Lo scorso 30 luglio, è iniziato il processo alle tre componenti del gruppo punk femminista Pussy Riot presso il tribunale distrettuale Khamovnicheskii di Mosca. All’udienza preliminare del 20 luglio, il tribunale ha prolungato di sei mesi la detenzione delle tre ragazze. Gli avvocati hanno presentato un appello.Maria Alekhina, Ekaterina Samusevich e Nadezhda Tolokonnikova, tre componenti del gruppo punk russo Pussy Riot, sono sotto processo a Mosca per il reato di “vandalismo per motivi di odio religioso” e rischiano fino a sette anni di carcere per aver cantato un brano di protesta, a febbraio, nella principale chiesa ortodossa della capitale della Federazione russa.

Gli avvocati di Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alekhina e Ekaterina Samutsevich hanno presentato diversi ricorsi contro la detenzione delle tre ragazze, ma sono stati respinti. Il 9 luglio, il tribunale municipale di Mosca ha accolto l’argomentazione dell’accusa secondo la quale il crimine era grave e potevano scappare. Il tribunale non ha tenuto conto del fatto che oltre 50 personalità del mondo della cultura e uomini d’affari in Russia avevano accettato di garantire per la loro cauzione.

L’ufficio del procuratore ha firmato un atto d’accusa e ha trasmesso il caso al tribunale l’11 luglio, dopo aver ricevuto la documentazione degli investigatori. Il 4 luglio, il tribunale distrettuale di Taganskii ha accettato la richiesta degli inquirenti di limitare al 9 luglio il termine ultimo entro il quale le tre donne e i loro difensori avrebbero potuto familiarizzare col fascicolo e preparare la difesa.

Il giudice non ha preso in considerazione le obiezioni degli avvocati che hanno considerato insufficiente il tempo a disposizione per preparare una difesa approfondita. Gli avvocati e le imputate hanno avuto a disposizione il fascicolo di circa 3000 pagine e 10 ore di registrazioni video solo per tre o quattro ore al giorno, dopo di che questi materiali venivano riportati al centro di custodia cautelare. Le imputate hanno dovuto lavorare separatamente e senza poter fare delle fotocopie.

Durante la seconda parte dell’udienza preliminare, il 23 luglio, il giudice ha concesso agli avvocati tempo fino al 27 luglio per familiarizzare con i materiali del caso e preparare la loro difesa, ma ha respinto le loro richieste di rinviare il caso per ulteriori indagini e per ascoltare testimoni, tra cui il presidente Putin e il capo della Chiesa ortodossa russa. Il tribunale ha respinto la richiesta della difesa di consultare altri esperti di psicologia e linguistica per stabilire se le azioni delle tre donne abbiano realmente incitato all’odio religioso. Due dei tre rapporti commissionati ad esperti non hanno trovato elementi a sostegno delle accuse, contrariamente al terzo.

Da quando è stato costituito nel 2011, il gruppo femminista punk Pussy Riot si è esibito più volte in
luoghi pubblici, come la metropolitana e la Piazza rossa di Mosca e sui tetti di autobus. Nelle
interviste, le ragazze hanno sempre dichiarato di protestare, tra le altre cose, contro la restrizione
della libertà di espressione e di riunione in Russia, i processi politici iniqui e le accuse false contro
attivisti dell’opposizione.

Il 21 febbraio, all’interno della Cattedrale del Cristo Redentore di Mosca, col volto coperto da
passamontagna, le Pussy Riot avevano cantato il brano “Vergine Maria liberaci da Putin”. Il testo
criticava il sostegno dato da alcuni esponenti della Chiesa ortodossa al primo ministro Vladimir
Putin e invitava la Vergine Maria a diventare femminista e a cacciare il leader russo. L’esibizione
rientrava in un più ampio disegno di proteste contro Putin e le elezioni in Russia.

Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alekhina e Ekaterina Samutsevich, tutte ventenni, sono state
arrestate a marzo e accusate di “vandalismo” ai sensi dell’articolo 213.2 del codice penale russo
(“vandalismo per motivi di odio religioso o di ostilità verso un gruppo sociale, pianificato da un
gruppo organizzato”) per la presunta interpretazione di una canzone di protesta. Se ritenute
colpevoli, dovranno affrontare una condanna fino a sette anni di detenzione. L’esibizione delle
Pussy Riot nella Cattedrale del Cristo Redentore di Mosca ha dato il via a un ampio dibattito sui
blog, social network e su tutti i mezzi di comunicazione, con conseguenti azioni a sostegno e
contro le tre donne arrestate. Molti rappresentanti dello stato e della Chiesa ortodossa russa hanno
reagito. Inizialmente, un rappresentante della Chiesa ortodossa aveva chiesto la clemenza, ma in
seguito la Chiesa ha chiesto dure punizioni per le donne per aver incitato all’odio religioso.
_ Poco
dopo l’esibizione, l’addetto stampa del neo eletto presidente Vladimir Putin ha definito la protesta
spregevole e ha detto che sarebbe stata seguita “con tutte le necessarie conseguenze”.
_ Tuttavia,
rappresentanti dello stato, tra cui il ministro della Giustizia, il presidente della Camera alta del
parlamento russo e il capo del Consiglio di presidenza per i diritti umani si sono dichiarati contrari
alla reclusione delle tre donne.

Due sostenitori delle donne detenute, Vasilij Bogatov e Arkadii Oleinikov, sono stati condannati il
28 maggio a detenzione amministrativa per aver protestato davanti al tribunale della città di Mosca.

L’8 giugno il tribunale di Novosibirsk ha multato l’artista Artem Loskutov per l’affissione di manifesti
sui cartelloni pubblicitari in città. I manifesti che imitavano la famosa icona della Madonna col
bambino riportando l’immagine di una donna con un mantello rosso e un passamontagna viola, le
mani sollevate e un bambino ritratto sul petto.
_ Il testo, che chiedeva il rilascio delle componenti
delle Pussy Riot, era stato scritto nello stile di icone religiose ortodosse.

Una lettera aperta, firmata da oltre 200 rappresentanti di spicco della cultura nazionale che
chiedevano il rilascio delle Pussy Riot, è stata pubblicata sulla stampa russa il 27 giugno e poi
trasmessa alla Corte suprema russa e al tribunale municipale di Mosca.
_ La Corte suprema l’ha
rimandata indietro senza leggerla sostenendo che due persone della lista allegata alla lettera
avevano apposto la loro firma a penna. L’appello per la raccolta di firme era stato pubblicato sul
sito russo Echo Moskvy a metà luglio era stato firmato da 40.000 persone.

l 20 giugno un gruppo
di cristiani ortodossi ha pubblicato una lettera aperta al patriarca Cirillo, capo della chiesa
ortodossa russa, chiedendo un atto di misericordia per le tre donne arrestate. La lettera è stata
firmata da oltre 100 persone.
_ Il rappresentante ufficiale del patriarca ha risposto che questi non
avrebbe risposto alla lettera perché non era stata inviata a lui personalmente, ma pubblicata dai
mezzi di comunicazione.

[firma l’appello di Amnesty->http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/216]