VERONAFemminicidio, 58 vittime da gennaio a oggi

Ancora un femminicidio a Verona. Ancora una donna uccisa dal compagno che si è giustificato dicendo che “ha perso la testa”. Non è così. Non è quasi mai così. Il femminicidio è l’ultimo atto di una serie di violenze verbali, fisiche e psicologiche. Alcune donne ne sono consapevoli e denunciano, spesso inascoltate o non sufficientemente protette. Altre tacciono sperando che si tratti di episodi isolati, convinte che “lui” cambierà. Altre ancora, perché molto giovani e innamorate, non riescono a riconoscere quei segnali, quei campanelli d’allarme che indicano un rapporto malato.

Gli interventi da portare avanti sono molteplici: da una maggiore attenzione da parte delle forze dell’ordine alle denunce o alle segnalazioni, a una piena attuazione del piano antiviolenza, a un’operazione culturale da portare avanti nelle scuole, alla sensibilizzazione e alla formazione di alcuni giudici che a volte concedono troppe attenuanti o lasciano in libertà stalker e violenti, fino ad arrivare a atti molto concreti come dotare le donne “a rischio” di dispositivi elettronici per allertare le forze dell’ordine in caso di pericolo.
Tutto questo però non basta perché aiuterebbe solo le donne che sono consapevoli delle violenze subite e di quelle che potrebbero subire. Per le altre è necessario intervenire con una massiccia campagna di informazione, una sorta di decalogo che indichi quali sono i segnali di pericolo e come comportarsi già dal primo campanello d’allarme.