In attesa degli Atti dell’attualissimo convegno promosso dalla Wilpf-Italia, Ripensare l’ecopacifismo femminista – riflessioni, esperienze, scritture (17 e 18 maggio, Csv Lazio), pubblichiamo parte dei comunicati distribuiti a firma di docenti e studiose di varie Università (Venezia, Roma Tre, Napoli), associazioni (Ass. culturale SE) e di artiste, con la presenza di molte giovani studiose.

In locandina, l’immagine dello striscione del Women’s encampment for a future of peace and justice (Seneca Falls, 1983).

Riprese video di “Radio Radicale”, cui è andata la solidarietà di tutt*.

 

L’importante evento ha intrecciato narrazioni con personagge note o meno note, lette da angolazioni diverse dal consueto e/o rivisitate con sguardo di genere. Donne di vari paesi accomunate dalla volontà indomita, dalla tenacia incrollabile, dalla capacità di pensare futuro e dalla fiducia di riuscire a plasmarlo diverso dall’oggi. Madri antesignane; avanguardie che hanno lasciato o stanno lasciando segni folgoranti.

Tutti gli interventi hanno suscitato sorpresa e un senso di gratitudine e ci si aspetta una diffusione degli Atti anche nelle scuole per colmare quel vuoto di memorie e di genealogie femminili che nell’ecopacifismo e nell’ecofemminismo sono voragini.

In apertura, Patrizia Sterpetti, presidente della  Wilpf-Italia, ha ricordato che l’evento è il terzo appuntamento del progetto “pace femminista in azione” (www.pacefemministainazione.org), e ringraziato Bruna Bianchi (docente dell’università veneziana Ca’ Foscari) per l’apporto organizzativo e tematico dato.

Antonia Sani, ex presidente della Wilpf-Italia, ha definito il progetto “un percorso che ruota intorno al concetto di Pace, non come adattamento o tolleranza ma come vera trasformazione dello Stato, un andare avanti dell’Umanità”. La stessa ha poi ricordato il merito della Presidente onoraria, Giovanna Pagani, “d’aver, nel 1989, a Piacenza, rifondato la Wilpf-Italia, dandole un nuovo Statuto”.

A sua volta, Giovanna Pagani, ha indagato “il nesso tra militarismo, guerra, nucleare e cambiamenti climatici” e dichiarato che “il macro obiettivo è convogliare l’attenzione generale sull’antimilitarismo in una rinnovata alleanza tra esseri umani e Natura, con l’iniziale maiuscola (ecopacifismo) e focalizzare l’interconnessione tra progresso dei diritti individuali e collettivi”.

Seguono, come anticipato, alcuni interventi:

Bruna Bianchi (Prof.ra in Quiescienza, Dip. Studi Linguistici e Culturali comparati, Ca’ Foscari), Dal conservatorismo all’ecopacifismo femminista. Un secolo di impegno femminista in difesa della vita.

La convergenza tra femminismo, pacifismo e ambientalismo affiorò già nel corso dell’0ttocento, quando lo sviluppo dell’industrializzazione e le sue conseguenze distruttive sulla natura diede un forte impulso ai movimenti conservazionisti e per la protezione degli animali in cui le donne erano le più numerose e le più attive. Negli scritti di naturaliste, riformatrici, narratrici e giornaliste il nesso tra oppressione delle donne e violenza alla natura, tra distruzione dell’ambiente e militarismo, tra scienza e guerra è ricorrente, talvolta centrale. Una tale consapevolezza si rafforzò con la Grande Guerra, un evento che aveva distrutto innumerevoli vite umane e devastato la Terra ma non si accompagnò ad azioni collettive e nei movimenti per la pace che si andarono radicalizzando la questione ambientale restava ai margini.

Fu solo all’indomani della Seconda guerra mondiale, e in particolare a partire dagli Sessanta, che si svilupparono movimenti femminili autonomi, creativi e propositivi che nei loro obiettivi includevano la pace e la difesa della natura. Culminati all’inizio degli anni Ottanta, i movimenti ecopacifisti trassero ispirazione da quelli in difesa della natura e della dignità femminile sorti negli anni Settanta nei paesi del Sud del mondo (Green Belt Movement in Kenia e Movimento Chipko in India). Da allora, e in particolare dalla Dichiarazione della manifestazione delle donne al Pentagono (1980), il pensiero ecopacifista ha esteso costantemente il suo orizzonte teorico e i suoi obiettivi politici includendo nella propria prospettiva la giustizia sociale ed economica, la giustizia razziale, l’antispecismo, si è aperto a nuove discipline come ecocriticismo e l’ecopedagogia e ha analizzato i cambiamenti climatici da un punto di vista femminista. Nella loro elaborazione teorica inoltre alcune studiose ecopacifiste hanno riscoperto il pensiero di autrici e attiviste dimenticate traendone nuove fonti di ispirazione e nuove prospettive, hanno colto e sviluppato riflessioni su pace e guerra in coloro che scrissero prevalentemente di ambiente, hanno dato risalto alla sensibilità per l’ambiente in coloro che agirono prevalentemente per la pace.

“Dobbiamo riconoscere il debito di quante ci hanno precedute” ha detto Bruna Bianchi, parlando della censura sul pensiero e sull’apporto politico delle donne alla storia del mondo.

(ndr. Oltre alle celeberrime, Olympe de Gouges, Mary Wollstonecraft, Bertha Von Sutter, tra le molte altre citate Mary Austin femminista pedagogista antirazzista conservatorista che parlò di <guerra come maschilismo impazzito> e Frederika Bremer firmataria dell’Appello alle donne del mondo contro la guerra di Crimea; Mary Howitt; Ottavia Hill; Beatrix Potter; Florence Douglas Dixie scrittrice femminista corrispondente di guerra vegetariana che si spese in difesa dei boschi e delle zone umide e sostenne i movimenti animalisti a difesa degli struzzi e degli uccelli le cui piume erano di moda nella seconda metà dell’Ottocento. Partecipe della Federazione statunitense con 800.000 aderenti, socie di associazioni femminili, impegnate nella difesa della Natura e sue bellezze e per il diritto di avere un ambiente bello e di goderne le risorse; Selma Lagerlof prima donna a ricevere il Nobel per la letteratura, Anna Comstock la prima a insegnare in un’università, Usa, sulla Natura e conservatorista appartenente alla THETA, organizzazione di donne fondata nel 1870).

Arianna Ceschin (Ca’ Foscari): La degradazione è la dea del momento. Natura e società nella scrittura di Anna Maria Ortese.

La scrittura giornalistica di Ortese ha da sempre posto l’interesse dell’Autrice per la visione della realtà: le opere-denuncia degli anni cinquanta, ovvero Silenzio a Milano e il mare non bagna Napoli, svelano uno sguardo ortesiano impegnato a vagare tra i meandri reconditi delle grandi città, alla ricerca delle vicende umane più reali. Questo attaccamento alla realtà Ortese lo dimostra anche nel ritrarre una natura sofferente, spesso vessata dall’uomo, proprio da quell’umanità incapace di mettersi in contatto con una dimensione per vari aspetti a essa affine.

(ndr. La relazione su Ortese è stata tra le maggiori sorprese del convegno, trattandosi di una rilettura di Autrice nota quanto poco apprezzata dalla contemporaneità e quasi sconosciuta nel suo impegno ambientalista. Dell’Autrice <in cui la parola è fattore di liberazione>, <che dissemina i suoi scritti di poetica>, <che coinvolgeva il lettore in un processo di svelamento>, sono state riportate molte <frasi stupende, attualissime ma al momento non comprese> come “la superbia di voler capire tutto” (in Insonnia e veglia); “la libertà è un respiro e tutto respira, non solo l’uomo, tutto ha diritto di respirare” (in Corpo celeste)).

Chiara Corazza (Ca’ Foscari): Qualcosa di più antico della guerra. Donne, natura e pace negli scritti di Terry Tempest Williams.

Terry Tempest Williams (1955) è una scrittrice, conservazionista ed attivista ecofemminista. Le sue opere sono influenzate dal paesaggio arido dello Utha, dalla cultura mormonica e da grandi autori ed autrici che si sono impegnati per la difesa della natura, in primis Rachel Carson (che rispetto al periodo precedente al suo impegno disse ho chiuso gli occhi per non vedere ciò che non potevo sopportare di vedere).

Gli scritti di Terry T. W. trattano di temi quali l’ecologia, la protezione degli animali selvatici e la salute delle donne, ed esplorano il nesso che sussiste tra donne-natura-cultura. Negli anni 1987-1992, Terry T. W. Ha condotto azioni di disobbedienza civile (ispirati alla disobbedienza civile gandiana), contro i test nucleari nel deserto del Nevada e, nel marzo del 2003, a Washington contro la guerra in Iraq. I test nucleari nel Nevada Test Site (nei pressi di Las Vegas), tra il 1951 e il 1962, hanno esposto la sua famiglia alle radiazioni, così come tanti abitanti dello Utah, specialmente chi viveva nelle aree a sud del paese. Furono i test nucleari a causare l’alta incidenza di tumori nella famiglia dell’Autrice. Sette morti, compresa quella della madre. Da questo doloroso vissuto, Terry T. W. Ha costruito la sua lotta per la pace e la protezione della salute e della natura e delle donne, che ritiene strettamente correlate. “Il corpo delle donne non è separabile da quello del deserto” sostiene, “entrambi sono stati colpiti dalle radiazioni”.

L’intervento analizza il pensiero ecofemminista ed ecopacifista di Terry T. W.; la sua narrazione in Refuge, An Unspoken Hunger, Finding Beauty in a Broken World, delicata e incisiva, assume la forma di un atto di fede, in omaggio alla sacralità della terra e di tutti i viventi. Ma lo storytelling è anche e soprattutto strumento che T. T. W. predilige come metodo di insegnamento, mezzo di informazione per delineare i problemi ambientali e strumento per il suo attivismo. <L’unica guerra che conta è la guerra contro l’immaginazione. Tutte le altre guerre sono racchiuse in essa” disse T. T. W., il cui impegno ecopacifista si è esteso nei continenti, anche in Africa contro lo sterminio in Rwanda.

Terry T. W. nei suoi atti di disobbedienza civile, ha contato lo spargere fiori nei siti atomici come “atto di guarigione della Terra”. Il lancio dei fiori teatralizza la lotta atavica tra Bene (bambine) e Male (uomini scuri) ma “non rompe il legame”, non comporta la morte, gli uomini scuri, i cattivi, non spariscono ma guariscono”.

Seguace di R. Carson, Terry T. W. la concepisce con tanta familiarità da crederla una sua lontana parente. Questo traduce il concetto di genealogia femminile.

(ndr. Chiara Corazza, con non poca emozione sua e dell’uditorio, ha narrato episodi forti e terribili della famiglia Williams e di chi viveva/vive in quella zona di test nucleari che il dossier governativo citato dalla relatrice dice scelta <perché gli abitanti non erano rilevanti>. Ha anche narrato dello sterminio dei cani della prateria che per i Nativi Navaho erano collegati alla pioggia e irrisi per questo. Si è poi dimostrato che le gallerie scavate da quel suricato, simile a una marmotta, permettevano alla pioggia di penetrare nel terreno, umidificare il deserto.

Chiara Corazza sta traducendo Refuge, il luogo dove la nonna accompagnava Terry bambina, insegnandole e consegnandole quel mondo. Di grande impatto i suoi grafici o mappe visuali, utilizzati per sintetizzare i concetti di Terry T. W. guerra-ecocidio/biocidio-genocidio (un triangolo) “legati dallo stesso schema di pensiero, dagli stessi impulsi distruttivi: ignoranza/crudeltà”, e la sua filosofia ecopacifista: testimonianza (matrice di narrazione/ascolto), da cui discendono riconoscimento-empatia-legame. La mappa visuale donne-pace-natura si configura come un utero con ovaie.)

Annalisa Zabonati (psicologa psicoterapeuta, etnopsicologa, vegana), Bringing Peace home: I corpi delle donne e degli animali non umani: l’analisi ecofemminista critica di Carol J. Adams.

Le politiche femministe pacifiste devono evolvere la loro ottica, considerando imprescindibile l’inclusione della natura e degli animali non umani nello loro analisi e prassi, Carol Adams, citando le affermazioni di Sara Ruddick, sottolinea come non vi siano differenze tra la violenza domestica, la violenza di coppia, la violenza contro gli animali, la violenza civile, la violenza militare e allo stesso tempo non vi sia divisione e distinzione tra pratiche private e pubbliche della violenza e del pacifismo. Il riconoscimento del dualismo tra specie, tra generi, tra classi, tra gruppi umani, etc. sono essenziali per una adeguata considerazione delle azioni e dei comportamenti violenti, che sono basati sulla logica del dominio, quale introiezione e identificazione con i valori gerarchici del complesso patriarcale-pastorale, che esprime, giustifica e mantiene in vita le condizioni di subordinazione e inferiorità di alcuni gruppi rispetto agli altri. Infatti i comportamenti violenti, che originano tra le mura domestiche, negli allevamenti, nei laboratori di ricerca, nei campi di concentramento, nei campi profughi, si esprimono con maggiore evidenza nei contesti di guerra, in cui la pratica della violenza privata o della microviolenza si amplificano per dare spazio alla distruzione di ogni essere vivente e della natura stessa. Tali considerazioni portano inevitabilmente alla necessità di aprire la mente e le coscienze all’idea che non vi è differenza tra violenze e che coloro che ne sono oggetto hanno gli stessi identici diritti al riconoscimento sia degli abusi subìti che della dignità delle loro soggettività cui deve esser data rilevanza, ascolto e accoglienza.

(ndr. Annalisa Zabonati non ha potuto intervenire al convegno e il suo testo è stato letto integralmente da Bruna Bianchi)   

Altre relazioni, non meno innovativi e interessanti: Mi sento a casa mia in tutto il mondo. Imperialismo e natura nel pensiero di Rosa Luxemburg (Francesca Casafina, Università Roma Tre); Dr. Rosalie Bertell: pianeta terra ultima arma di guerra (Maria Helbel, pedagoga e artista); <Se è possibile pensare oltre noi vogliamo pensarlo.> L’esperienza ecopacifista di Comiso negli anni Ottanta (Rachele Ledda, Università L’Orientale di Napoli); I cambiamenti climatici nel pensiero ecopacifista di Greta Gaard (Silvia Pizzaia, Università Ca’ Foscari di Venezia); (Anima mundi: per una lettura ecopacifista di Virginia Woolf (Savina Stevanato, Università Ca’ Foscari di Venezia).

Info: Wilpf (Women’s International League for Peace and Freedom, fondata nel 1915) – Italia, 2207825935 /3497865685.