In questo tempo in cui tutto ha un prezzo, anche il diritto a manifestare si paga. Diventa appannaggio solo di chi può permetterselo. E se non fosse che, davanti all’ennesima boutade governativa (perché così speriamo si riveli l’ultimo sberleffo alla democrazia), non ci viene più neanche un abbozzo di sorriso, anche indignato, potremmo ironizzare insieme sulla considerazione scritta ieri da Francesca Fornario: «Per manifestare contro le banche occorrerà chiedere un prestito. Alla banca».

Siamo arrivati al paradosso in questo mondo che viaggia al contrario. E la speranza di aver oramai raggiunto il livello più basso si rinnova di continuo, senza sosta, senza darci né tregua né idea di cosa ci possa attendere dopo. Ora, lo sappiamo che finiremo per essere accusate di eccesso di pedanteria e che chi ci scrive di occuparci di missione e non di politica rimarrà deluso/a da quest’ennesimo richiamo. Ma ci pare davvero assurdo che chi governa non sappia che un diritto – come quello di manifestare – garantito costituzionalmente (articolo 17) non può essere limitato, meno che mai poi per una questione patrimoniale, per «un ostacolo di ordine economico» che di fatto limiterebbe «la libertà e l’uguaglianza dei cittadini» (articolo 3).

Quella libertà che – come cantava Giorgio Gaber – trova la sua prima espressione nella «partecipazione». La sana, colorata, nonviolenta partecipazione che abbiamo visto sfilare sabato scorso per le strade di Roma, “armata” di striscioni e passeggini. Per poi non ritrovarla più, perché oscurata dalla violenza senza giustificazione di quell’1% che ha riempito le pagine dei giornali. Una violenza che ha lasciato attoniti coloro che sono scesi in piazza per difendere il diritto a un mondo diverso, che tenga conto degli interessi di tutti e non solo di alcuni. Uomini e donne, ma soprattutto ragazzi e ragazze, che dopo Roma devono continuare a coltivare la speranza, a credere che è la partecipazione della gente a un problema comune che può fare la differenza. Uomini e donne dicevamo, ma soprattutto ragazzi e ragazze, che ora non possono accettare una finta difesa dei manifestanti.

E allora, perdonino coloro che si sentiranno ancora delusi/e dall’argomento “politico” di questa newsletter, ma anche la difesa dei diritti fa parte della missione, conosciamo tutti quali realtà vivano, o abbiano vissuto, quei popoli cui è stato o è negato il diritto a manifestare. Crediamo nella difesa della Costituzione, Carta fondamentale della nostra convivenza civile, Vangelo laico che tutti ci accomuna.