PRESTIPINO, Deputata Partito Democratico

Sergio PUGLIA, Senatore Movimento 5 Stelle

Tiziano TREU, Presidente CNEL*

CONCLUSIONI

Angelo DEIANA, Presidente CONFASSOCIAZIONI