PineroloIndialogo_maggio2016 Per bilanciare la rubrica “Donne del Pinerolese” del giornale on line Pinarolo in dialogo ne abbiamo confezionata anche una al maschile –scrive Sara Nosenzo -che si alternerà con quella sulle donne. Non potevamo non cominciare con Beppe Pavan, che ha fondato un’associazione di soli uomini, “Uomini in Cammino”  che pubblica anche un Foglio  del gruppo di uomini di Pinerolo. Lo si può consultare partendo dal sito www.maschile plurale.it

 

maschile plurale

Questa l’intervista per capire chi è Beppe Pavan.

Ci racconta qualcosa di sé?

Il mio è stato un percorso molto vario nella vita perché ho iniziato con l’idea molto radicata di fare il prete, per undici anni sono stato in seminario anche con l’obiettivo di andare in missione. Nel ’68, non convinto che quella fosse la mia strada, ho chiesto di poter fare un’esperienza di fabbrica e infatti non sono più tornato in seminario. Ho iniziato a far parte dei gruppi di quartiere e sono entrato nel sindacato. Nel ’73 ho iniziato a lavorare per la Cisl di Pinerolo, che ho poi lasciato per la Coap, finendo poi i miei ultimi anni di lavoro in un asilo per persone anziane a Torre Pellice.

Ci può raccontare qualcosa dell’esperienza pinerolese del ‘68?

Il ’68 io l’ho vissuto abbastanza di straforo perché quando sono entrato in fabbrica venivo dal seminario quindi un ambiente in cui si sapeva e si leggeva poco su quello che succedeva fuori. Ho partecipato al Movimento Studenti Cattolici che c’era a Pinerolo cercando di capire, anche perché Pinerolo, secondo me, ha avuto una mobilitazione di tante associazioni e gruppi degna di nota. La mia formazione da seminario, però, mi spingeva a essere più un ascoltatore e quindi la mia difficoltà era davvero sentirmi uno come tutti.

Veniamo agli “Uomini in Cammino”. Che cos’è questa associazione e come è nata?

Mia moglie, dopo qualche anno che eravamo sposati, mi ha chiesto di cambiare le mie abitudini. I cambiamenti non sono stati eclatanti anche perché sapevo che da solo non potevo cambiare gli orari del sindacato così da poter stare più tempo a casa, ma ci sono stati comunque dei miglioramenti. Ho iniziato a pensare che dovesse esserci un cambiamento di tutti gli uomini, del genere maschile, così da poter supportare le donne ed essere mariti e padri al meglio delle nostre possibilità. Bisognava quindi creare un gruppo di uomini che nel ’93, tramite la Comunità di base, inizialmente solo amici, ha iniziato a parlare di argomenti che normalmente gli uomini non affrontano perché educati ad essere senza paure e debolezze. Le esperienze di vita, i problemi profondi e le emozioni in questa maniera vengono affrontati partendo dalla condivisone di ognuno sulla base di ciò che si è vissuto. Si è imparato così non solo ad ascoltare, ma anche a parlare quando viene il proprio turno. Il gruppo inoltre è aperto a chiunque: in questi ventuno anni sono passati più di cento uomini di tutte le età, con gli ultimi tempi sono arrivati anche dei giovani.

Lei fa ancora parte della Comunità di Base, ci ragguagli sull’oggi…

Di recente abbiamo avuto due problemi: la sede della Comunità di base è cambiata spostandosi negli spazi del FAT (n.d.r. famigliari e amici di tossicodipendenti) dove si riunisce anche il Gruppo Uomini; il secondo è stato una separazione all’interno della Comunità: una parte ha seguito don Franco, mentre altri membri hanno dato vita ad un’altra Comunità di Base sempre a Pinerolo.

Si è interessato anche all’alimentazione naturale…

Inizialmente era un’esperienza diretta di lavoro con la Coap, che poi si è trasformata in uno stile di vita: casa nostra era diventato un ritrovo per gustare questi sapori di differenti regioni quali vino, frutta e carne perché il camion scaricava nel mio cortile la merce e le persone che l’avevano acquistata venivano a prendersela alla sera. Questa esperienza è poi proseguita nel Gas (Gruppo di acquisto solidale).

Un pensiero su questa città?

A partire da un episodio tragico avevamo proposto al Comune un progetto invitando le istituzioni a riflettere sulle relazioni che ogni persona di una comunità intrattiene. Sul territorio dovrebbero esserci dei punti di appoggio per aiutare le persone con i loro sentimenti e relazioni. Non c’è stato alcun seguito.

 

DA  NICARAGUA  E  GUATEMALA:  EMOZIONI  E  PENSIERI di Beppe Pavan

Beppe Pavan
Beppe Pavan

Un intero mese tra Nica e Guate non è molto, ma mi ha permesso di distrarmi meno con le curiosità superficiali e dedicarmi di più, invece, alle osservazioni e alle relazioni. Anche perché era la mia seconda volta in quei Paesi e ritrovare alcune persone amiche è stata davvero una grande gioia, facilitata dal superamento, a poco a poco, delle remore dovute al mio spagnolo maccheronico.

  1. Oscar, il nostro ospite nicaraguense, ha combattuto per due anni nelle file dell’esercito rivoluzionario sandinista, fino alla liberazione dalla dittatura. Ce ne parla volentieri, con tono sommesso e pacato; e risponde anche alle mie domande sulle eventuali code di vendette nei confronti di chi stava dall’altra parte. Mi ha detto di non esserne a conoscenza, anche se non tutte le armi sono state evidentemente consegnate, neppure dopo la fine della guerra civile scatenata dalla “contra” negli anni ’90: ci sono ancora “banditi” che assalgono e depredano viandanti isolati di giorno o automezzi nel cuore della notte.
  2. La corruzione è pratica quotidiana: l’abbiamo vista incarnata in poliziotti/e che minacciano multe insopportabili e poi le annullano in cambio di una cifra più modesta “per aiutare la famiglia…”. non c’è dubbio che sia la professione più ambita in Nicaragua… Mentre in Guatemala i giornali riportavano, un giorno, la notizia che 450 poliziotti erano stati arrestati per complicità nei più diversi reati: dal narcotraffico alle rapine, dagli assassinî allo sfruttamento della prostituzione…
  3. L’altra cosa impressionante è vedere grandi estensioni di territorio, lungo le strade e intorno ai centri abitati, letteralmente ricoperte di plastica, soprattutto buste e sacchetti di ogni colore, che il vento allegramente sparpaglia, appiccica ai rami degli alberi, aggroviglia ai fili elettrici… Nonostante gli inviti, rivolti da numerosi e grandi cartelloni stradali, a non buttare per terra i rifiuti, al termine del pic-nic di Pasquetta la spiaggia di Granada, sul grande lago del Nicaragua, era ricoperta da immondizia. Solo due uomini ne approfittavano per raccogliere, con un bastone chiodato, le bottiglie di plastica…
  4. A proposito del lago: è quello coinvolto nel progetto – commissionato dal governo ai cinesi – di costruzione del “gran canal” concorrente a quello di Panamà, ormai inadeguato al transito di navi sempre più mastodontiche. Abbiamo registrato opinioni diverse: da chi è favorevole, perché porterà ricchezza e benessere, a chi è contrario perché comprometterà l’equilibrio ecologico mettendo in comunicazione diretta l’acqua salata dei due oceani con quella dolce del lago. Ma anche i contrari mi sono sembrati rassegnati: “lo faranno!”.
  5. Un’immagine forte, che mi accompagna da allora, è quella di una ragazza impegnata nello studio all’interno di un tugurio. Moli ragazzi, e ancor più ragazze, stanno frequentando scuole superiori e università, con forti motivazioni, che quel tugurio rappresenta eloquentemente. Ottima impressione ho ricavato anche dai ragazzi che al sabato giocano le partite del loro campionato locale di calcio: 14 squadre in un villaggio di cui nessuno sa dire quanti abitanti abbia (3000? 5000?), tutte con il loro giovane allenatore e tutte formate da ragazzi decisi nel gioco ma rispettosi, degli avversari e degli arbitri.
  6. Poi ci sono i ragazzi e le ragazze di strada in Guatemala. Una mattina abbiamo accompagnato i volontari e le volontarie del Mojoca (MOvimiento JOvenes de le CAlle) che tengono i contatti con qualche gruppo che vive e dorme sui marciapiedi o sulle aree verdi dei parchi e che cercano di convincere a lasciare la strada per entrare nelle loro “case”, imparare un mestiere e rendersi autonomi in modo da tornare a vivere in modo dignitoso e libero. La prima cosa che hanno fatto, arrivati in piazza, è stata quella di invitarli a farsi lavare la testa con uno shampoo anti-pidocchi: sono rimasto edificato dalla cura quasi affettuosa con cui quei volontari, ex ragazzi di strada anche loro, insaponavano e sfregavano quelle teste… E poi con pazienza hanno spiegato ed eseguito giochi di movimento e giochi di ruolo, per farli riflettere – quel giorno – sull’importanza del preservativo per prevenire malattie e gravidanze indesiderate.
  7. Julio lo conoscete già: ogni tanto lo nomino, perché fa parte dell’ “Associazione nazionale di uomini contro la violenza”, impegnata in tutte le regioni del Nicaragua in iniziative di formazione per adolescenti, giovani e adulti. Mi ha detto che negli ultimi anni il governo ha istituito “commissioni di genere” in tutte le municipalità, con uffici dedicati, di cui ho visto l’insegna in alcune città. La violenza maschile contro le donne è anche leggibile da frasi scritte su molti muri, specialmente nella capitale del Guate; sono evidentemente opera di donne che vogliono mantenerne viva la consapevolezza: “In Guatemala – ad esempio – c’è stata e c’è violenza contro le donne”.
  8. E’ impressionante – tanto in Nica che in Guate – la massa di citazioni bibliche e di frasi a contenuto religioso disseminate ovunque: sui muri, nelle insegne dei negozi, sui bus e sui taxi… Ad esempio (non hanno bisogno di traduzione): “Tu mejor candidato: Jesus Cristo”; oppure: “Dios me guìa” (mi guida) è il motto di molti autisti di bus e taxi; che dichiarano anche che il loro automezzo è “Regalo de Dios”. “Regalo de Dios” o “Bendicion de Dios” sono il “cognome” di tantissimi negozietti, ad es. “Panaderia Bendicion de Dios”… e così via. D’altronde sulle gigantografie del presidente Ortega compare quasi sempre la parola d’ordine “Fe, familia y comunidad”, dove Fe significa “fede” e mi ricorda un’altrettanto famoso “Dio, patria e famiglia”… Impressionante, poi, l’enorme cartellone stradale all’uscita da San Salvador, su cui campeggiava una grande immagine di Gesù con la scritta “Ten misericordia de nosotros y del mundo entero”. E siamo in paesi ai primi posti nella classifica mondiale della violenza… come dire: “abbi misericordia di noi che non ne abbiamo molta per i nostri simili”. Ci hanno detto che solo nella capitale del Guate ogni giorno vengono compiuti da 30 a 35 omicidi…
  9. Il Guatemala, con il presidente della repubblica sotto processo e la vicepresidente in carcere, è percorso quasi ogni giorno da cortei di protesta e da manifestazioni sindacali: il personale della scuola ha manifestato per due giorni consecutivi davanti ai palazzi del potere; infermieri e personale sanitario sfilavano in corteo intorno all’ospedale; il 22 aprile, giornata mondiale della Terra, i contadini hanno invaso la capitale per protestare contro i latifondisti che deviano i corsi d’acqua per irrigare le proprie piantagioni di canna da zucchero e di palme da olio, lasciando a secco i piccoli campesinos… Pensavo che anche in questo tutto il mondo è paese: finché non saranno gli ultimi e le ultime a governare, abbattendo la piramide, le leggi non saranno mai davvero per il bene comune, ma solo per i ricchi. Che sanno sempre a chi dare il voto…
  10. Ernestina, donna maya che ci ospita a Città di Guatemala, un giorno ci ha parlato delle sue pratiche di medicina naturale: agopuntura, digitoterapia, erbe… e ci ha detto che ogni mattina beve la sua prima urina, “acqua della vita”. Inoltre beve molta acqua e non assume mai medicinali di sintesi chimica (le piacciono però le pastasciutte all’italiana…). Purtroppo le riesce difficile convincere a queste pratiche anche le donne maya che vengono a consultarla o a farsi curare da lei, perché vogliono le pillole “miracolose”, quelle che fanno passare rapidamente il dolore. Il consumismo! E’ stato un pensiero che si è insinuato in profondità dentro di me, e ancora me lo sto rigirando tra le sinapsi: forse anche noi dovremmo cercare di non alimentare il consumismo con la motivazione della solidarietà. Anche in questo campo la strada dovrebbe essere quella diretta del commercio equo e senza intermediazioni speculatrici, scegliendo con cura, se possibile, da chi rifornirci di prodotti artigianali da rivendere per mandare denaro al Mojoca…
  11. Con Ernestina abbiamo parlato anche delle nuove forme che assume la colonizzazione. Una deriva dalla “mexcla” tra popolazioni: uomini europei sposano o stuprano donne indigene e così, poi, riescono ad assicurare posizioni di prestigio e potere, nei villaggi, ai propri figli maschi. Molti cognomi maya si stanno perdendo, cancellati da quelli di origine occidentale. Come pure molte chiese cristiane sorgono ormai dove prima c’erano luoghi di culto maya… Dove non hanno potuto il denaro e la violenza lo ha fatto la religione: sottomettere le popolazioni indigene alla prepotenza dei colonizzatori. Un altro esempio è dato dal governo del Guate che nelle zone confinanti con il Messico vende le terre a poco prezzo a stranieri, espropriando gli indigeni e rendendoli, nel migliore dei casi, dipendenti salariati. Sembra che questa pratica sia guidata da consiglieri israeliani… E non dimentichiamoci che il deposto presidente Molina, ora sotto processo, è stato un famigerato e noto militare responsabile di stragi genocide ai danni delle popolazioni maya.
  12. L’ultimo pensiero del dormiveglia a Chichicastenango: perché in Guatemala tanti ragazzi vivono sbandati per le strade? Non sono forse la denuncia evidente di un grave problema di quella parte del mondo adulto che non sa costruire vite di relazione – familiare e non solo – che siano includenti, coinvolgenti, conviviali…? Non è sufficiente prenderci cura di loro – di alcuni di loro – se non lavoriamo, contestualmente, alla prevenzione, ad esempio costruendo reti di adulti/e capaci di consapevolezza educativa e di iniziative permanenti di formazione alle relazioni e al rispetto reciproco. Mi tornano in mente, con gioia, Maria e Nestor, sociologa e psicologo al Mojoca, che hanno ascoltato con attenzione il mio racconto sui nostri gruppi di autocoscienza maschile e, al termine, hanno espresso all’unisono il desiderio di vederne nascere anche in Guate. Mi hanno dato i loro indirizzi email per restare in contatto, ricevere Uomini in Cammino e alimentare questo loro sogno. Spero solo che Nestor provi a invitare gli amici: il nostro gruppo è nato così; e anche altri che conosco: ci vuole uno che prenda l’iniziativa.
  13. Per finire: questa l’ho scritta all’aeroporto di Panamà City, guardando una luna enorme:

La stessa luna che venti ore fa

ammiravamo a Pinerolo: grande,

rotonda, inchiavardata al cielo!

Cielo di Panama, Nica e Guatemala,

cielo di Oscar, Luz e Nicolino,

di Julio, di Gerardo e di Ernestina,

dei niños de la calle e delle niñas

tenere e sole con la gran tribù

di bimbi e bimbe e della hormiguita

che “adonde vas esta mañana?. E ride

la mia tribù di piccoli varones

e di estrellitas affamate solo

di tenerezza, coccole ed abbracci…

Ahi luna! Sei la stessa luna

Che culli nella notte ogni varòn:

quello che ha niente e quello che affama

la niña disperata e la padrona…

Guardandoti ti prego: dammi sogni

di un mondo di giustizia che speranza

inoculi nel cuore di ogni me.

 

Due piccole note: la domanda alla “hormiguita” è la mia versione spagnola del giochino per bimbi/e: “formichina formichina, dove vai questa mattina?…”; “varòn/varònes” significa maschio/maschi del genere umano…