Anche l’8 marzo vogliamo portare in piazza le nostre voci e i nostri corpi e
rimettere al centro la questione della redistribuzione delle ricchezze: tra
chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e
chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un
lavoro!Negli ultimi mesi un’energia nuova e dirompente è emersa dalle mobilitazioni
delle università e del precariato, dalla resistenza degli operai e delle
operaie, delle donne e uomini migranti, dalle migliaia di donne scese in
piazza contro le politiche di questo governo, fino a giungere alle
ribellioni dell’Egitto e delle coste del Mediterraneo*.*

*È un grido di rivolta che denuncia un sistema sociale ingiusto e che si
rifiuta di pagarne i costi.*

Il 13 febbraio a Milano molte di noi non sono scese in piazza o lo hanno
fatto singolarmente. Non ci riconoscevamo nelle parole d’ordine contenute
nell’appello.
_ Col senno di poi e leggendo commenti e riflessioni su siti,
blog e giornali, abbiamo constatato che in piazza Castello si era comunque
espressa, da parte di molte, rabbia e dissenso per una situazione politica e
sociale disastrosa. Tante donne, con cartelli, magliette o a voce hanno
espresso il malessere che vivono quotidianamente sulla loro pelle.

Malgrado
in piazza fosse presente tanto moralismo e giustizialismo si è colta anche
la voglia di dire la propria come donne in una società ancora dominata da
logiche patriarcali e sessiste.

Anche l’8 marzo vogliamo portare in piazza le nostre voci e i nostri corpi e
rimettere al centro la questione della redistribuzione delle ricchezze: tra
chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e
chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un
lavoro!

Vogliamo scendere in piazza per contestare una cultura e un immaginario
usati per controllare e disciplinare i nostri corpi e la nostra sessualità!

Vogliamo evadere dalle logiche di questo paese della doppia morale, dove
vogliono farci credere che allo squallore dei “vizi privati” si possa
contrapporre solo il modello “virtuoso” della famiglia eterosessuale,
quella stessa famiglia all’interno della quale avvengono la maggior parte
delle violenze sulle donne.

Vogliamo gridare il nostro rifiuto di una precarietà che ci impedisce di
poter scegliere dove, come, quando e con chi essere o NON essere madri, di
un ipocrita moralismo che dichiara di promuovere e sostenere la
genitorialità ma di fatto ne ostacola la possibilità a tutti quei soggetti
che sfuggono alla norma eterosessuale e familista; quella stessa ipocrisia
che da un lato stigmatizza e criminalizza le sex workers attraverso
pacchetto sicurezza e campagne moraliste sul “decoro”, e dall’altro ne fa un
uso “spettacolarizzato” e strumentale al piacere maschile diffuso
all’interno dei palazzi del potere.

L’8 marzo scenderemo in piazza anche per smascherare le politiche razziste
di questo governo che sfrutta il lavoro di cura svolto per la maggior parte
da donne migranti per tagliare i costi del welfare e contemporaneamente
trasforma queste stesse donne migranti in “pericolose” protagoniste
dell’”emergenza immigrati” oppure le priva della libertà e le rende vittime
di violenze nei CIE.

Per tutte queste ragioni saremo in piazza l’8 marzo, per rivendicare
diritti e libertà, perché i nostri desideri non hanno né famiglia né
nazione!

Vogliamo interpretare il presente con uno sguardo di genere e immaginare e
praticare modalità alternative di vita e di relazioni qui ed ora.

Noi non siamo “italiane per bene”: siamo donne di ogni condizione e ogni
età, siamo migranti, pensionate, precarie, studentesse, lesbiche, trans,
siamo donne che rifiutano il modello di welfare familistico, nazionalista,
cattolico ed eterosessista.

Vogliamo riappropriarci delle nostre voci e dei nostri corpi e anche delle
strade, della notte e delle nostre relazioni

– [consultoria autogestita->http://consultoriautogestita.wordpress.com], **/
– collettivo ri/belle
– [leventicinqueundici->http://leventicinqueundici.noblogs.org/]